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Il liberista Einaudi pro Cassa depositi e prestiti

Pubblichiamo un estratto del libro “Cassa depositi e prestiti. Storia di un capitale dinamico e paziente. Da 170 anni” (il Mulino) scritto dal giornalista del Sole 24 Ore, Paolo Bricco

 

Il giornalista del Sole 24 Ore Paolo Bricco nel volume da pochi giorni nelle librerie “Cassa depositi e prestiti. Storia di un capitale dinamico e paziente. Da 170 anni” (il Mulino, pp. 248, 16 euro) ripercorre l’operato di questa istituzione strettamente legata alla storia d’Italia, dal 1850 a oggi.

Nel libro vengono narrate le vicende di oltre un secolo e mezzo di storia di Cdp e il suo ruolo nell’evoluzione del Paese: l’unificazione italiana e la nascita del risparmio postale; le grandi trasformazioni economiche di fine Ottocento e l’intervento di Cassa Depositi e Prestiti nei casi di emergenza e di calamità naturali; la modernizzazione industriale dei primi del Novecento e la finanza a supporto degli enti locali; la crisi economica degli anni Trenta e il ruolo di Cassa come socio strategico di istituzioni centrali; le politiche per il Mezzogiorno del secondo dopoguerra e l’impegno di Cdp per la rinascita industriale del Paese; le privatizzazioni e la trasformazione di Cassa Depositi e Prestiti in Società per azioni; il ruolo delle Fondazioni bancarie e l’allargamento del perimetro di attività di Cassa, per arrivare agli anni più recenti con una nuova stagione industriale, il ritorno al territorio e il ruolo di investitore dinamico e paziente assunto da Cassa Depositi e Prestiti.

Tutto questo ha richiesto all’autore un lungo e laborioso lavoro di ricerca storica, condotto nei principali archivi italiani, tra i quali anche l’archivio di Cassa Depositi e Prestiti, che ha aperto il suo patrimonio di carte e documenti in misura considerevole inediti: un elemento fondamentale per la ricostruzione della storia di questa istituzione. 

(Redazione Start Magazine)

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ESTRATTO DEL LIBRO

L’Italia è come l’Europa. Esce dalla Prima guerra mondiale a brandelli e povera, piena di paura e di violenza. La politica si attorciglia alla società. La società tende alla destrutturazione dei residuati dell’Ottocento. Ma, intorno ad alcuni elementi di natura ottocentesca, continua a coagularsi. Luigi Einaudi, economista e uomo politico estimatore della destra storica e della Cassa Depositi e Prestiti, evidenzia l’importanza del risparmio postale dei più umili fra gli italiani più umili che Quintino Sella ha fatto emergere.

Nel caos politico e nella frantumazione civile degli anni immediatamente successivi alla Prima guerra mondiale, Einaudi percepisce la Cassa come il soggetto finanziario in grado di fare rifiorire l’artigianato e il piccolo commercio, la società delle officine e dei campi. Il suo modello di sviluppo è alternativo alle tendenze tecnologiche e alle accumulazioni capitalistiche di matrice industriale e finanziaria. È portatore di un’umanità minima e realistica, prudente e pessimistica. È alieno alle fantasie che si fanno fantasmagorie nelle metropoli ed è favorevole ai tempi lenti della natura e della provincia. Sul Corriere della Sera, più volte Einaudi promuove l’assimilazione della Cassa Depositi e Prestiti a una banca, suggerendo che adotti il metodo della definizione di un merito di credito ai potenziali clienti, il vero discrimine fra chi è un intermediario finanziario e chi non lo è. La proposta di Einaudi, per quanto formulata da una voce autorevole, non viene accolta: la Cassa non si trasforma in una dispensatrice di fondi all’imprenditoria più piccola del Paese, in contrapposizione al grande capitalismo e alle grandi banche, oligopoli avversati dal liberalismo radicalmente mite di Einaudi.

Anche negli anni Venti la sua duplice specializzazione tradizionale permane: la finanza locale per le opere infrastrutturali e per la rimodulazione periodica dei passivi di comuni e province e l’opera continua e metodica sul debito pubblico, che assume le forme più diverse. Questa duplice specializzazione è esercitata con una reputazione pubblica evidenziata dallo stesso Einaudi, che scrive sul «Corriere della Sera» il 25 novembre 1921: La più grossa banca del nostro paese, sebbene ignota al pubblico e sebbene priva di uffici propri a contatto del pubblico, che amministra depositi altrui con la massima oculatezza. La Cassa Depositi e Prestiti è la «grandissima» banca della «piccola» gente. I capitalisti grossi non sono riusciti a creare nessuna istituzione così grandiosa come quella che i piccolissimi hanno saputo costruire. Non v’è banca in Italia, i cui amministratori abbiano l’obbligo di procedere guardinghi e prudenti nell’amministrazione dei fondi ad essi affidati come l’hanno quelli della Cassa.

