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meloni salvini

Che cosa succede in America e in Italia

L'attentato a Trump negli Stati Uniti e le divisioni nel governo Meloni in Italia. I Graffi di Damato

Appena scampato ad un attentato che è costato la vita, grazie a Dio, solo al mancato assassino, Donald Trump si può considerare paradossalmente un candidato particolarmente fortunato alla Casa Bianca, dove è già stato per un altro mandato. Giocano a suo favore anche gli avversari per l’esasperazione – persino suicida, come si è visto – con la quale lo combattono: superiore a quella sua nel riproporsi e nel sostenere, più generalmente, le sue cause ostentando pure fisicamente la propria spavalderia.

E’ stato fortunato, Donald Trump, a incrociare nella sua seconda corsa alla Bianca un presidente non tanto anziano  -con i suoi 82 anni ancora da compiere, quasi quanti ne aveva il nostro vitalissimo Sandro Pertini salendo al Quirinale nel 1978 – quanto costretto dalla sorte a non portarseli tanto bene, visti i difetti di concentrazione, a dir poco, che mostra anche in pubblico. E, in più, indebolito pure da amici, almeno a parole, che dall’interno del proprio partito o elettorato, o tra i finanziatori, che lo esortano a rinunciare non potendo vincere – ha detto l’attore George Clooney, forse dopo essersi consultato con l’ex presidente Barak Obama – anche “la battaglia contro il tempo”.

Se questa fortuna porterà, anzi riporterà Trump alla Casa Bianca lo sapremo naturalmente solo a novembre, anche se con effetto differito perché negli Stati Uniti l’insediamento segue di qualche mese la designazione degli elettori. E quali effetti, incendiari o pompieristici, a seconda dei casi, sulle guerre in corso oltre Atlantico si vedrà anche questo. Guerre purtroppo non solo fredde, come quella che è stata ottimisticamente definita fra la Russia e l’Occidente con l’invasione dell’Ucraina cominciata due anni e mezzo fa, ma anche calde, anzi roventi come nel Medio Oriente.

A quella fra la Russia e l’Occidente partecipa, pur dichiarando il vice presidente del Consiglio e ministro degli Esteri Antonio Tajani di non sentirsi “in guerra” contro Mosca, anche il governo italiano con una forza di decisioni, e di forniture militari a Kiev, molto apprezzata dall’amministrazione uscente degli Stati Uniti. Ma l’altro vice presidente, il leader leghista Matteo Salvini, notoriamente non è d’accordo, almeno a parole, visto che sinora i suoi parlamentari hanno votato disciplinatamente in tutti i passaggi parlamentari. Parole non sfuggite tuttavia alla presidente del Consiglio – che ha appena invitato …. a sua insaputa “Mattè” in una vignetta sulla Stampa a togliersi dalla testa quel colbacco di confezione forse russa con i 40 gradi che i termometri misurano in tanta parta d’Italia- e al ministro della Difesa Guido Crosetto.

Quest’ultimo, reduce con la sua amica e collega di partito Meloni dal vertice non solo celebrativo della Nato nel 75.mo anniversario della fondazione, ha definito riduttivamente quella del collega di governo Salvini una “opposizione mediatica” ai nostri impegni, intimandole tuttavia un “basta”, anch’esso però mediatico.

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