Non so con quali armi si combatterà la terza guerra mondiale, diceva Einstein, “ma so che la quarta si farà con pietre e bastoni”.
Il grande fisico tedesco pronunciò la sua celebre frase all’indomani del 6 e 9 agosto 1945, quando per la prima volta nella storia dell’umanità due bombe atomiche lanciate da aerei statunitensi rasero al suolo rispettivamente Hiroshima e Nagasaki.
Al prezzo di oltre 200 mila morti e quasi altrettanti feriti e di una distruzione e contaminazione a tempo indeterminato arrivarono la resa del Giappone e la fine del catastrofico secondo conflitto mondiale.
Ora che l’universo s’appresta a ricordare gli 80 anni di quella orribile morte in massa all’istante e senza precedenti, l’impegno di tutti, non solo dell’Onu che sulle armi nucleari ha promosso trattati di proibizione e di non proliferazione non si sa quanto in concreto efficaci, la vera sfida è come smentire l’amara previsione di Einstein.
Perché la terza guerra mondiale a pezzi, come la denunciava Papa Francesco, si sta già combattendo. E la quarta si deve evitare a qualunque costo, visto che nel globo sono presenti -dicono gli esperti e quanti cercano di disarmare il pianeta da questa prospettiva senza ritorno-, almeno 12.500 bombe atomiche, di cui 2.000 pronte per ogni evenienza. E comunque ne basterebbero una cinquantina per disintegrare la Terra e sterminare i suoi distratti abitanti.
Molto distratti, gli umani, se si pensa ai ciclici “avvertimenti” di Vladimir Putin sul nucleare a sua disposizione e alle più esplicite minacce dell’ex presidente, Dmitry Medvedev.
Così esplicite, che il presidente americano, Donald Trump, ha preso sul serio le “gravi parole” di quest’uomo, ordinando a due sottomarini di avvicinarsi alla Russia, “perché è meglio stare attenti e voglio assicurarmi che le sue parole siano solo parole”. A stretto giro Putin ha annunciato che presto schiererà missili ipersonici in Bielorussia.
Ma non è solo una spirale, pur perversa, di canto e controcanto guerresco. Per impedire la costruzione dell’atomica, poco più di un mese fa gli Stati Uniti bombardarono i siti iraniani a ciò preposti. A nessuno può sfuggire dove possa portare una tale bomba nelle mani di chi dichiara di odiare i suoi additati nemici.
Il punto, allora, è capire dove finisca la strategia della deterrenza e della dissuasione, che il nucleare ha finora assicurato ai suoi possessori, scoraggiando potenziali aggressori proprio per la devastante reazione che essi avrebbero provocato. E capire dove invece cominci il cortocircuito degli errori che possono condurre agli orrori.
Molte variabili, oggi, impongono massima prudenza: dai rischi di incidenti sull’atomica versione 2025 a valutazioni sbagliate sul pericolo altrui. Da attacchi informatici a infiltrazioni di terroristi, alla politica senza controlli di chi governa Paesi non democratici (purtroppo rappresentano la maggioranza della popolazione mondiale). Strapoteri privi di responsabilità e di scrupoli, di contromisure e trasparenza.
Ottant’anni dopo, Einstein ripeterebbe le sue parole del 1945.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Bresciaoggi e Gazzetta di Mantova
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