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Cosa c’è dietro alle parole di Berlusconi sul reddito di cittadinanza

La nota di Paola Sacchi.

 

Allo stupore un po’ ingenuo per lo scoop del Tempo con l’intervista del direttore Franco Bechis a Silvio Berlusconi, che apprezza il reddito di cittadinanza come strumento per combattere “la povertà”, premettendo che i casi di “furbetti” sono stati “poca cosa”, verrebbe da rispondere ricordando un Berlusconi altrettanto a sorpresa del 2016. Anche, allora, guarda caso, c’era di mezzo Matteo Renzi, in quel caso sul referendum costituzionale. Ma, al di là del merito della questione, sempre di “guerra” al centro si trattava. E si tratta, ora.

Ovvero, la sfida di un Berlusconi che non ci stava e non ci sta a farsi dettare l’agenda da Renzi o da Carlo Calenda o chi per loro. Non solo per indole personale, per la quale fa solo sorridere immaginarlo in quelle vesti, ma perché il centro si ritiene lui e come tale può quindi dialogare anche con i Cinque Stelle, sempre però in quello schema bipolare che l’ex quattro volte premier e presidente di FI conferma a Bechis. E confermano i suoi, dal numero due Antonio Tajani ieri a Il Corriere della Sera ad Alessandro Cattaneo, capo dei dipartimenti azzurri, a “StaseraItalia”, Rete 4: “Il centro è Forza Italia , stando nel centrodestra”.

Questo tanto più in vista della partitissima Colle, dove Berlusconi non si è candidato né lo hanno candidato. Ma dove ormai è entrato, comunque andranno le cose, già nella rosa dei Presidenti possibili. E in ogni caso, se dovesse davvero scendere in campo dalla quarta votazione o invece restare al posto quasi a capotavola al quale di fatto già si è messo, proprio nel momento in cui Renzi alla Leopolda tira bordate a raffica contro i Cinque Stelle, Giuseppe Conte e il Pd, loro alleato, lanciando il centro, evidente che il fiuto da “giocatore” del calibro del Cav si affina. E intravede spazi vuoti da riempire. Si smarca, quindi, da una vulgata che lo descrive appeso ai voti, pur necessari, di Renzi se vuole andare al Colle.

Ma l’ex premier e leader di Iv a un certo punto è parso anche disegnare un identikit del nuovo Capo dello Stato ,”riformista, europeista, anti-sovranista”, nel quale attenti osservatori hanno subito intravisto l’attuale Commissario UE agli Affari Economici Paolo Gentiloni, più che Pier Ferdinando Casini di solito attribuito nelle opzioni a Renzi. Comunque nomi che Berlusconi sa bene che non corrispondono esattamente ai desideri anche dei suoi alleati Matteo Salvini e Giorgia Meloni.

La questione, quindi, va ben oltre il reddito di cittadinanza, sul quale vistosamente il Cav ieri ha detto il contrario di Renzi (da notare che, invece, con Bechis boccia a spada tratta la legge Fornero, in piena sintonia con il leader leghista). E, comunque, anche allora, nel 2016, la questione andava ben oltre il merito dello stesso referendum costituzionale. Il punto era che “Renzi i miei voti non li prende”, disse così ai suoi il Cav. Da qui quell’uscita anche allora a sorpresa, in occasione della presentazione annuale di un libro di Bruno Vespa, su “quei bravi ragazzi di Di Battista e Di Maio” e le loro proposte “per I poveri”, che fece schizzare il No a un referendum, già segnato, a quasi il 60 per cento. Con solo un elettore di Forza Italia su tre o su quattro a votare Sì.

Un Berlusconi solo tattico e strumentale? Il deputato azzurro Sestino Giacomoni ricorda che già nel 2018 il Cav aveva proposto “un reddito di dignità”. E , comunque, da notare che nell’intervista a Il Tempo il leader azzurro parla in generale di “risposte sbagliate” dei Cinque Stelle a “problemi reali”, che hanno colto “le novità del Paese”.

Ora, definire Berlusconi “assistenzialista” sarebbe dura anche per il più acerrimo avversario politico. Semmai, come spiega chi lo conosce fin dagli 80 quando era un imprenditore già di successo, “Berlusconi in una mossa ha detto: il centro e non un centrino sono io. E, al tempo stesso, ha anche acquistato credito con i pentastellati, qualsiasi cosa deciderà per il Colle”. L’altra mossa da “baricentro”, per la stabilità del Paese , in nome della quale si dice in totale sintonia con il governo “di emergenza” di Mario Draghi, è stata sabato scorso il famoso video della terza dose di vaccino. Alla maniera del “gran comunicatore”.

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