Il piano di pace proposto dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump per porre fine al conflitto a Gaza ha acceso un dibattito complesso sia all’interno di Hamas che tra la popolazione della Striscia.
Come riportato dal New York Times, i gazawi, stremati da quasi due anni di guerra, vedono nel piano una possibile via d’uscita da un conflitto che ha devastato le loro comunità, causando oltre 66.000 morti secondo il computo del Ministero della Salute di Gaza. Tuttavia, le condizioni imposte dal piano, come il disarmo di Hamas e la sua esclusione dalla governance futura della Striscia, creano profonde divisioni all’interno del gruppo e scetticismo tra i civili. Nel frattempo, stati come Egitto, Qatar e Turchia esercitano pressioni su Hamas affinché accetti il piano, mentre il tempo stringe sotto la minaccia di un’escalation militare.
Le divisioni interne a Hamas
Secondo quanto scrive la BBC, il capo dell’ala militare di Hamas a Gaza, Izz al-Din al-Haddad, ha espresso un netto rifiuto del piano di Trump, considerandolo una strategia per distruggere Hamas, indipendentemente dalla sua accettazione. Haddad, che guida la brigata di Gaza City, sembra determinato a continuare la lotta, nonostante le pesanti perdite subite dal gruppo, con il 90% dei comandanti eliminati e il 97% dei razzi distrutti, come riporta il Guardian citando fonti militari israeliane. Al contrario, alcune figure dell’ala politica di Hamas a Doha appaiono più aperte a negoziare, proponendo emendamenti al piano, ma la loro influenza è limitata, poiché non controllano direttamente i 48 ostaggi ancora detenuti a Gaza, di cui solo 20 sarebbero in vita.
Un punto critico del piano, come evidenziato dal Times of Israel, è la richiesta di rilasciare tutti gli ostaggi entro le prime 72 ore del cessate il fuoco, privando Hamas del suo principale strumento di negoziazione. Inoltre, la proposta di una forza di stabilizzazione internazionale, percepita da alcuni leader come una nuova forma di occupazione, e la creazione di una “zona cuscinetto” di sicurezza lungo i confini di Gaza, sollevano ulteriori resistenze. Come scrive il Guardian, il disarmo richiesto dal piano è particolarmente problematico, poiché Hamas ha sempre condizionato la rinuncia alle armi alla creazione di uno stato palestinese sovrano, una prospettiva che il piano di Trump menziona solo vagamente come un “percorso credibile” verso l’autodeterminazione.
Le pressioni internazionali su Hamas
Egitto, Qatar e Turchia stanno svolgendo un ruolo chiave nel cercare di convincere Hamas ad accettare il piano. Come riportato da Reuters, il ministro degli Esteri egiziano Badr Abdelatty ha dichiarato che il suo paese, insieme a Qatar e Turchia, sta lavorando intensamente per ottenere il consenso di Hamas, avvertendo che un rifiuto potrebbe portare a un’escalation del conflitto. Abdelatty ha criticato aspramente Israele, accusandolo di “genocidio” a Gaza, ma ha anche sottolineato che Hamas deve comprendere che “non avrà un ruolo nel giorno dopo” la guerra, una posizione condivisa da molti stati arabi secondo il Times of Israel. Il Qatar, secondo Al Jazeera, ha ribadito il suo supporto agli sforzi di pace, con l’emiro Sheikh Tamim bin Hamad al-Thani che ha discusso direttamente con Trump, esprimendo la necessità di modifiche al piano per garantire i diritti dei palestinesi.
Anche la comunità internazionale sta esercitando pressioni. Il ministro degli Esteri francese Jean-Noel Barrot ha dichiarato ad Al Jazeera che Hamas “ha perso” e deve accettare la propria resa, mentre il presidente russo Vladimir Putin ha espresso un cauto supporto al piano, a patto che conduca a una soluzione a due stati.
Il sentimento della popolazione di Gaza
La popolazione di Gaza, ridotta allo stremo da fame, sfollamenti e bombardamenti, è disperata per la fine del conflitto, ma scettica sulla fattibilità del piano. Come scrive il Nyt, Mahmoud Bolbol, un lavoratore edile di Gaza City, rappresenta la voce di molti gazawi quando dice: “Hamas deve dire sì a questa offerta – siamo già stati all’inferno”. Bolbol e i suoi vicini discutono incessantemente del piano, ma temono che Hamas possa anteporre i propri interessi a quelli della popolazione. Nasayem Muqat, una madre che è fuggita a sud con sua figlia, ha espresso un’amarezza simile: “Stiamo morendo per nulla, e a nessuno importa di noi”. Abdelhalim Awad, un panettiere di Deir al-Balah, ha aggiunto che accetterebbe “qualsiasi prezzo” per porre fine alla guerra, ma dubita che Hamas tenga conto dell’opinione pubblica.
Secondo PBS, molti palestinesi vedono il piano come sbilanciato a favore di Israele, soprattutto per l’assenza di un chiaro percorso verso la statualità palestinese e per la richiesta di disarmo di Hamas senza garanzie concrete. Mahmoud Abu Mattar, un contabile sfollato, ha espresso frustrazione verso i negoziatori lontani, che “siedono in stanze con aria condizionata” mentre i gazawi affrontano fame e morte. La paura di uno spostamento forzato, come sottolineato da Abdelatty a Reuters, è un’altra preoccupazione diffusa, con l’Egitto che ha dichiarato che non permetterà la fine della causa palestinese attraverso lo sfollamento.
Un piano a rischio
Nonostante il sostegno internazionale, il piano di Trump presenta numerose lacune. Come scrive il Guardian, analisti come Mkhaimar Abusada ritengono che Hamas si trovi a scegliere “tra il male e il peggio”, con il rischio che un rifiuto dia a Israele il via libera per un’operazione militare su larga scala, come suggerito da fonti citate da Al-Akhbar citate dal Times of Israel. Inoltre, le recenti dichiarazioni del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, che ha insistito sulla permanenza delle forze israeliane in alcune aree di Gaza, contraddicono i termini del piano, alimentando il timore che Israele possa riprendere le operazioni militari una volta liberati gli ostaggi, secondo quanto scrive BBC.
In conclusione, il piano di Trump rappresenta un’opportunità fragile e controversa per porre fine a un conflitto che ha devastato Gaza. Le divisioni interne a Hamas, le pressioni di Egitto, Qatar e Turchia, e il grido di una popolazione esausta convergono in un momento cruciale. Come scrive il Guardian, la risposta di Hamas, attesa entro pochi giorni, potrebbe determinare non solo il destino del gruppo, ma anche quello di milioni di palestinesi che chiedono pace e ricostruzione. Resta da vedere se prevarrà la pragmatismo o l’intransigenza, in un contesto in cui ogni scelta sembra portare con sé un prezzo altissimo.