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Huawei, dazi e fentanyl: che succede tra Cina e Usa. Parla Sisci

Conversazione di Marco Mayer con Francesco Sisci, sinologo di fama internazionale, collabora con la pubblicazione cattolica Settimananews ed è direttore di Appia Institute.

Oggi la polemica tra Usa e Cina su Huawei è riesplosa. Dopo gli accordi di Ginevra, cosa prevede la tregua in materia di dazi?

La questione è stata sospesa per 90 giorni. Dopo 90 giorni non sappiamo cosa succederà. Di certo in questo periodo ci saranno rapporti molto intensi, ma non sappiamo a cosa porteranno. Entrambi i paesi sanno che non è solo una questione commerciale

Ti aspetti qualche presa di distanza dalla Russia per la guerra in Ucraina, oppure si continuerà come negli ultimi tre anni con l’allineamento Pechino-Mosca?

Non vedo al momento motivi né in Russia né in Cina perché debbano prendere le distanze reciproche.

Qual è l’approccio cinese al fentanyl?

Il problema del fentanyl è complesso perché la Cina esporta componenti per il fentanyl (legali) che poi vengono trasformati negli Usa. Quindi la Cina dice: il problema non è mio, ma dei trasformatori e consumatori americani. Sarebbero tante le cose da cambiare, ma manca la fiducia reciproca.

Dai tuoi contatti in loco prevedi l’inizio di un vero opening up per gli investimenti stranieri in Cina, oppure business as usual: tante parole, ma condizione immutata?

Mi sembra che l’attivismo, forse un po’ scomposto, di Trump tra i dazi, le minacce di ritiro degli aiuti all’Ucraina e le richieste territoriali stia migliorando le condizioni di commercio e investimento in Cina.

L’accordo Cina-Vaticano è in evoluzione dopo l’elezione del pontefice Leone XIV?

Dobbiamo vedere cosa farà il Papa. Non credo ci saranno cambiamenti enormi. Il cardinale Robert Prevost come capo del dipartimento dei vescovi era già coinvolto nella questione Cina. Bisogna vedere se la Cina si muoverà e cosa farà.

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