«So che l’anno prossimo la Russia terrà le elezioni presidenziali. Sotto la sua forte leadership, la Russia ha fatto grandi passi avanti nel suo prospero sviluppo. Sono sicuro che il popolo russo continuerà a darle il suo fermo sostegno».
PAROLE E TERMINI DI XI JINPING
Tra le parole pronunciate da Xi Jinping nella sua prima giornata di visita a Mosca, sono forse le più rivelatrici. Il messaggio è chiaro: «Si deve trattare con Vladimir Putin». Risposta indiretta al mandato d’arresto emesso dalla Corte penale internazionale e a chi l’ha utilizzato per criticare il viaggio del presidente cinese, che nel suo articolo pubblicato sulla stampa russa ha chiarito i contorni del rapporto.
L’amicizia non è più «senza limiti» ma «duratura» e «tradizionale», legata a doppio filo con «la stretta relazione di lavoro» con Putin. Sfumature necessarie per inserire le relazioni nella politica estera della «nuova era» (formula non a caso utilizzata anche da parte russa) targata Xi.
LA POLITICA ESTERA DELLA CINA
Dimensione bilaterale: non alleanza, non ostilità verso terzi, cooperazione win-win. Dimensione globale: “vero” multilateralismo, concezione olistica della sicurezza e destino condiviso. Sono le basi della retorica cinese su Belt and Road e Global Security Initiative, secondo cui la sicurezza della Cina dipende da quella globale e la sicurezza globale da quella della Cina. Assioma da applicare anche a Russia o Corea del Nord, cioè i paesi che Pechino (pur ribadendo di voler mantenere una posizione «obiettiva e imparziale» sulla guerra) non vede carnefici ma vittime di «egemonia, dominazione e bullismo». Il riferimento agli Stati uniti stavolta è implicito, ma resta evidente.
“CIVILTÀ GLOBALE”
Anche perché la scorsa settimana alle iniziative cinesi si è aggiunta quella di «civiltà globale», che come spiega Xi stabilisce che «non esiste un paese superiore agli altri, nessun modello di governo è universale». In sostanza: modernizzazione non significa occidentalizzazione. Postura che rivela una volta di più l’ambizione della Cina di mostrarsi punto di riferimento per il cosiddetto “Sud globale”. L’ha fatto favorendo l’accordo tra Arabia saudita e Iran, ma anche proiettandosi in America latina, che sta dando parecchie soddisfazioni a Pechino tra la prossima visita del presidente brasiliano Lula e la decisione dell’Honduras di avviare relazioni diplomatiche ufficiali a detrimento di Taipei.
(Estratto da Asia Files, la newsletter di Lorenzo Lamperti sulla Cina e l’Asia orientale. Ci si iscrive qui)