Il periodo delle elezioni, in Italia, normalmente scatena la fantasia dei partiti e delle coalizioni nel “cucinare” appetitosi programmi elettorali che si presentino come grandi novità e irresistibili panacee di tutti i mali.
Anche per l’attuale tornata è così, con una differenza: l’elettorato è molto più attento, oltre che spaventato dalle contingenze economiche e politiche nazionali e internazionali. Inoltre all’elettore mediamente attento non è sfuggito che il lavoro indefesso del governo Draghi era chiamato a guidare un Governo di Unità Nazionale, unica opportunità per condurre la Nave Italia fuori dalla peggiore burrasca del dopoguerra, con la prospettiva di cedere il timone al momento giusto, stabilito dalla Costituzione.
Invece no: dalla sfiducia dei Cinquestelle, al conseguente carpe diem, tutto è precipitato, ma ormai è storia che ci serve solo per non avere la memoria corta.
Certo è che ora per gli elettori è un dovere, ancor prima che un diritto, agire con la matita nelle urne perché, se nulla sarà fatto per evitare gli epiloghi più tragici, si perderà anche il diritto di piangere. Ecco perché è necessario porre la massima attenzione ai programmi e alle liste dei candidati.
È ovvio che in questo marasma di tranci sul banco le questioni di fondo che riguardano il futuro della Scuola italiana – e quindi dell’Italia tout court – non si colgono più; per questo occorre tenere tenacemente accesi i riflettori su quel frammento di libertà negata a cittadini elettori: le scuole pubbliche paritarie e statali soffrono per la penuria di docenti abilitati, per il peso della burocrazia che le sfianca, per i fondi sempre più scarsi o peggio sprecati, per la fatica delle famiglie a pagare due volte nelle pubbliche paritarie.
Ma è soprattutto la paura per il futuro che deve accendere i riflettori sulla scuola pubblica paritaria e statale per evitarne il tracollo. Molti gestori, docenti e genitori si domandano: che fine ha fatto la Scuola, cioè l’unica salvezza possibile per un Paese vecchio, indebitato, affamato di competenze, insidiato dalla malavita organizzata che pesca a piene mani nell’ignoranza, nell’ideologia e nel degrado sociale?
Il blocco del Family Act, causato dalla crisi di governo, mette a rischio il futuro dell’Italia.
La legge conteneva disposizioni di delega al Governo per l’adozione, il riordino e il potenziamento, disposizioni volte a sostenere la genitorialità e la funzione sociale ed educativa delle famiglie, per contrastare la denatalità, per valorizzare la crescita armoniosa e inclusiva dei bambini e dei giovani, per sostenere l’indipendenza e l’autonomia finanziaria delle giovani generazioni, nonché per favorire la conciliazione della vita familiare con il lavoro di entrambi i genitori e per sostenere, in particolare, il lavoro femminile.
In particolare, poi, si affermava il valore sociale delle attività educative e di apprendimento, anche non formale, dei figli, attraverso il riconoscimento di agevolazioni fiscali, esenzioni, deduzioni dalla base imponibile o detrazioni dall’imposta sul reddito in relazione alle spese sostenute dalle famiglie, ovvero attraverso la messa a disposizione di un credito o di una somma di denaro vincolanti allo scopo, con i fondi del PNRR.
Il Family Act prevedeva inoltre misure di sostegno alle famiglie, mediante contributi destinati a coprire, anche per l’intero ammontare, il costo delle rette relative alla frequenza dei servizi educativi a partire dall’infanzia.
Si garantivano la libertà di scelta educativa dei genitori, il dritto di apprendere degli studenti, il diritto alla libertà di insegnamento degli insegnanti, attraverso la definizione – già peraltro chiara al Ministero – dei costi standard, per favorire gli investimenti ed evitare lo spreco.
Ripeto ciò che è assodato da un decennio e che dovrebbe essere parte integrante dell’immaginario di chi pensa e ragiona: solo dall’applicazione dei costi standard avremo pluralismo educativo, scuola di qualità, spesa razionale dei soldi dei cittadini. Oggi un allievo costa allo Stato in media di 8000 euro annui; i conti del Ministero stabiliscono il costo standard in 5.500 euro in media. La differenza sono i soldi intrappolati nella morsa dello spreco a) dalla politica che strumentalizza la crisi della scuola ai fini numerici elettorali e b) dai sindacati che ancora promettono posti di lavoro inesistenti.
Il set informativo predisposto dal Ministero dell’Istruzione ha chiarito che dare un bonus alle Famiglie o una agevolazione fiscale da spendere liberamente nella scuola pubblica statale o pubblica paritaria – entrambe certificate – renderà il nostro sistema scolastico di qualità e quindi libero per tutti. Senza questo obiettivo non c’è futuro, per nessuno.
Deve essere chiaro che la scuola è un unicum: è solo in un percorso armonioso – autonomia alla scuola statale, libertà alla scuola paritaria, buono scuola o agevolazione fiscale sia per la scuola statale che per la paritaria, sotto lo sguardo garante dello Stato – sarà possibile sanare una scuola che per promesse assurde è divenuta iniqua.
Questo percorso trasparente, che giunge ad un censimento dei docenti con la lealtà di dire loro che la scuola è a Milano e loro sono a Catania, creerà le condizioni per pagare in modo più equo i docenti stessi e farà riprendere alla scuola il suo ruolo di ascensore sociale. Oggi, il bambino che entra deprivato nella scuola, rischia di uscirne peggiore di come vi è entrato, anche se può trovare insegnanti eroi, senza “armi” e senza “dispositivi di protezione” dalle famiglie degli alunni…
Quindi i Cari Leader delle coalizioni e dei partiti dovranno necessariamente mettere in programma, sulla scuola italiana, obiettivi chiari e che devono essere colti in una visione di insieme. Altrimenti rischiano di promettere stipendi europei che, senza censimento dei Docenti, set informativo e libertà di scelta educativa, saranno l’ennesima promessa da marinaio.
La soluzione è semplice, oltre che unica: la libertà di scelta educativa ai genitori si concretizzi dando un buono scuola pari al costo standard per allievo. La famiglia scelga la scuola. Conseguenza: si innesca una sana competizione, si innalza il livello di qualità, si risparmia tanto perché si spende bene e questo consente di pagare i Docenti in modo più dignitoso e più simile agli standard europei.
Guarderemo i programmi depositati da coalizioni e partiti e li metteremo a confronto. Sic et simpliciter.