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Che cosa scrivono i giornali tedeschi sul piano di Draghi premier

Prime reazioni della stampa in Germania sul discorso programmatico di Draghi in Parlamento

Mario Draghi ha un colpo solo da sparare per riuscire a fare quel che 17 governi dall’inizio della cosiddetta seconda Repubblica non sono riusciti a fare: riportare l’Italia a crescere. È il senso di un commento pubblicato sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung a firma di Tobias Piller, corrispondente da Roma di lungo corso per il più autorevole quotidiano tedesco e qualche tempo fa ospite frequente nei talk show italiani a interpretare il ruolo del falco tedesco. L’economia deve “finalmente mostrare segnali visibili” di crescita, altrimenti nel giro di uno o due anni il paese si ritroverà di fronte a una nuova crisi di credibilità con il peso di un debito oscillante tra il 150 e il 160% del prodotto interno lordo.

La Faz non si accoda al generale clima di ottimismo con cui la gran parte della stampa tedesca ha accompagnato il cammino dell’ex presidente della Banca centrale europea verso Palazzo Chigi, non tanto per sfiducia nei suoi confronti, quanto per la condizione strutturale del paese e per la qualità della sua classe politica, che resta alla base del nuovo governo. Il quotidiano di Francoforte preferisce infatti evidenziare quelli che ritiene gli ostacoli frapposti alla ripresa economica italiana: “l’amministrazione inefficiente, la giustizia lenta e imprevedibile, l’insufficiente preparazione scolastica, la formazione professionale spesso esistente solo sulla carta, la costante emigrazione dei giovani più qualificati e in più le infrastrutture lacunose o l’offerta del settore turistico, per molti versi superata e al Sud completamente sottodimensionata”.

Nel programma di Draghi questi problemi ci sono più o meno tutti, riconosce la Faz: “Il nuovo premier ha ragione nel voler affrontare contemporaneamente molte disfunzioni, dopo tutto, un problema blocca sempre l’eliminazione dell’altro”. Ma la volontà impatta sullo scetticismo: “Il piano di Draghi per portare il suo paese su un percorso di crescita attraverso molte riforme determinate comporta un rischio politico. Per molti anni la politica economica dell’Italia è stata caratterizzata da una retorica spesso vuota, accompagnata da una sostanziale stagnazione. I politici di professione non erano interessati al cambiamento reale, perché comportano costi politici associati all’abolizione delle eredità acquisite. la maggiore concorrenza, di cui l’Italia ha disperatamente bisogno, crea anche incertezza e molti perdenti”.

Tutto si gioca, secondo la Frankfurter, sulle riforme di cui il Paese ha bisogno da tempo, ma che da tempo non vuole fare: “Finora anche molti italiani volevano mantenere l’esistente con tutte le loro forze, fintanto che ci fosse anche un piccolo vantaggio a esso associato. Nessuno crede che vi sarà giustizia nella redistribuzione di opportunità e benefici. Per questo c’è in Italia troppa poca fiducia nello Stato e nella politica”. Le attese non sono dunque altissime per il successo dell’articolato programma di Draghi: “Sarebbe già una fatica degna di Ercole superare alcuni dei problemi profondamente radicati”. Per la Faz , il presidente del consiglio avrà di fronte una corsa contro il tempo, nella quale dovrà dimostrare subito di possederee saper attuare le ricette giuste. “Draghi mostrerà indubbiamente anche forza e coerenza nel presentare il suo programma di governo”, conclude Piller, “ma ha solo un colpo a disposizione. In breve, deve dimostrare che le sue riforme offrono prospettive di ripresa. Altrimenti prevarrà di nuovo lo sguardo miope dell’ombelico della politica romana, con politici di partito che non (vogliono) capire il pericolo che corre l’Italia”.

Diverso il tono dell’altro grande quotidiano nazionale tedesco, la Süddeutsche Zeitung. A partire dal titolo dell’articolo dedicato oggi all’Italia, dal titolo biblico “Salvatore, aiuto”. Il salvatore è Mario Draghi. “Nel momento in cui non funziona più nulla, gli italiani costringono ciò che hanno di meglio a tornare al servizio del paese. E Mario Draghi è il migliore di tutti i migliori, anche secondo  quei pochi che alla fine non lo voteranno come premier”. L’articolo, più che un’analisi, è un reportage negli umori dell’Italia che attende il nuovo presidente come un Messia. Vengono richiamati altri tecnici (nomi non tutti proprio benauguranti) che negli ultimi tre decenni hanno soccorso la politica in difficoltà, da Carlo Azeglio Ciampi a Lamberto Dini, fino a Mario Monti, per affrontare sempre lo stesso trittico di emergenze: conti, soldi, debiti. “All’estero può sembrare una sconfitta per la democrazia, un fallimento della classe politica, e ovviamente lo è”, scrive la SZ, “ma tutto va bene in caso di emergenza, e quanto sia grande il bisogno questa volta sarà probabilmente riconosciuto solo quando la pandemia sarà finita e la distruzione diventerà visibile, la devastazione dell’economia, il dissanguamento della società”.

L’articolo prosegue anche un po’ sull’onda dei clichè, saltella tra commedia e melodramma, racconta le conversioni politiche dei populisti di ogni colore (movimenti anti-élite ora sostenitori di un simbolo dell’establishment, anti-europeisti trasformatisi in euro-entusiasti) cita un sondaggio che riporta il 62% di consensi per Draghi, del quale si ripercorre la carriera nei templi dell’economia e della finanza e anche le critiche feroci di parte della stampa tedesca ai tempi della Bce: “il conte Draghila”.

Nonostante i toni differenti rispetto alla Faz, anche il quotidiano di Monaco pensa in fondo che Draghi potrà avere successo solo se metterà in qualche modo all’angolo, anche non platealmente, il mondo politico romano: “Draghi dà sempre l’impressione di sapere con precisione cosa ci sia da fare, come se volteggiasse sul teatrino (della politica) che oggi presiede”. A Roma si dà già tutto per scontato, che Draghi durerà un anno, riscriverà il Recovery Plan, varerà qualche riforma, farà pesare il suo ruolo a Bruxelles e poi si lascerà eleggere capo dello Stato dal parlamento, conclude la SZ, ma lui, Draghi, non dice nulla e nulla si intuisce dai suoi silenzi. È in questa sua diversità che può risiedere la chiave del successo del suo governo.

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