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Putin Guerra

Perché non è vero amore quello fra Cina e Russia. L’analisi di Sisci

Che cosa succede davvero fra Cina e Russia? Conversazione con Francesco Sisci, corrispondente per anni per diverse testate italiane da Pechino e adesso senior researcher presso la China People’s University

Mai fidarsi delle apparenze. Contrariamente a quanto si è visto nei giorni scorsi a Mosca, ossia lo scenografico abbraccio tra Putin e Xi Jinping, la Cina sta prendendo gradualmente le distanze da dalla Russia, un partner ossessionato da un conflitto da cui non riesce a uscire.

È così che Francesco Sisci, corrispondente per anni per diverse testate italiane da Pechino e adesso senior researcher presso la China People’s University vede, in questa conversazione con Start Magazine, l’odierna relazione bilaterale tra Russia e Cina, con quest’ultima che di fatto si sta già muovendo in quello che è ormai il dopoguerra prossimo venturo.

Professor Sisci, sotto gli occhi c’è un lancio di agenzia fresco di stampa: Xi Jinping ha invitato i leader del Kazakistan, Kirghizistan, Uzbekistan e Tagikistan a maggio per il primo summit Cina – Asia Centrale. Cosa succede? Pechino gioca nel cortile di casa di Mosca?

La Cina non vuole rimanere scoperta in un eventuale crollo della Russia come fu presa di sorpresa dal crollo dell’Unione Sovietica, quindi in qualche modo si prepara a quella eventualità, in una specie di assicurazione. E questo è anche un avvertimento alla Russia con cui la Cina le dice “più passa il tempo in cui tu sei coinvolta nella guerra in Ucraina e più è facile che, se non perdi a Ovest, tu perda zone d’influenza ad Est”.

Al di là dunque di quanto abbiamo visto sotto i riflettori durante la visita di Xi a Mosca, tra firma di accordi e rinnovo del partenariato strategico, lei ci sta dicendo un’altra cosa, ossia che Pechino è molto preoccupata dalle azioni della Russia.

Siamo in un frangente molto delicato e questo è dimostrato dalla tempistica. Perché Xi Jinping è andato proprio adesso a Mosca e non sei mesi fa o nove mesi fa? Evidentemente con questo piano di pace proposto dalla Cina ma accettato anche dalla Russia la Cina cerca di sfilarsi da un abbraccio alla guerra russa, e la Russia cerca di trovare un modo di uscire dalla guerra senza una umiliazione. Cioè mi sembra che entrambi riconoscano che la sconfitta russa sia fattuale. Per di più la Cina vuole mostrare alla sua gente e al mondo che il rapporto con la Russia non è una amicizia senza limiti, prendendo le distanze. Come segnalato anche dal vertice di maggio con i Paesi dell’Asia Centrale di cui abbiamo parlato prima, di fatto è cominciato il dopoguerra.

Molti osservatori hanno evidenziato come ormai la Russia sia diventata di fatto una colonia cinese e questo è dimostrato dalla crescente dipendenza economica di Mosca da Pechino. Lei la vede allo stesso modo?

No, secondo me è una semplificazione. La Russia oggi è certamente più dipendente dalla Cina di quanto non lo fosse un anno fa. Però io non credo che nel lungo termine la Russia possa accettare di dipendere così vistosamente dalla Cina. Né credo che la Cina voglia assumersi questo fardello, il problema è bilaterale. Noi vediamo che la Cina sta prendendo le distanze dalla Russia e allo stesso tempo quest’ultima non sta facendo due passi verso la prima. Credo che la Russia si stia guardando intorno e stia cercando anche altri interlocutori oltre la Cina. Quello che si vede è una situazione di grande movimento, in cui la Russia sta accusando il colpo e cerca di uscire dall’angolo in cui si è infilata. Il problema è la grande debolezza della Russia.

Eppure gli interessi di Russia e Cina convergono almeno da un punto di vista: quello della ridefinizione dell’ordine mondiale. Non a caso i due Paesi nei documenti americani vengono denominati “potenze revisioniste”.

Secondo me anche in questo caso dobbiamo evitare forzature perché offuscano più che chiarire, Se vogliamo proprio usare questa definizione americana di potenze revisioniste, va bene: Russia e Cina lo sono, ma lo sono in un modo diverso. Prima della guerra la Russia aveva un problema di influenza imperiale, neozarista, mentre la Cina ha problemi diversi e lo possiamo vedere da due indicatori, il cibo e l’energia. Nella sua espansione neozarista, la Russia può far valere la sua autonomia in entrambi i campi. La Cina è in una situazione molto diversa perché importa centinaia di milioni di tonnellate di granaglie, cibo e soia e importa dall’esterno la maggioranza del suo petrolio e del suo gas, e soprattutto esporta il suo enorme surplus commerciale verso Stati Uniti, Europa, Inghilterra e Giappone. Dunque questo revisionismo si manifesta necessariamente in modi diversi e questo è dimostrato anche dal fatto che in oltre un anno queste due potenze non sono riuscite a definire un nuovo accordo che le unisca, anzi abbiamo visto che si è creata una distanza. Quindi io sottolineerei le differenze tra i due Paesi.

Però non si può fare a meno di notare una convergenza molto concreta che si manifesta nell’intesa tra Mosca e Pechino per usare lo yuan come valuta di scambio per le reciproche transazioni, soprattutto in campo energetico. Funziona?

Dobbiamo vedere se funzionerà. Il ricorso allo yuan risolve certamente alcuni problemi di entrambi i Paesi, ma non tutti. Lo yuan serve senz’altro come moneta di scambio bilaterale. Ma se lo yuan non viene adottato, come non sarà adottato, dai Paesi che fanno il surplus commerciale cinese, Pechino potrebbe avere delle difficoltà. È un passo sicuramente interessante ma non credo che possa definirsi risolutivo e che Russia e Cina pensino che lo yuan digitale possa sostituire il rublo o il dollaro come monete forti. Tra l’altro noi vediamo un movimento in direzione opposta da parte della Russia, che è il tentativo di agganciare il rublo all’oro.

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