Per risolvere la guerra commerciale scatenata da Donald Trump, le negoziazioni tra gli Stati Uniti e gli altri paesi vanno avanti. Alcune in maniera più veloce, altre meno. Tanto che la scadenza della ‘pausa’ dall’imposizione dei dazi decisa dal presidente Usa si avvicina e molte nazioni non vogliono farsi trovare impreparate. E c’è chi, come la Cina, si sta muovendo in maniera spedita per tessere nuove alleanze economiche o rafforzarne di vecchie. È stato il tema principale di un summit andato in scena ieri a Kuala Lumpur tra i 10 paesi dell’Asean (Association of Southeast Asian Nations), i sei del Gcc (Gulf Cooperation Council) e, per l’appunto, la Cina.
LA POSIZIONE DELLA CINA
Pechino era rappresentata dal premier Li Qiang, in viaggio negli ultimi giorni proprio nel sud est asiatico. Una visita che segue di poche settimane quella del presidente Xi Jinping nella regione. A conferma di quanto la Cina sia interessata a stringere ancora di più i legami con l’area. Nel suo intervento al summit, Li ha auspicato lo sviluppo di “un grande mercato” e “l’apertura regionale” tra Asean, Gcc e Cina. Specie in un momento in cui “l’unilateralismo e il protezionismo sono in aumento”, ha detto Li riferendosi evidentemente ai dazi trumpiani.
“I paesi delle tre parti si trovano in fasi diverse di sviluppo, eppure non dovremmo permettere che queste differenze ostacolino la nostra cooperazione, ma trasformarle in una forza complementare che possiamo sfruttare”, ha aggiunto. In sostanza, Pechino vorrebbe un fronte comune e più cooperazione tra il sud est asiatico, il Golfo e la Cina per rispondere alla sfida americana.
IL RAFFORZAMENTO DELL’ASEAN
E sempre martedì, i leader dell’Asean (quindi di Brunei, Cambogia, Indonesia, Laos, Malesia, Myanmar, Filippine, Singapore, Thailandia e Vietnam), hanno raggiunto un accordo proprio in ottica dazi: qualsiasi accordo bilaterale stretto da uno di questi paesi con gli Stati Uniti non danneggerà gli altri partner regionali. Ad annunciarlo è stato l’attuale presidente dell’Associazione, il premier malese Anwar Ibrahim. Ed è una questione fondamentale. Alcuni paesi dell’Asean sono stati minacciati da Trump con soglie tariffarie tra il 32 e il 49% se le trattative falliranno.
Anwar, poi, ha cercato di rimanere in equilibrio tra le due potenze, tra Stati Uniti e Cina, sottolineando la volontà di cooperare con entrambe. “Qual è la posizione dell’Asean? È la centralità. Dov’è il focus? Il benessere di tutti, le relazioni economiche, il commercio, gli investimenti”, ha detto Anwar. Per poi aggiungere: “Quindi, se significa lavorare con i cinesi, sì, lo faremo. Con gli Stati Uniti, sì, dobbiamo farlo”. Anche perché gli Usa sono ancora i primi partner nella difesa e nella sicurezza della regione, nonostante il valore degli scambi tra il blocco asiatico e la Cina sia più alto.
Considerando il totale dello scambio dell’Asean con la Cina e con i paesi del Golfo (Bahrain, Kuwait, Oman, Qatar, Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita), i dati sono emblematici. “Nel 2024, il volume complessivo degli scambi ha superato i 900 miliardi di dollari, quasi il doppio rispetto ai 453 miliardi di dollari tra Asean e Usa. Dall’inizio del primo mandato di Trump nel 2017, il commercio dei Paesi del Sud Est Asiatico con la Cina e il Gcc è aumentato di 375 miliardi di dollari, superando l’incremento di 220 miliardi di dollari registrato nei rapporti commerciali con gli Stati Uniti”, ricorda il Sole 24 Ore. E a causa della guerra commerciale americana, il distacco aumenterà.
IL NODO DEL MAR CINESE MERIDIONALE
Ma il tentativo cinese di rafforzare l’asse con il sud est asiatico si scontra con le controversie territoriali in sospeso con alcuni paesi del blocco. Specie con il Vietnam, le Filippine, la Malesia e il Brunei in alcune zone del Mar Cinese Meridionale, come per esempio le isole Spratly. La Cina ne reclama il controllo in maniera molto aggressiva. Contese che riguardano la sicurezza delle rotte commerciali, ma anche i giacimenti di petrolio e gas o la pesca. Tuttavia, l’Asean non è riuscito a prendere una posizione veramente comune contro la Cina, nonostante i tentativi delle Filippine di portare sul tavolo – anche nell’ultimo summit – la questione.