Dalla Giorgia Meloni “imbarazzata”, secondo la Repubblica di ieri, per il risultato buono ma non ottimo della destra in Francia, dove una sinistra desistente avrebbe ancora qualche possibilità di rimonta, si è passati ad una premier italiana imprudentemente espostasi anche secondo Il Foglio, spesso ammiccante nei suoi riguardi, a favore non dico dei fratelli ma dei cugini d‘oltr’Alpe.
In un titolo diretto e discorsivo Claudio Cerasa, direttore del giornale fondato da Giuliano Ferrara, ha scritto: “Dare carezze al lepenismo, cara Meloni, non significa “combattere la sinistra”, ma significa coccolare gli utili idioti dei regimi illiberali”. Nessuna indulgenza più per il candidato, quindi, della destra francese alla guida del governo, e coabitazione con Macron, che non più tardi di ieri lo stesso Foglio aveva gratificato di un titolo quasi cinematografico come “Il diavolo veste Bardella”, il giovane lepenista aspirante appunto a Palazzo Matignon.
Anche la Torre Eiffel, il punto di riferimento storico della Francia dal 1889, più ancora della Bastiglia di cento anni prima, risente degli effetti dell’avanzata elettorale della destra in Francia. Nella vignetta di Stefano Rolli sul Secolo XIX il monumento ha già assunto l’aspetto di un Fascio, al maiuscolo mussoliniano importato in Francia dal maresciallo Petain col suo governo di Vichy, collaborazionista dei nazisti, dal 1940 al 1944.
A questo tragico ricordo si è associato il manifesto col suo urticante titolo di copertina in cui Macron diventa il rovescio di Giulio Cesare: Veni, vidi, Vichy. Un Macron evidentemente fallito nel tentativo di contenere l’avanzata della destra con le elezioni anticipate e il secondo turno di desistenza repubblicana della sinistra per permettergli di resistere.
Per tornare all’Italia e alla Meloni incorsa -ripeto- anche nei richiami di un Foglio generalmente ammirato della sua politica estera filoatlantica e antirussa per la guerra in Ucraina, ma anche incline a comprendere la durezza della reazione israeliana alla ferocia del terrorismo palestinese; per tornare, dicevo, all’Italia e alla Meloni “carezzevole” verso Marine Le Pen, abbracciata invece col solito entusiasmo dal vice presidente leghista del Consiglio Matteo Salvini, si coltiva a sinistra la speranza che possa complicarsi la partita di Roma a Bruxelles. Dove invece la Meloni è convinta che proprio l’avanzata elettorale della destra in Francia abbia talmente indebolito a livello continentale l’alleanza fra popolari -intesi come partito- socialisti e liberali da non permettere l’emarginazione o sottovalutazione del governo italiano e delle sue richieste per la composizione della nuova Commissione europea. Ma persino per gli assetti di vertice dell’Unione, dovendo ancora passare la conferma di Ursula von ver Leyen alla presidenza della stessa Commissione per le forche caudine della votazione a scrutinio segreto nell’Europarlamento.