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vendita giornali gedi

Cari giornalisti, chi è causa del suo mal pianga se stesso

Ruvide considerazioni a margine sulla vendita in corso dei giornali del gruppo Gedi. Il commento dell'economista Riccardo Puglisi tratto da Substack

 

Qui metto in forma schematica, senza fronzoli, alcune considerazioni sulla crisi dei giornali, esemplificata dalla recentissima vendita de La Stampa da parte della famiglia Agnelli/Elkann. Mi si consenta di dire che ho letto in giro considerazioni eccessivamente costernate, che andrebbero affiancate da considerazioni più vicine alla realtà dei fatti, come le seguenti cinque:

1) La struttura dei costi dei quotidiani era un tempo giustificata da un numero di copie vendute largamente superiore a quello attuale. Ai tempi d’oro Corriere della Sera e Repubblica arrivavano a 700mila copie giornaliere vendute per ciascuno. Ora si tratta di un livello di costi semplicemente eccessivo.

Perché mai i proprietari di giornali dovrebbero continuare a subire perdite senza speranza di ripresa a motivo di costi che non si riescono a comprimere in maniera sufficiente?

2) All’interno di questa struttura dei costi, esistono meccanismi gerontocratici massicci, tali per cui i giornalisti anziani ai vertici delle strutture interne ricevono stipendi estremamente elevati, mentre moltissimi giovani (e non solo giovani, in verità) hanno stipendi bassi oppure una situazione precaria, nella forma di pubblicisti che ricevono importi bassissimi per ogni pezzo scritto. A che cosa mi riferisco? Una decina di euro al pezzo.

Quali meccanismi di incentivazione perversa possono scaturire da questo stato delle cose? Qual è la probabilità di arrivare agli stipendi dei vertici attuali? Oppure soltanto alla metà?

3) Moltissimi giornalisti di vertice nella carta stampata riempiono i talk show televisivi, con dubbi effetti sulle vendite dei giornali, anche perché -credo per sciocca o intelligente pigrizia- i giornalisti stessi dicono in TV GRATIS quello che scrivono sui giornali.

Perché mai dovrei comprare un giornale quando la parte succosa del contenuto è già stata anticipata GRATIS in TV dal giornalista ospite del talk show?

4) La stessa considerazione può essere svolta con riferimento all’attività dei giornalisti celebri sui social network, e in particolare sull’odiatissimo X/Twitter.

Se tu giornalista spocchiosamente metti su X/Twitter il contenuto dei tuoi pezzi oppure direttamente l’intero pezzo che hai scritto per il giornale, per quale santissima ragione io dovrei comprare il giornale, avendolo già letto/sorbito qui?

5) Nell’era dei social network, vi sono soggetti indipendenti (ad esempio noi professori universitari, ma non solo) che sono piuttosto bravi a intraprendere dibattiti con gli utenti, talora con approccio ideologico chiaro. Personalmente cerco di preferire il metodo scientifico, ma la componente ideologica in ciascuno di noi esiste, va tenuta in considerazione, e tutto sommato rende il dibattito “interessante”.

Quale vantaggio comparato hanno gli editori a stampare giornali fortemente ideologizzati quando trovi polemisti molto migliori su X/Twitter, oppure qui su Substack, compresi i giornalisti stessi di quei giornali, intenti a cannibalizzarli ogni santo giorno? [vedi punto 4]

E dunque.

Il messaggio è dunque questo: “per quanto vi consideriate assolti, siete lo stesso coinvolti”.

(Estratto dalla newsletter ricpuglisi di Riccardo Puglisi)

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