Il sindaco Beppe Sala, indagato con più di altre settanta persone per l’urbanistica di Milano sporcata, secondo la Procura, da affaristi senza scrupoli e complici in conflitto d’interesse, ha deciso di restare fidandosi della solidarietà pur condizionata del Pd, che si aspetta da lui una correzione, quanto meno, di rotta. Lo ha deciso e annunciato al Consiglio Comunale ostentando le sue mani dichiaratamente “pulite”, come nel titolo dell’inchiesta del 1992 sul finanziamento tangentizio della politica. E in quasi tutti i titoli di prima pagina guadagnatisi oggi dal sindaco indagato, al quale Carmelo Caruso ha attribuito tuttavia sul Foglio, “la faccia del Cristo in croce”.
In effetti, non era per niente felice. Meno infelice, in fondo, è apparso l’assessore alla cosiddetta rigenerazione urbanistica Giancarlo Tancredi, dimessosi spontaneamente nella speranza di evitare in questo modo, durante o dopo l’interrogatorio fissatogli per mercoledì in tribunale, l’arresto chiesto dagli inquirenti, per quanto domiciliare.
Credo che difficilmente il consigliere comunale della destra Enrico Marcora vedrà realizzato il sogno francamente osceno, espresso in un fotomontaggio e contrario anche alla linea garantista dichiarata dalla premier Giorgia Meloni a Roma, di un Sala detenuto, lasciato però dai carcerieri con i suoi calzini gioiosamente colorati ai piedi.
Ma non per questo la vita del sindaco nel residuo del suo secondo e ultimo mandato a Palazzo Marino sarà facile, anche per tutte le diffidenze e ostilità che si è procurato nella sua stessa area di cosiddetto centrosinistra da quando ha mostrato un certo interesse, una certa voglia di partecipazione, non credo marginale, al cosiddetto campo largo dell’alternativa al governo di centrodestra da proporre agli elettori nel 2027. Una voglia che insisto a sospettare gli sia in qualche modo costata anche la disavventura, chiamiamola così, di questi giorni per l’abitudine ormai consolidatasi in Italia di inquinare la politica con la giustizia, e viceversa.