La smentita sarà pure a volte una notizia data due volte, ma è un fatto che nel centrodestra dopo l’incidente sul canone Rai e soprattutto dopo la sconfitta in Umbria – dove ognuno è parso giocare per sé, lasciando Matteo Salvini battere da solo il territorio a sostegno di Donatella Tesei – sembra tornato il sereno. Certamente le fisiologiche diversità restano. Come ha chiosato il premier e presidente di FdI, Giorgia Meloni, “siamo diversi ma coesi”.
La coalizione di governo, anche sotto la regia del premier, sembra aver fatto un bagno di realismo e pragmatismo, in sintonia con lo spirito dei propri elettori, rimettendo al centro il valore aggiunto dell’unità. Cosa, come ha riconosciuto lo stesso Antonio Polito sul Corriere della sera, giornale non molto benevolo con la maggioranza, che rende più forte per “resilienza” il centrodestra rispetto al cosiddetto campo largo ora fortemente insidiato dal terremoto interno ai 5 Stelle. Ma, come dicevamo all’inizio, contrariamente al vecchio detto una smentita a volte può anche essere semplicemente tale e basta. Come quella degli staff di Lega e FI, che hanno smentito la notizia secondo la quale Salvini e Antonio Tajani, ritrovatisi insieme sul volo Milano-Roma per recarsi all’Assemblea Alis, non si sarebbero parlati e neppure scambiati un saluto.
Per capire che le cose non fossero andate così bastava guardare anche via streaming i forti, forse persino troppo se li si paragona alle uscite dei giorni scorsi, applausi con i quali il ministro degli Esteri e segretario di FI ha applaudito il suo omologo vicepremier, leader della Lega e titolare del Mit. Anche quando Salvini, rivolgendosi direttamente alla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, dalla Lega nel gruppo dei Patrioti non votata, ha chiesto di fermare quello che ritiene un vero “suicidio economico e sociale”. Ovvero la messa al bando nel 2035 dei motori a diesel e benzina.
Meloni, Salvini e Tajani sull’automotive si stanno muovendo insieme. Con una linea unitaria sul caso Stellantis, chiedendo a John Elkann di riferire in parlamento ma, pur nella forte critica, cercando anche una via per riannodare un dialogo che serva a salvare una fabbrica con forti radici italiane nella Fiat a Torino e migliaia di posti di lavoro. Tanto più ora che, stando agli ultimi retroscena, sembra che possa avanzare una linea come quella degli allievi di Sergio Marchionne non più disposta a buttarsi a capofitto come ha fatto Carlos Tavares sull’auto elettrica.
Intanto, la macchina del centrodestra di “diversi ma coesi”, come dice Meloni, sembra aver ripreso il suo cammino. Con a breve un appuntamento cruciale non solo per Salvini, per il quale il 20 dicembre è prevista la sentenza del processo Open Arms, ma per tutta la coalizione. E la sua capacità di imprimere una vera svolta a quella che è diventata un’ emergenza: la riforma della giustizia.