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Caro Mattarella, su Musk e magistrati non mi ha convinto. Firmato: Cazzola

Siamo sicuri che l'Italia sa badare a se stessa, come dice il capo dello Stato replicando a Musk? Eppure sono almeno 30 anni che la democrazia italiana non riesce a difendersi dall'azione di alcuni settori della magistratura i quali sembrano perseguire obiettivi di sovvertimento dei poteri istituzionali. Il commento di Cazzola

Sergio Mattarella, dal Quirinale, si è messo alla guida di un popolo sull’orlo di una crisi di nervi, riconoscendogli, nei limiti ristretti consentiti in questa fase storica, le poche soddisfazioni possibili. E lo ha fatto con una certa imparzialità, dando un colpo al cerchio e uno alla botte dei due schieramenti in campo. Ha risposto piccato all’invadenza di campo di Elon Musk, nello stesso momento in cui si complimentava con Raffaele Fitto per il ruolo di cui sta per essere incaricato nell’ambito della Commissione europea.

Trovatosi nel mezzo di uno scontro violento e risoluto tra governo e magistratura sull’immigrazione clandestina, Mattarella ha voluto richiamare lo spirito di collaborazione, che le istituzioni della Repubblica, ciascuna nel quadro e nei limiti dei poteri assegnati, sono tenute a svolgere, senza competizioni né prevaricazioni. Nell’affrontare quest’ultimo aspetto, il presidente – il sottinteso non è stato notato a sufficienza – ha trovato il modo di fornire un contentino a quelle forze dell’opposizione che criticano le leggi approvate dalla maggioranza, manifestando la sua contrarietà a norme che pure ha dovuto promulgare. Ovviamente, queste affermazioni, rilasciate a poche ore di distanza dalla sentenza della Consulta sulla legge Calderoli, lasciavano intendere a quali fattispecie il presidente si riferisse.

Parlando agli studenti, Mattarella ha delineato le funzioni e i compiti assegnati al suo ufficio dalla Costituzione: «È fuori dalla contesa politica e durante il discorso del mio primo discorso di insediamento alle Camere, ho usato la metafora dell’arbitro aggiungendo che i giocatori devono aiutare, la pluralità nel rispetto delle regole è fondamentale. Certo, non sempre gli arbitri sono popolarissimi». Eppure – ha aggiunto il capo dello Stato – «essere arbitro significa sollecitare al rispetto delle regole tutti gli altri organi costituzionali, ricordare i limiti delle attribuzioni e delle sfere in cui operano: vale per il potere esecutivo, legislativo e giudiziario».

Sembra di vedere Sergio Mattarella nei panni di Otello Cellettiil vigile urbano impersonato da Alberto Sordi che dirige il traffico dalla pedana in Piazza Venezia, ma che non riesce ad evitare l’ingorgo perché il traffico non lo si governa con le esortazioni al rispetto reciproco e alla buona educazione, ma impartendo gli opportuni comandi e praticando – è anche questa la funzione dell’arbitro – le necessarie sanzioni a quanti violano le regole.

E’ giusto essere orgogliosi del capo dello Stato quando replica ad Elon Musk che ‘’l’Italia sa badare a se stessa’’. Basta solo avere, in camera caritatis, il coraggio di ammettere che NON E’ VERO. Sono almeno trent’anni che la democrazia italiana non riesce a difendersi dall’azione di settori ”deviati” della magistratura i quali perseguono obiettivi di sovvertimento dei poteri istituzionali, spesso ai limiti del golpe. Un predecessore di Sergio Mattarella, Francesco Cossiga, aveva indicato la sola soluzione possibile: mandare i carabinieri a circondare il CSM come si fa con i covi della malavita o con i corpi militari dello Stato che mettono a punto azioni per la presa del potere. Quali sono i primi obiettivi delle formazioni golpiste? Prendere possesso delle fonti di informazione.

In Italia le procure ‘’deviate’’ se le trovano spalancate alla propria propaganda, a cui va il sostegno indiscriminato dei media. Certo, nei casi più gravi è stata la magistratura giudicante a mettere a posto le cose, a demolire implacabile i teoremi più infondati. Ma quale è stato il costo pagato e impiegato nel riscattare dal fango una verità giudiziaria contrastata da una collusione tra uffici giudiziari, media e vasti settori di opinione pubblica addestrati alla subcultura dello sfascio?

Come si fa – anche alla luce delle sentenze della Suprema Corte di Cassazione – pensare alla buona fede della Procura di Palermo nell’indagine sulla trattativa Stato-Mafia? O magari – volando più basso – non vedere l’azione dolosa che – mediante un uso pretestuoso della possibilità di reiterazione diun reato (non ancora oggetto di prove certe) si è prefissa di far cadere in Liguria una Giunta, regolarmente eletta, al solo scopo di determinare una crisi che conducesse alle elezioni anticipate? Come si fa a non individuare una macchinazione quando dei pm indagano per corruzione internazionale una multinazionale che è un patrimonio del Paese, fino a manipolare quelle prove che avrebbero potuto fare luce sui fatti?

E’ stato Sabino Cassese a criticare aspramente le procure che «oggi sono diventate il quarto potere dello Stato», non contemplato dalla architettura costituzionale. Abusare di un potere – cruciale come quello di disporre della libertà e della dignità di un cittadino – è un reato, una condotta criminosa che non si risolve con la separazione delle carriere o con qualche marchingegno istituzionale. Basta leggere l’Art. 28 della legge fondamentale. ‘’I funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti. In tali casi la responsabilità civile si estende allo Stato e agli enti pubblici’’.

Vi è poi il caso di incriminazioni non di origine legislativa ma giurisprudenziale, tra le quali spicca il c.d. concorso esterno nei reati associativi ‘’ove l’imputato – ha scritto un grande penalista come Filippo Sgubbi -potrà apprendere solo dal dispositivo della sentenza – e quindi ex post – se la propria condotta rientra o meno in tale figura’’. La giurisprudenza – che dovrebbe limitarsi a decidere sul caso concreto – è divenuta, impropriamente, non solo fonte del diritto, ma persino creatrice della norma, al posto e in sostituzione del potere legislativo. Di questa devianza abbiamo esempi più recenti di quella fattispecie ricordata, tanto cara all’antimafia. Si fastrada, nell’applicazione della legge Severino, il profilo di una corruzione con mezzi legali ( se ne è parlato nel caso Toti).

Ma un siffatto criterio non potrebbe valere anche in materia di esercizio obbligatorio dell’azione penale che è pur sempre un eufemismo affidato alla discrezionalità del pm?

In buona sostanza, se è vero che il principio della sovranità popolare non può entrare in contraddizione con lo spirito delle leggi fondative di una comunità è altrettanto assodato che una democrazia ha il diritto di difendersi (se ne è capace, da sola) da una casta di bramini che ne insidia l’autonomia. Per partito preso.

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