Impossibile perfino per Vladimir Putin, che alla guerra si sta dedicando con dedizione dal 24 febbraio 2022, negare quanto il Vaticano si stia da allora e a sua volta applicando alla pace con altrettanta cura.
Difficile, certo, immaginare che la differenza in apparenza insanabile tra chi spara e chi spera -spera e prega per la fine di ogni violenza-, possa ricomporsi. Ma Gandhi ha insegnato al mondo che, quando una causa è giusta, non c’è prepotenza militare capace di annientarla. Prima o poi anche la pace, che di tutte le cause moderne è la più giusta, riuscirà a imporsi sugli irriducibili guerrafondai del nostro tempo.
La Santa Sede si prepara a quel giorno -non lontano nell’auspicio dei più-, per far sedere l’invasore allo stesso tavolo dell’aggredito. Già si parla di un negoziato a metà giugno tra Russia e Ucraina in un’apposita sala che si starebbe predisponendo in Vaticano, luogo neutrale di mediazione. Neutrale e credibile, perciò meritevole della fiducia dei contendenti.
La credibilità, del resto, è testimoniata dagli appelli quotidiani di Papa Francesco per la “martoriata Ucraina” e l’invio di suoi diplomatici a Mosca nella vana speranza di interloquire con Putin. E di tentare, almeno, di riportare a casa quei bambini ucraini che le truppe dello Zar hanno prelevato con la forza dalle loro famiglie per “russificarli” a Mosca. Circostanza che ha fatto scattare la richiesta di arresto per Putin da parte della Corte penale internazionale per crimini di guerra.
Papa Leone ha rinnovato con ancor più rigore la linea pacifica della Chiesa. “La pace sia con voi”, sono state le sue prime parole da appena eletto pontefice. Per l’Ucraina ha esortato a trovare non una pace qualsiasi, bensì “giusta e duratura” nella sua prima celebrazione in Piazza San Pietro. Guadagnandosi subito la gratitudine del presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, perché è esattamente ciò che il suo popolo chiede al mondo: giustizia e sicurezza per porre fine al conflitto.
Dunque, quel che è da poco fallito a Istanbul, la città turca che con la mediazione del presidente Erdogan s’era offerta per trattative subito disattese da Putin (dal quale, in prima e ultima analisi, tutto dipende), potrebbe ora riproporsi nella Santa Sede. Con il favore già espresso da Donald Trump -impotente nel convincere l’amico Vladimir almeno a una tregua delle armi-, dagli europei, dalla nostra presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e dalla stessa “altra parte” Zelensky. Ma il primo passo, come spiegano le autorità dell’importante e apprezzata rete diplomatica del Vaticano, spetta a Putin. E sul tema Mosca temporeggia e smentisce incontri in arrivo, pur ringraziando il Papa per la disponibilità dimostrata.
Non bisogna poi scordare che la Chiesa ortodossa e il suo patriarca Kirill, sempre a fianco dello Zar, hanno un atteggiamento molto prudente su un negoziato proprio a Roma. Non che Putin si faccia condizionare da Kirill, figurarsi, ma gli ortodossi non spingono certo verso la Città Eterna.
Tuttavia, parlare di pace in Vaticano non è più solo una suggestione.
(Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza, Bresciaoggi e Gazzetta di Mantova)