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Ucraina

I papocchi dei palazzi europei su Russia e Ucraina

Come ha votato il Parlamento europeo sulle armi all'Ucraina? La lettera di Teodoro Dalavecuras

Caro direttore,

tu non lo sapevi, ma “Il Parlamento Ue ha autorizzato l’Ucraina a usare armi occidentali contro obiettivi militari in terra di Russia”. Questo è ciò che si legge nell’incipit del corsivo di prima pagina del Corsera di domenica, dopo un “Dalla Russia con amore” che immagino utilizzi, quanto meno nelle intenzioni, la chiave retorica dell’amaro sarcasmo. Come a questo punto avrai capito, caso mai non l’avessi letto, il predicozzo domenicale intitolato “Tutti guerrieri (con il voto degli altri)” trasuda vibrante indignazione per il fatto che solo una parte degli eurodeputati italiani ha votato a favore di una risoluzione del parlamento europeo che avrebbe “autorizzato l’Ucraina ecc. ecc.”.

É perfettamente legittimo trattare anche drammatiche questioni di politica internazionale in chiave moralistica, anche se nella storia questo approccio, che di norma è frutto di propaganda bellica, non ha mai portato niente di buono. Trovo un po’ meno accettabile farlo partendo da premesse contrarie al vero. D’accordo che ai giornalisti sono consentite le semplificazioni che ai comuni cittadini potrebbero costare caro, ma dire che “Il Parlamento Ue ha autorizzato l’Ucraina…” è l’esatto contrario della realtà; questo per la banale ragione che il parlamento europeo non ne ha l’autorità. Infatti, al punto 8 dei 24 di cui è composta la “parte dispositiva” della risoluzione P10_TA(2024)0012 del 19 settembre (prima di questa ci sono trenta considerazioni preliminari, tanto per dare l’idea di una ferma determinazione), c’è scritto soltanto che (il parlamento europeo) “Invita gli Stati Membri a rimuovere immediatamente restrizioni all’uso di sistemi d’arma occidentali contro legittimi obiettivi militari sul territorio russo…”.

É vero che l’equivoco, chiamiamolo così, è alimentato dallo “stile comunicativo” dei servizi stampa delle istituzioni europee, che si premurano di agevolare il lavoro dei giornalisti, risparmiando loro il fastidio di leggere i testi ufficiali. Sicché l’autore di Padiglione Italia, magari con piú talento predicatorio, non ha fatto altro che allinearsi all’uso consolidato: nell’immediatezza della notizia molti quotidiani hanno titolato più o meno “L’Ue dice sì ai raid in territorio russo”. Rimane il fatto che per il momento – grazie a Dio – queste risoluzioni non hanno alcuna forza vincolante né danno impulso a procedure destinate a produrre atti vincolanti: certe sinistre autorizzazioni appartengono ancora alla competenza sovrana di ciascuno Stato membro. É bene che sia così, finché l’Unione europea non si sarà trasformata in uno stato federale, se mai accadrà.

Mi rendo conto che l’entusiasmo bellicista è contagioso e l’Italia è piena di gente  benintenzionata – sugli operatori dell’informazione avrei qualche dubbio ma non stiamo a sottilizzare – sicché queste mie considerazioni mi assegnano d’ufficio alla screditata categoria dei “pacifisti” (ipocriti e egoisti nella migliore delle ipotesi, putinisti nel caso più comune). In realtà per quanto mi riguarda le cose stanno ancora peggio: non sono pacifista ma non ho nessuna fiducia nell’informazione erogata dai media sugli eventi bellici in generale e su quelli in Ucraina e Russia in particolare e quindi non vedo come potrei avere un’opinione. Né perché dovrei averne una, soprattutto nel momento in cui mi si vuole far credere che in questa guerra dobbiamo schierarci perché “è in gioco la democrazia”. Certo, sarà stato sicuramente in nome della democrazia che alcuni stati europei hanno stipulato per finta gli accordi di Minsk – mai rispettati – al solo scopo di dare all’Ucraina il tempo di armarsi, come ha pubblicamente dichiarato Angela Merkel…

Quel che m’interessa e mi spaventa è un’Europa che ha bisogno di trenta premesse per allineare ventitré (il ventiquattresimo è meramente procedurale) paragrafi di retorica e in poche ore, senza nemmeno un simulacro di dibattito pubblico ha condannato più di due anni e mezzo fa i popoli europei a impegnarsi in una costosissima guerra che non è la loro, ha perseverato con “sanzioni” (parola che un tempo, quando c’era un po’ di pudore, designava provvedimenti di un giudice terzo o in ogni caso di un’autorità legalmente sovraordinata) e ora persevera con risoluzioni che per quanto prive di sostanza sono sempre utili a tenere alta la tensione e quindi fortemente impopolare qualsiasi discorso un po’ critico. Ciò che pone un potere esclusivamente burocratico al riparo da qualsiasi discussione sulla legittimazione perché “il nemico è alle porte”. Nel nome della democrazia si è attribuito un potere incontrollato a un ceto burocratico governato con metodi autoritari e opachi da una “imperatrice” (copyright Politico), e la belligeranza è una condizione meravigliosa per esercitare il potere senza doverne rendere conto se non ai “cobelligeranti”.

Qui mi fermo, perché sono ormai rassegnato al fatto che qualsiasi discorso politico minimamente serio sull’Europa è considerato di cattivo gusto.

Scusami per lo sfogo, buon lavoro.

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