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Londra

Ecco chi farà la festa a Boris Johnson

il report di Sue Gray sul partygate inguaia Johnson.

 

“Si dovrà dimettere adesso, Primo Ministro?”, ha chiesto il capo della redazione politica di Sky News, Beth Rigby, a un Boris Johnson che si apprestava ad abbandonare Downing Street per una sessione straordinaria di Question Time, tenutasi di lunedì in seguito alla pubblicazione del report di Sue Gray sul Partygate. E, in effetti, la sessione è stata davvero straordinaria. Le 12 pagine prodotte dall’alta funzionaria di Whitehall sono state dinamite politica per Johnson. “Mancanza di leadership a Downing Street e nel Cabinet Office”; “Eventi che non avrebbero dovuto avere luogo o che hanno preso una piega sbagliata”; “Report redatto in modo incompleto in attesa dell’inchiesta della polizia”; “16 eventi considerati”; “L’uso sproporzionato dell’alcol sul luogo di lavoro è inappropriato”; “Downing Street ha visto il suo organico crescere in modo spropositato negli ultimi anni, tanto da diventare una specie di dipartimento governativo”. Queste le frasi che più hanno colpito i media, i parlamentari e il pubblico britannico.

Johnson ha affermato di volere andare avanti, dopo essersi, nuovamente, profuso in scuse e richieste di perdono. “Ho capito e sistemerò le cose”, ha detto il Primo Ministro in una Camera dei Comuni ribollente. Il leader Tory ha voluto occuparsi per prima cosa dell’aspetto organizzativo, annunciando la nascita dell’Ufficio del Primo Ministro a Downing Street, affidato a un Permanent Secretary, proprio come se il numero 10 più famoso del Regno Unito fosse un ministero. A guidarlo non saranno certo l’attuale capo staff, Dan Rosenfield, o il suo segretario personale, Alfred Reynolds, ma probabilmente un nuovo arrivato: si fa il nome di Antonia Romeo, capo di gabinetto del Ministero di Giustizia. In arrivo come consigliere politico anche David Canzini, storico alleato del pollster australiano Lynton Crosby, da anni collaboratore e guru elettorale dei Conservatori.

Le parole di Johnson, però, non sono bastate a calmare la rabbia degli MPs. Specialmente di quelli Conservatori. L’ex Premier Theresa May lo ha attaccato duramente dicendogli che “o non capisce le regole o pensa che a lui non si applichino”. Andrew Mitchell, ex ministro ai tempi di Cameron, ha annunciato che “il Primo Ministro non ha più il suo sostegno”. Aaron Bell, il deputato di Newcastle-Under-Lyme, neo-eletto nel 2019, ha raccontato del funerale di sua nonna durante il lockdown, senza parenti e senza conforto della famiglia, chiedendo al Premier se “pensa che il mio comportamento sia stato quello di un idiota”. Alla fine, Johnson ha incontrato il gruppo parlamentare in serata – dopo essere stato costretto a rinviare una telefonata a Putin – e ha cercato di parare il colpo. “Quasi morivo di Covid”, ha detto il leader alla sua ciurma, nel tentativo di calmare le acque. E ha anche dovuto promettere che il report completo di Sue Gray sarà pubblicato dopo l’inchiesta della polizia. I suoi fedelissimi hanno descritto l’incontro come “positivo”, ma la sensazione è che le lettere di sfiducia possano arrivare al Comitato 1922 fino a toccare la fatidica soglia delle 54 unità e mettere ai voti la permanenza di Johnson come leader Tory e a Downing Street.

Il problema è la tempistica. La Metropolitan Police potrebbe anche impiegare un anno per portare a termine la sua inchiesta. Ieri ha comunicato di avere raccolto oltre 500 pagine e 300 fotografie degli eventi, e starebbe indagando anche su 3 drink a cui avrebbe partecipato lo stesso Johnson, più uno nel suo appartamento di Downing Street. La sicurezza dell’ufficio politico e statale più importante del Regno Unito sembra sia stata violata più volte da voyeur e semplici collaboratori senza senso delle istituzioni, ma al pubblico interessa di più il gossip sulle feste. Così pare che Carrie, la moglie di Johnson, ne abbia organizzata una nel giorno del licenziamento di Dominic Cummings, l’ex consigliere politico di Johnson e, quasi certamente, l’autore delle soffiate che lo stanno inguaiando.

Le opposizioni hanno avuto quella che in inglese si definisce “a field day”, una giornata piena. Il leader del Labour, Sir Keir Starmer, ha attaccato Johnson sostenendo che ormai è “sotto inchiesta penale”, rinnovando l’invito a dimettersi e quello ai deputati Conservatori di sfiduciarlo. Anche i LibDems e i nazionalisti scozzesi hanno rincarato la dose. Il leader dell’SNP, Ian Blackford, è stato anche allontanato dall’Aula per avere affermato che “Johnson ha ingannato il Parlamento”. Lo speaker dei Comuni, Sir Lindsay Hoyle, lo ha invitato a ritrattare, ma di fronte alla reiterazione dell’offesa, non ha potuto fare altro che indicargli la strada dell’uscita. Chissà se un giorno le parole di Blackford corrisponderanno al vero.

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