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Che cosa succede ai confini dell’Europa

“Attraversare i confini” di Valerio Nicolosi letto da Tullio Fazzolari

Non risolve mai nulla affidarsi al senno di poi. Però viene spontaneo chiedersi che cosa sarebbe potuto succedere se nel 1954 l’Unione Sovietica non avesse modificato i confini interni trasferendo la Crimea dalla Russia all’Ucraina. Forse la guerra sarebbe scoppiata lo stesso ma quanto meno Putin avrebbe dovuto inventarsi un altro pretesto per scatenare la sua aggressione. La realtà di cui tocca prendere atto è che nell’attuale scenario mondiale nessuna frontiera garantisce pace e sicurezza. “Attraversare i confini” di Valerio Nicolosi (Utet, 176 pagine, 15 euro) concentra l’attenzione su quanto sta avvenendo in quello che potremmo definire il “fronte occidentale”. Dall’Europa continentale al Mediterraneo fino al Medio Oriente emerge un quadro devastante di cui i conflitti sono solo un aspetto. Dalla guerra ma anche o soprattutto dalla povertà si cerca di fuggire e per tutti, dall’Asia e dall’Africa, la via di salvezza sta nel raggiungere l’Europa.

Le speranze vanno a sbattere contro i confini. Quelli naturali come montagne dove si muore assiderati o mari in cui le vittime per naufragio sono una tragedia quotidiana. Ma ancora più deleteri sono i confini tracciati dall’uomo dietro i quali domina la miopia occidentale. C’è il sovranismo ottuso che vorrebbe respingere tutti alla frontiera. O c’è anche chi vuole l’accoglienza ma non si pone il problema dell’integrazione degli immigrati fornendo lavoro e condizioni di vita decenti. Il risultato è un dibattito politico a uso interno in cui ciascuno cerca di sedurre gli elettori senza trovare mai una risposta a quanto avviene alla frontiera dell’Europa. E il confine, qualunque esso sia, diventa un motivo di discriminazione e di ingiustizia verso coloro che si trovano dalla parte sbagliata di quel limite. Errori e omissioni dell’Occidente emergono con chiarezza leggendo il libro di Valerio Nicolosi che, pur mettendoci una giusta dose di passione, è soprattutto un eccellente reportage in cui si dà conto di tutte le criticità che circondano l’Europa. E, a meno di non essere come al solito miopi, si dovrebbe capire che è quasi un assedio. All’estremo ovest, di fronte a Gibilterra, le enclave spagnole di Ceuta e Melilla sono la meta di migliaia di persone che sperano di arrivare sul continente. Al centro del Mediterraneo le rotte dei migranti. E a oriente la via dei Balcani dove il confine è segnato sulle carte geografiche dal fiume Evros. Una riva è Turchia, quella opposta è territorio greco: riuscire ad attraversarlo per chi fugge dalla Siria o dall’Afghanistan, dalle guerre, dalla fame o dalle persecuzioni di una dittatura, significa essere in Europa. Tra rischi e difficoltà sembra il cammino della speranza che però non è nemmeno alla portata di tutti. Ormai da quasi due anni, i palestinesi sono rinchiusi dietro un confine che ha tutte le caratteristiche di un recinto di filo spinato. Altri arabi sono più fortunati. Dagli emirati o dall’Arabia Saudita, ben provvisti di dollari e di visti sul passaporto, possono andare dove vogliono. Se mai ce n’era bisogno, è la conferma che i confini non sono uguali per tutti.

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