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Il malinconico Censis è diventato pure catastrofista?

Il Censis si arruola fra le opposizioni al governo Meloni? I Graffi di Damato

Evoluzione della specie, diciamo così. Dal 92enne Giuseppe De Rita, mitico ormai per le sue ricerche targate Censis e per la sua formazione culturale sostanzialmente democristiana, che gli permise di conoscere bene l’Italia cresciuta praticamente all’ombra politica di quel partito, pur nell’alternanza delle alleanze da destra a sinistra, al figlio 62enne Giorgio, ingegnere aeronautico con un lungo curriculum diffuso anche dalla Presidenza del Consiglio, sotto la cui dicitura si trova navigando per internet. De Rita jr ha appena diffuso il 58mo rapporto annuale col quale il Censis, volente o nolente il suo segretario generale, ha allungato la lista delle opposizioni al governo di Giorgia Meloni. Almeno per la rappresentazione che si è guadagnata sui giornali.

Ne prendo uno tra i minori, in quanto meno noti, ma tra i più chiaramente schierati col partito di Giuseppe Conte: più ancora del famoso e diffuso Fatto Quotidiano di Marco Travaglio. Si chiama La Notizia. Eccovene il titolo di copertina di oggi: “Un’Italia allo sbando. Redditi in picchiata. Industria in crisi. Licenziamenti a gogo. E Welfare allo stremo”. Tutto alternando rosso e nero su sfondo rosa. E sotto lo sguardo un po’ sgomento della Meloni.

Scritto a tre mani, il resoconto della ricerca di Giorgio De Rita viene più dettagliato e attualizzato nel sommario così: “La fotografia del Censis sull’Italia che galleggia è solo l’ultima conferma di un Paese allo sbando, tra crescita ferma e redditi erosi dall’inflazione. E a pagare sono i lavoratori, come dimostrano i licenziamenti dell’indotto di Stellantis”.

Per una pura combinazione nel curriculum dell’ingegnere aeronautico si trova un vecchio passaggio di lavoro, fra il 1988 e il 1992, in una società a responsabilità limitata chiamata Nova, di “ricerche e progetti per l’innovazione sociale” e quant’altro. Nova come Giuseppe Conte ha chiamato il mese scorso la sua assemblea costituente o di rifondazione delle 5 Stelle, con annesse votazioni digitali contestate da Beppe Grillo e in replica sino a domani. Un Grillo che, in attesa di una guerra preannunciata per carte bollate, prima ha improvvisato funerali senza bara e fiori del movimento da lui fondato a suo tempo e poi ha suggerito sarcasticamente alla segretaria del Pd Elly Schlein una specie di iscrizione coatta di Conte allo stesso Pd. Che se lo meriterebbe tutto, anche se l’ex premier, da buon “progressista indipendente”, fa di tutto per distinguersene, criticando le sue scelte di politica internazionale, sociale e quant’altro.

Una stecca nella rappresentazione oppositoria, diciamo così, del rapporto Censis è il titolo compiaciuto dedicatogli dal Giornale di antica fondazione montanelliana. Che gli ha riconosciuto il merito di avere ammesso che anche gli italiani di sinistra sono preoccupati dagli immigrati, sentendo “6 su 10 il nostro stile di vita minacciato”. Ma quella del Giornale è stata solo “una rondine”, che notoriamente “non fa primavera”. Sotto Natale, poi.

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