Caro 27 gennaio, o forse sarebbe meglio e più giusto iniziare con un caro Giorno della Memoria, così da ricomprendere tutto l’arco temporale della Memoria istituzionalizzata, che si snoda oltre la durata di un giorno. Ho letto le dure parole che ti sono giustamente state rivolte sulle pagine de Il Foglio il 23 gennaio, nell’articolo firmato da Pierluigi Battista, in cui vieni definito come una “scommessa culturale perduta” e di cui condivido pienamente l’intento critico.
La tentazione di disertare le manifestazioni pubbliche organizzate per celebrarti devo ammettere che è molto forte, alla luce di quanto è accaduto dall’8 ottobre 2023 in poi. Non è tanto la mancanza di comprensione o di empatia per quanto avvenuto durante la Shoah e il 7 ottobre a preoccuparmi, anche se in questo anno il più delle volte questa è sfociata in atti di puro antisemitismo, quanto piuttosto l’assenza totale di una volontà di impegnarsi in un’analisi profonda degli avvenimenti, di allora come di ora. Confusione e mescolanza di termini, che richiedono ognuno uno suo spazio ben delimitato, sovrapposizione dolosa di piani e di fatti, che hanno in comune tra di loro esclusivamente la parola ebreo. Tutto ciò per non fermarsi sull’evoluzione di un termine, com’è quello di antisemitismo, sempre più spesso banalizzato, per non dire inflazionato.
Non è questa l’occasione per tracciarne la storia e il suo impiego, però non si può rimanere indifferenti di fronte alla dimenticanza della ricostruzione del suo percorso iniziato nella notte dei tempi e oggi trasformatosi fino a comprendere il termine di antisionismo, secondo la condivisa ricostruzione dell’IHRA (International Holocaust Remembrance Alliance). Ecco si, mi sarebbe piaciuto molto partecipare a un dibattito avente un titolo “Da Auschwitz al 7 ottobre. Il percorso dell’antisemitismo”, così da legare in un filo immaginario eventi storicamente e contestualmente lontani.
L’apertura dei cancelli di Auschwitz vista nella sua proiezione temporale, come lezione di resistenza e resilienza, passaggio fondamentale per l’affermarsi di una nuova coscienza occidentale, di cui oggi si avvertono i limiti nell’incompleta elaborazione del lutto. Volendo essere precisi, non si può continuare a nascondere sotto il tappeto della storia l’apporto sostanziale dato dalla Memoria della Shoah alla creazione delle Costituzioni degli Stati europei, che si vantano di avere nel proprio DNA i principi della Resistenza e dell’antifascismo. Gli stessi principi oggi distorti in un’appartenenza legata ad atti di puro terrore come quelli del 7 ottobre, sfociati in un eccidio che non ha con essi alcun legame.
Sono sicura che non era questo il tuo intento quando hai visto la luce e sarebbe interessante capire che cosa non ha funzionato e come si sia arrivati alla tua trasfigurazione. Immagino il tuo senso di vuoto nel venire a conoscenza di tutto ciò, perché è anche il mio. Un profondo senso di smarrimento, dovuto a chi vorrebbe porre in discussione la mia identità ebraica e il mio legame ancestrale con la terra di Israele.
Allora all’apertura dei cancelli di Auschwitz il mondo coniò Never Again, per imporre a se stesso l’importanza della Memoria. Oggi forse è giunto il momento di adattare questo “paradigma” al nuovo abisso in cui stiamo sprofondando. David Meghnagi nel suo libro, Le sfide di Israele. Lo Stato ponte tra Occidente e Oriente, riporta un proverbio arabo <<Chi vive in un’isola deve farsi amico il mare>>, a significare la necessità di Israele di aprirsi alla galassia di Stati arabi che lo circonda come unica via per la pace, e forse davvero l’apertura all’Altro è l’unica strada percorribile, come espressione della sua vocazione più profonda.
Sentimenti questi, di apertura e di pace, che nei tuoi confronti sono stati stracciati, trasformandoti in uno strumento di lotta politica, che ha come unico scopo quello di tacitare le coscienze per una manciata di giorni. È proprio questo a cui io non voglio prestarmi, il mio ebraismo e la mia Memoria non sono una merce da baratto e tu, mio caro Giorno della Memoria, proprio perchè sei nato per l’Altro, devi recuperare il tuo senso originario, lontano anni luce da violenze che non ti appartengono.