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Parlamento

Chi vuole slegare la Lega?

Che cosa si legge e che cosa non si legge sui quotidiani (anche di centrodestra) sulla Lega di Salvini. Il corsivo di Paola Sacchi

 

Sarà per il fatto che in questi giorni andiamo al letto presto la sera e anche malvolentieri – poiché ancora ricoverati per rimetterci a posto dopo una operazione ortopedica di routine – ma, confessiamo, ieri sera siamo stati rimessi a nanna da simpaticissimi infermieri che ci chiedevano che particolari dolori avessimo, perché apparivamo un po’ più “sfastidiati” del solito. Ecco, non ho potuto spiegare loro di aver appena appreso, dal completamento della lettura dei giornali degli ultimi due o tre giorni, che Matteo Salvini in pratica viene accusato di avere una qualche responsabilità anche nella strage di Erba.

Ovviamente si usa un paradosso per rendere l’idea della quasi corale aggressione mediatica in atto nei confronti del leader della Lega, vicepremier e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti. Quasi corale perché contro di lui, trattato come una sorta di Olindo della fu Lega Nord, non solo sono scesi in campo i soliti media di sinistra. Praticamente tutti, a partire dal Gruppo Gedi con La Repubblica, che ha scomodato firme di editorialisti di punta angosciati (addirittura loro!) dal fatto che Salvini-Olindo abbia ucciso tutto ciò che restava della ragione sociale della Lega nordista.

E, sempre contro Salvini, la medesima Repubblica ha intervistato uno dei cofondatori della Lega Lombarda con Umberto Bossi, Giuseppe Leoni, che gli ha dato del “cretino” e del “fascista”. Ma non è finita qui. Contro Salvini è stata usata anche una frase dello stesso capogruppo della Lega alla Camera, Riccardo Molinari, in un’intervista di qualche giorno fa a Libero Quotidiano. Molinari che difende a spada tratta il suo leader lancia anche chiara accusa a FdI sulle candidature alle Regionali, che vedono particolarmente al centro la vicenda terzo mandato, ovvero la ricandidatura di Luca Zaia in Veneto. Queste accuse scompaiono però dai titoli, dove non viene indicato l’oggetto – ovvero il partito del premier, trattato di solito con guanti più che di velluto – contro cui vengono lanciate.

E così, nel titolo di Libero appare amplificata una frase – peraltro riportata senza essere troppo argomentata – sull’esortazione che lo stesso Molinari fa all’intero partito, senza chiamare in causa direttamente il leader, ad andare avanti con maggiore chiarezza nella linea che per la Lega deve restare quella della difesa di imprenditori, partite Iva etc. Punto. La frase, pur riportata in modo troppo breve e sintetico per essere da titolo, compare quasi buttata là solo in una delle risposte dopo metà intervista. E invece viene amplificata chiamando direttamente in causa Salvini nella titolazione e poi, com’era prevedibile, è stata riportata a cascata dai media di sinistra, che l’hanno liquidata come un vero e proprio attacco di Riccardo Molinari a Salvini. “È la stampa, bellezza”, si potrebbe dire con una celebre frase. Salvini, come tutti i leader, compresi il premier Giorgia Meloni e l’atro vicepremier Antonio Tajani, per fermarci al centrodestra, può anche aver fatto errori, nessuno è perfetto. Figuriamoci poi in politica. Ma che anche un giornale di area di centrodestra si ritrovi ad usargli un trattamento un po’ stile Rep con il gioco dei titoli è cosa che non si era mai vista finora per nessun leader della coalizione attualmente al governo.

In tutto questo, ovviamente scompare quel piccolissimo particolare che Salvini ha salvato la Lega da un rischio più che concreto di estinzione, dal 3%, quasi 4%, ormai verso il 2% nei sondaggi. Una situazione con punte paradossali, come il trattamento mediatico usatogli, che ha fatto apparire come un evento un po’ eccezionale un editoriale a difesa dello stesso Salvini di Alessandro Sallusti, direttore de “Il Giornale” , sempre della triade di proprietà degli Angelucci con Libero e Il Tempo, ma rimasto di proprietà al 30% dei Berlusconi. Ecco, Sallusti ribadisce una cosa lapalissiana da tempo anche per un bambino: si tenta ancora una volta di usare la Lega per scardinare l’intero centrodestra. Sport che ormai va avanti da quasi 30 anni.

Una volta ci riuscirono pure, quando Umberto Bossi staccò la spina al Berlusconi uno. Cosa che, nel nostro piccolo, visti ormai gli attacchi sempre più massicci al “Capitano”, avevamo scritto anche noi pochi giorni prima di Sallusti. Ma, a giudicare dallo scontro in atto nel centrodestra – con FdI e FI schierate contro la Lega sulla ricandidatura di Zaia in Veneto, perché colpevole di essere uno da oltre il 70% dei consensi – sembra che di questa elementare verità a volte non si tenga conto nello stesso centrodestra. Che fino a prova contraria, sulla base dei numeri elettorali delle Politiche e non dei sondaggi, resta una coalizione a tre punte, dove il partito maggioritario non ha sfondato al 30% e gli altri due, pur molto ridimensionati, restano determinanti. Con la Lega di Salvini che, come secondo partito del centrodestra, ha quasi un centinaio di parlamentari.

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