La società italiana, che dall’Ottocento prova a conservare alcuni elementi basilari proiettandosi in un Novecento che sta mutando radicalmente, sperimenta una metamorfosi cruenta e ancora insondabile nelle sue evoluzioni ultime. La Cassa Depositi e Prestiti appare un suo fattore di stabilizzazione. È un perno di natura tecnocratico-borghese. Il suo posizionamento operativo è definito da Einaudi nello stesso articolo del «Corriere della Sera». Il punto è la concessione di prestiti ai comuni. Di questa attività istituzionale, le sinistre massimaliste invocano un utilizzo più ampio e vasto, meno regolamentato e non indirizzato solo agli investimenti nuovi e alle rimodulazioni dei vecchi debiti, ma segnato da un ampliamento dei compiti, fino al salvataggio delle amministrazioni locali in bancarotta. Il casus belli è il grave dissesto finanziario del comune di Milano, guidato dal 1920 al 1922 dal socialista Angelo Filippetti, che oltre a gestire una situazione finanziariamente pesante appoggia in maniera esplicita lo sciopero generale dei dipendenti comunali contro l’esecutivo di Luigi Facta, le cui dimissioni – seguite al rifiuto di Vittorio Emanuele III di firmare il decreto per lo stato di assedio per contrastare la marcia su Roma – porteranno poi al governo per la prima volta, nel 1922, Benito Mussolini. Poco prima che accada tutto questo, nel 1921, sempre il 25 novembre e sempre sul Corriere della Sera, Einaudi scrive: Il proletariato milanese invitato ad uno sciopero generale di protesta contro le tergiversazioni della Cassa Depositi e Prestiti a proposito del mutuo chiesto dalla giunta Filippetti, deve essersi fatto approssimativamente della Cassa Depositi e Prestiti il concetto di un fondo a cui si possa attingere a piacimento e da cui i socialisti e i comunisti sono tenuti lontano dallo spirito di parte e dal privilegio della classe capitalistica.

Il rifiuto da parte della Cassa viene così evidenziato da Einaudi: Che cosa accadrebbe se i depositanti delle casse postali di risparmio immaginassero che i loro depositi sono mutuati a comuni, di color rosso o giallo o bianco, dietro pressioni politiche e minacce di scioperi? Il solo accenno alla possibilità di uno sciopero proletario per premere sulla Cassa Depositi e Prestiti apre orizzonti inesplorati sulla catastrofe finanziaria che sarebbe la conseguenza della applicazione di criteri politici nel maneggio dei fondi di questa banca di Stato. Conserviamo alla Cassa Depositi e Prestiti le sue antiche tradizioni. Non trasportiamola in piazza. Essa è un monumento che gli altri Paesi ci invidiano: monumento granitico di fiducia e di credito, elevato con le virtù della prudenza, del rigore, della oculata e rigida amministrazione.

Dunque, la Cassa Depositi e Prestiti – nella lettura critica favorevole di un osservatore che unisce idealità e pragmatismo come Luigi Einaudi – rimane nell’alveo di una razionalità operativa e istituzionale. Anche se, in quel momento come periodicamente negli altri passaggi storici, subisce spinte e controspinte nell’applicazione dei suoi standard e nell’interpretazione delle sue procedure. I suoi vertici riescono a evitare il più grande rifinanziamento del comune di Milano. E devono anche misurarsi con la richiesta di un contributo al sostegno del reddito dei singoli dipendenti pubblici: C’è un limite a tutto – sottolinea Einaudi esprimendo un giudizio negativo – la Cassa non ha a sua disposizione nessun fondo misterioso e inesauribile. Non li può impiegare per scopi di consumo. Ha fatto malissimo lo Stato ad autorizzare mutui agli Enti Locali per pagamento di caro viveri agli impiegati. Non è questo l’ufficio delle banche? Sinora la Cassa Depositi e Prestiti se ne è tenuta lontana salvoché per modeste somme e con le più ampie garanzie.

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