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Che cosa (non) succede in Algeria

Intervista di Francesca Caruso, esperta di Africa e Medio Oriente, a Adlène Meddi, scrittore e giornalista algerino

«Il rischio è che, se il regime riuscirà a mettersi d’accordo rapidamente con una certa opposizione, questa rivoluzione può soffocare. Il movimento di protesta è emerso in un deserto politico, che è il prodotto di una repressione diretta o insidiosa nei confronti della vita politica, associativa, universitaria o mediatica, condotta dal regime di Bouteflika per vent’anni».

Adlène Meddi, scrittore e giornalista algerino, è nato e vide a El-Harrach, una periferia di Algeri. Scrive regolarmente sull’Algeria per il sito Middle East Eye e il giornale francese Le Point. L’anno scorso ha pubblicato ‘1994’, un romanzo sul periodo nero dell’Algeria, quando, durante gli Anni Novanta, c’è stata una guerra civile atroce tra islamisti e militari che ha traumatizzato un intero Paese.

In Algeria l’esercito ha sempre avuto un ruolo estremamente importante. Oggi che ruolo ha?

Meddi – Con la presidenza della repubblica vacante, i servizi segreti collegati allo Stato maggiore, alcuni oligarchi imprigionati, l’esercito rappresenta il quarto polo del potere. Vediamo quindi che è l’unico che resta in piedi. Paradossalmente, con il fatto che Bouteflika ha fatto di tutto per allontanare l’esercito dalla politica, l’istituzione dei militari è riuscita a rendersi autonoma da un sistema che, da anni, poteva crollare da un momento all’altro.

Oggi l’esercito gioca il difficile ruolo di arbitro tra le diverse opzioni che mirano della transizione desiderata. Il suo ruolo, secondo il suo capo, è quello di garantire che non ci siano grosse sbandate come quelle avvenute in Siria o in Libia. Insomma, di evitare il crollo totale. Al tempo stesso, il capo dell’esercito dovrà fare i conti con il passato, cosa più difficile, dal momento che non è altro che un’emanazione del sistema ventennale di Bouteflika. Che lo voglia o no.

Dopo quindici settimane di mobilitazione, il consiglio costituzionale algerino ha annunciato che era “impossibile” organizzare l’elezione presidenziale prevista per il 4 luglio, perché non c’erano i candidati. Quali sono quindi le prossime tappe?

Meddi – Lo scenario che propone l’esercito è di mantenere un presidente ad interim oltre i tempi previsti dalla Costituzione (che in questo caso sarebbe inizio luglio), al fine di organizzare una presidenziale prima della fine del 2019. Al tempo stesso, sarà aperto un dialogo con l’opposizione e i rappresentanti del movimento popolare e sarà creata un’istanza indipendente che sorveglierà e organizzerà le elezioni. Il primo ministro, nominato da Bouteflika poco prima di dimettersi, può essere anche destituito. L’obiettivo formale di tutto questo sarebbe quello di dare all’opposizione delle garanzie per partecipare alle prossime presidenziali.

(estratto di un’intervista pubblicata su Affari Internazionali; qui la versione integrale)

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