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Johnson

Perché Beppe Severgnini ha sbagliato giudizio su Boris Johnson

Il commento di Francesco Giubilei

A distanza di tre anni si ripete lo schema Trump: schernire, ridicolizzare, deridere il neoeletto leader politico con l’obiettivo di sminuirlo, farlo passare per un incompetente, un miracolato della politica e un pericoloso demagogo populista che è riuscito a ingannare il popolo credulone. I mainstream e liberal media italiani lo avevano fatto con Donald Trump e ora ripropongono lo stesso disegno con Boris Johnson a cui auguriamo il medesimo successo di Trump (disoccupazione ai minimi storici, economia in forte crescita, importanti risultati in politica estera). Johnson non è di certo il leader perfetto né il politico conservatore che tutti sogniamo: non è nuovo a gaffe, cadute di stile, burrascosi rapporti sentimentali e uno stile (non solo comunicativo) quantomeno bizzarro ed estroso. Ma non è nemmeno un leader “inadeguato” a cui mancano “la preparazione, la coerenza, l’affidabilità e la precisione” come scrive Beppe Severgnini in un editoriale sul “Corriere della Sera”. Accusare Johnson di impreparazione è bizzarro, basta leggere il suo curriculum che fa impallidire anche i politici italiani più competenti (parola cara a una certa area nel nostro paese). Dopo aver frequentato l’Eton College, scuola di eccellenza per l’élite inglese, si laurea a Oxford dove eccelle nelle materie letterarie distinguendosi per l’attività nelle associazioni studentesche e nei giornali universitari. Terminati gli studi, si afferma nel mondo del giornalismo scrivendo per alcuni dei principali quotidiani nazionali inglesi tra cui The Times e The Daily Telegraph prima di diventare direttore di The Spectator. La penna di Johnson è sopraffina e scrive una serie di libri tra cui una delle migliori biografie di Churchill in circolazione intitolata The Churchill Factor.

Allo stesso modo definire inaffidabile l’uomo che ha governato come sindaco la città di Londra per due mandati (a tutti gli effetti una città-stato per parafrasare Parag Khanna) promuovendo una serie di politiche che dovrebbero piacere anche ai più liberal (celebre la sua campagna sulla mobilità sostenibile e l’introduzione delle biciclette pubbliche in città), introducendo importanti riforme e gestendo le Olimpiadi in città nel 2012, appare paradossale.

Senza dubbio Johnson ha tutte le caratteristiche per non piacere al mondo liberal, anzitutto ha un grave peccato originale: è un conservatore. Nel discorso dopo la vittoria alla primarie del Partito Conservatore ha affermato: “i conservatori sono bravi a capire gli istinti della natura umana”, una frase che esplicita tutta l’influenza di Burke, Chesterton, Tolkien, Newman. A onor del vero il suo concetto di famiglia e le burrascose vicende private e sentimentali non sono molto in linea con il conservatorismo ma gli inglesi sembrano aver anteposto alle sue scappatelle una visione che si può riassumere con “chi è senza peccato scagli la prima pietra”.

In secondo luogo Johnson è l’emblema del politicamente scorretto, le sue esternazioni, il modo di vestirsi, la sua chioma bionda, le sue battute e la contagiosa simpatica trasmettono una (vera o costruita) genuinità e vicinanza al popolo che nella politica contemporanea è vincente.

Ma il vero motivo per cui il Partito Conservatore ha sostituito Theresa May e scelto una figura come Johnson è la spinosa gestione della questione brexit. L’ex sindaco di Londra ha promesso che con o senza accordo il 31 ottobre ci sarà la brexit, da questo punto di vista gli ottimi rapporti con Donald Trump sono un aiuto importante per il neoleader che può contare su un alleato di primo piano. Su come verrà gestita la Brexit nei prossimi mesi si gioca il futuro politico non solo di Johnson ma in generale la credibilità della Gran Bretagna uscita indebolita dalle trattative portate avanti fino ad oggi. Johnson avrà il compito di ratificare l’uscita dell’Uk dell’Ue ma anche di dimostrare al mondo intero che l’economia inglese potrebbe riuscire a prosperare anche fuori dall’Unione europea.

(articolo pubblicato sul blog di Nicola Porro)

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