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Come esce il centrodestra dalla festa di Atreju

Che cosa si è detto alla festa di Atreju su presente e futuro del centrodestra. La nota di Sacchi

Giorgia Meloni con un discorso che galvanizza la platea di Atreju, a Roma, a conclusione della festa che si tiene da quando lei giovanissima e l’attuale vicepresidente della Camera, Fabio Rampelli, esponenti di una nuova generazione di destra, la lanciarono da Colle Oppio, invita la maggioranza di governo a stringere i bulloni. Verso l’obiettivo riforme. Il premierato, quella che ribadisce “è la madre di tutte le riforme”, l’Autonomia differenziata e la riforma della giustizia. Il premier e presidente di Fratelli d’Italia, maggior partito della coalizione, chiama, dopo i vari distinguo tra Forza Italia e Lega, alla “responsabilità” gli alleati. Ma si dice sicura che la sinistra di Elly Schlein, segretaria del Pd, e di Maurizio Landini, segretario della Cgil, di Romano Prodi e “tutti gli uccelli del malaugurio”, che sono già andati a sbattere contro i soddisfacenti dati economici “anche se molto resta da fare per la crescita”, non prevarranno. E gli alleati rispondono subito all’appello.

Antonio Tajani – presente ad Atreju con Maurizio Lupi, leader di “Noi Moderati” – segretario di FI e ministro degli Esteri, ribadisce la sua “lealtà ” che però non esclude confronto a viso aperto e fissa per la coalizione l’obiettivo del 51 per cento, quello “fissato da Silvio Berlusconi”. Matteo Salvini, leader della Lega e titolare del Mit, che come Tajani è vicepremier, risponde positivamente all’appello da Milano. Qui è impegnato, contestualmente, nel congresso della Lega Lombarda che elegge per acclamazione come segretario il capogruppo del Senato Massimiliano Romeo, dopo che è facile immaginare che Salvini gli abbia spianato la strada, convincendo in nome dell’unità del partito il suo fedelissimo LucaToccalini a ritirarsi.

Da notare che a presiedere per la prima volta il congresso della “Lombarda” è un veneto, il nuovo giovane vicesegretario federale scelto da Salvini, Alberto Stefani. Salvini rilancia l’orgoglio leghista che ha per filo conduttore le origini del Nord, cita più di tutti Umberto Bossi, il fondatore, ma il leader leghista replica fermo allo stesso Romeo, cui conferma stima e fiducia, che chiede più Nord: “La Lega resta nazionale, con una correntina del Nord , dello 0 virgola qualcosa non avrei avuto 100 parlamentari, seconda forza del centrodestra, per avere l’Autonomia”. Salvini, commosso per l’ovazione della platea di solidarietà su “Open Arms”, ribadisce il valore dell’unità del centrodestra e mette in guardia i suoi da “inutili” personalismi interni: “Con Giorgia lavoro bene, andremo avanti anche fino al 2032”. Ma “la Lega non rinuncia all’obiettivo di tornare il primo partito”.

In fondo, al netto delle interpretazioni che ne daranno i cosiddetti “giornaloni”, che per usare le parole di Meloni sulla sinistra, “non ne azzeccano una nelle previsioni da più di dieci anni”, quello di ieri è stato come un tagliando pubblico in diretta dello stato dei rapporti nel centrodestra, sotto la regia del premier. E il bilancio può essere giudicato positivamente, soprattutto a confronto di quello che sta accadendo nel campo avversario che appare sempre un po’ meno largo a causa anche degli ultimi attacchi, proprio a Atreju, di Giuseppe Conte a Schlein. Meloni sottolinea il valore della “compattezza” della coalizione che ” dà stabilità al governo”, ma anche il valore aggiunto delle “diversità, altrimenti saremmo un partito unico e invece così riusciamo a rappresentare tutte le sensibilità del popolo del centrodestra”. Ricorda, dati alla mano (“Possiamo dire 1 milione di posti di lavoro in più, Berlusconi ne sarebbe fiero”) che “chi ha scommesso contro di noi ha perso”.

E del resto la nomina di Raffaele Fitto a vicepresidente esecutivo della Ue e commissario con deleghe e risorse importanti è, con i dati “che ci vedono come quarta potenza esportatrice”, l’immagine che racchiude più di tutte il significato del fatto che la sinistra “della Ztl e non più dei lavoratori non ne azzecca più una”. Quella sinistra secondo la quale “se non la pensi come lei non potresti fare neppure il giornalista”, dice sferzante Meloni, prendendosi la rivincita su chi preconizzava l’isolamento e il default dell’Italia, con il “fascismo” alle porte.

Quella di ieri è una giornata politica che conferma un quadro bipolarizzato, in cui lo spazio del centro sta ormai dentro due precisi schieramenti. E il centro oltre a FI come ribadisce Tajani, è anche la destra di governo di Meloni, tanto più dopo il colpo fatto con il moderato Fitto ai vertici della Ue e nel senso pragmatico del buon governo degli amministratori e la rappresentanza del ceto medio anche la Lega di Salvini e i suoi oltre 200 sindaci e governatori può essere centro. È la sinistra, sempre più radicalizzata, con i suoi centrini in disarmo, improbabili ipotesi di nuovi federatori a non fare più centro. “Arriveremo compatti alla fine della legislatura e oltre. Il nostro sport preferito è dare dispiacere agli avversari”, chiosa Meloni.

Questo non significa che sarà un percorso di rose e fiori. Primo delicato appuntamento per il centrodestra e non solo la sentenza il 20 dicembre del processo Open Arms contro Salvini che da Milano avverte: “Anche una condanna di due mesi sarebbe un brutto segnale per tutta l’Italia, sarebbe darla vinta agli scafisti”. Il premier, intanto, avverte che gli accordi con l’Albania funzioneranno “a costo di lavorare anche di notte”.

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