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Chi sogna una crisi di governo?

Trent’anni fa la Repubblica visse la sua prima crisi natalizia di governo. Silvio Berlusconi aveva dovuto dimettersi il 22 dicembre, dopo soli sette mesi mal tollerati dal presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, così attivo nei tentativi di liberarsene da parlarne anche con il cardinale Camillo Ruini. Il cui dissenso forse non lo sorprese, ma di certo non lo dissuase dal perseguimento della crisi, sino a garantire all’insofferente Umberto Bossi che non avrebbe corso il rischio delle elezioni anticipate se avesse rotto l’alleanza di centrodestra che aveva vinto le elezioni del 1994.

E infatti, una volta aperta la crisi, dopo tre settimane Scalfaro l’avrebbe chiusa con la formazione del governo di Lamberto Dini, ministro del Tesoro con Berlusconi. Le elezioni arrivarono non dopo qualche mese, come lo stesso Berlusconi accusò poi il Capo dello Stato di avergli promesso, ma il 21 aprile del 1996. Dopo che l’opposizione al centrodestra si era organizzata in una coalizione di cosiddetto centrosinistra federata all’insegna grafica dell’Ulivo da un Romano Prodi incoronato, diciamo così, in una manifestazione politica da Massimo D’Alema. E approdato a Palazzo Chigi il 15 maggio scommettendo di durare sino al 2001, cioè per tutta la durata della legislatura. Ma cadde già il 9 ottobre 1998. Gli successero, prima delle elezioni ordinarie, lo stesso D’Alema in due edizioni di governo e un Giuliano Amato in versione politica assai diversa dal 1992, quando era stato designato a Palazzo Chigi da un Bettino Craxi ancora operativo. Cui lo stesso Scalfaro aveva negato la nomina attenendosene il coinvolgimento, dopo un incontro col capo della Procura di Milano Francesco Saverio Borrelli, nelle indagini chiamate “Mani pulite” sul finanziamento illegale dei partiti, corruzione, concussione e quant’altro.

La seconda e ultima crisi di governo in tempi natalizi sarebbe arrivata solo il 21 dicembre 2012 con le dimissioni del governo tecnico di Mario Monti, preludio alle elezioni cui avrebbe partecipato a sorpresa lo stesso Monti, per quanto nominato senatore a vita già prima di diventare presidente del Consiglio, con liste di centro moderato risultate utili solo a impedire una vittoria di Berlusconi, mancata per pochi voti, e una sua realistica scalata al Quirinale.

Chi pensa -con Giorgia Meloni a Palazzo Chigi nelle condizioni eccezionali di stabilità riconosciutele a livello anche internazionale, e in quelle assai precarie delle opposizioni a campo variabile- ad un’altra crisi fra luci e lucette dell’albero di Natale prima dell’esaurimento ordinario della legislatura in corso sogna chiaramente ad occhi aperti.

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