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Quirinale Berlusconi

Berlusconi, De Benedetti e il bon ton

Vi racconto le mie personali impressioni su Berlusconi e De Benedetti. Il corsivo di Teo Dalavecuras

Non è di bon ton, direbbe Lina Sotis, intrufolarsi in una rissa di cortile, sia pure mediatico, tra due protagonisti come Silvio Berlusconi e Carlo De Benedetti per scippare qualche secondo del quarto d’ora di celebrità che spetterebbe a chiunque, come disse uno che se ne intendeva. La tentazione però esiste. In questo caso la tentazione nasce dal commento di Mariastella Gelmini all’invettiva di De Benedetti che il 4 settembre 2020 (in queste cose le date sono importanti) disse: “Berlusconi è stato un grande imbroglione”. Ecco che cosa gli ha risposto la signora Gelmini: “Farebbe bene ad astenersi da simili commenti, visto che perfino Di Maio ha imparato a rispettare gli avversari politici. Ma Di Maio, al confronto di De Benedetti, è un membro della Camera dei Lord”.

L’argomento – me ne scuso con gli eventuali lettori – non è di quelli che si possono liquidare con una battuta, è delicato.

Per cominciare, la “critica delle fonti”. Le dichiarazioni sono riportate dal Corriere della Sera, che su Berlusconi è la massima autorità conosciuta, dalla prima pagina sull’avviso di reato notificato a Napoli quando era presidente del Consiglio, fino alla confidenziale conversazione ad Arcore con Ferruccio de Bortoli quando le nuvole addensate sulla storia d’amore tra Silvio e Veronica annunciavano tempesta imminente e devastante.

Sul contenuto della risposta dell’onorevole Gelmini, direi questo. Anzitutto quel “perfino” mi pare un po’ fuori posto: se si deve giudicare da quel che ha fatto e/o ha smesso di fare in questi due anni, “Giggino” (mi perdonerà la confidenza) è stato gravemente sottovalutato dai media, e sta venendo fuori meglio dell’ingegner Casalino, e qui il “perfino” forse ci starebbe. In secondo luogo, non ho mai frequentato membri della Camera dei Lord e quindi su questo punto prudentemente preferisco non pronunciarmi.

Fatte queste tre essenziali precisazioni vengo al dunque. Benché non abbia mai avuto consuetudine o confidenza col Cavaliere né con l’Ingegnere (come usava chiamarli nei tempi lontani in cui i protagonisti della scena economica erano delle star), negli anni Ottanta, nella mia breve e semiclandestina “vita” di giornalista, mi era capitato una volta di incontrare entrambi a poca distanza di tempo l’uno dall’altro. Si parla di impressioni fuggevoli che non valgono questi bytes, a meno di essere seguaci di Karl Kraus (“Niente è più profondo di ciò che appare in superficie”).

Sia l’uno sia l’altro mi lasciarono l’impressione – com’è statisticamente inevitabile con personaggi di quella stazza – di due grandissimi manipolatori da maneggiare con la massima cautela. Ma quel che conta sono sempre le differenze. Berlusconi usava la provocazione per fare uscire allo scoperto l’interlocutore e poi “trattarlo” come andava trattato; soprattutto dava l’idea di divertirsi: un’impressione complessiva di leggerezza. Non posso dire altrettanto di De Benedetti, che mi parve piuttosto impegnato a imprimere nell’interlocutore l’immagine di uomo grave, pensoso, e assolutamente per bene, con qualche ammiccamento buttato lì e nessuna curiosità.

Ora, non voglio esprimermi sulla patente di cafone che la signora Gelmini ha garbatamente consegnato all’Ingegnere, perché credo nella presunzione di innocenza anche rispetto a questo tipo di “accuse”. La mia impressione rimane quella di due personaggi di cui l’uno, Berlusconi, è sempre incuriosito da un nuovo interlocutore mentre, l’altro, De Benedetti, non riesce a nascondere nemmeno ai più distratti (come il sottoscritto) il suo incontenibile bisogno di manipolare il prossimo e il suo totale disinteresse per chi gli sta davanti.

Poi diciamo la verità: scatenare a freddo una polemica su Berlusconi, cioè sul bersaglio più scontato che si possa immaginare, solo perché tra una decina giorni esce il tuo nuovo giornale, nel quale hai investito la miseria di 10 milioni di euro, e ti chiami Carlo De Benedetti, è qualcosa che si può definire in molti modi ma che, di sicuro, Lina Sotis non chiamerebbe chic.

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