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Non solo Nso, che cosa non si dice sul caso Pegasus

Il post di Alberto Negri, già inviato di esteri al Sole 24 Ore, sul caso Pegasus

Gli stati clienti dell’Nso acquistano Pegasus per sorvegliare oppositori politici e popolazione. Ma dalla sua creazione nel 2011, la società israeliana vende il suo software come uno strumento destinato unicamente alla lotta contro il terrorismo e il crimine organizzato, e assicura di prendere ogni precauzione per garantire un uso “legittimo” del suo programma.
L’analisi dei dati dimostra invece che lotta alla criminalità costituisce una minima parte dell’utilizzo di Pegasus. In Ungheria, Azerbaigian, Marocco, Ruanda gli obiettivi sono soprattutto giornalisti, oppositori, avvocati, difensori dei diritti umani. L’Nso ripete da anni che i casi di sorveglianza politica sono incidenti isolati, in realtà gli abusi sono la norma non l’eccezione.
Il problema è che il governo israeliano non può fare finta di niente.
La fornitura ad alcuni governi ha contribuito a ristabilire spinose relazioni diplomatiche. Le attività dell’Nso possono in parte spiegare – insieme agli accordi militari – il ben noto Patto di Abramo con alcune monarchie del Golfo (Emirati e Bahrein) e il recente riavvicinamento dello stato ebraico con l’Arabia Saudita, che ha usato Pegasus per controllare i famigliari di Jamal Khashoggi, il giornalista dell’opposizione torturato e fatto uccidere nel consolato saudita di Istanbul dal principe Mohammed bin Salman, definito da Renzi una sorta di “principe rinascimentale”.
Pegasus ha anche facilitato i rapporti tra Israele, Ungheria e Marocco. Né l’Nso né il governo israeliano possono ignorare che buona parte dei clienti acquista Pegasus per sorvegliare gli oppositori politici, per lo spionaggio industriale dei partner commerciali, indagando sui privati e sui governi dei paesi vicini.
Il diritto internazionale inquadra soltanto in parte la vendita di queste armi informatiche mentre l’Nso Group nega con decisione le accuse. Ma le prove sembrano consistenti. E inquietanti.
Pegasus non è un semplice strumento di “ascolto telefonico”. Efficace e potente il software-spia può prelevare tutti i dati contenuti in un dispositivo, dalle fotografie alla rubrica fino ai messaggi scambiati su applicazioni teoricamente sicure come Signal o Whatsapp. Invisibile agli occhi dell’utente del telefono, il software può essere installato a distanza (senza che il “bersaglio” abbia bisogno di aprire un link) sfruttando i buchi nella sicurezza dei software Apple e Google.
Il software dell’Nso alimenta quindi il mercato degli hacker, spingendo centinaia di loro a cercare costantemente nuove vulnerabilità per poi vendere le loro scoperte all’Nso e a una manciata di altre società.
I più cinici – chi scrive come inviato di guerra ha avuto il telefono qui e all’estero controllato dozzine di volte – penseranno che si tratti di una pratica comune nei rapporti tra gli stati.
Tuttavia queste inchieste rivelano un vasto sistema di sorveglianza digitale che va ben oltre il quadro del “normale” gioco di spionaggio.
(Estratto di un post pubblicato sul profilo Facebook di Alberto Negri)
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