Ecco cosa può succedere, anzi succede quando l’opposizione è a pezzi, o gassosa. E a prenderne il posto o, peggio ancora, a guidarla strumentalizzandone parti più o meno consistenti è l’anarchia.
Dichiaratamente, orgogliosamente anarchico, sostenuto all’esterno al solito modo, tra botte, incendi e bombe, è quell’Alfredo Cospito che da un centinaio di giorni – quanti, guarda caso, sono quelli del governo di Giorgia Meloni – si è messo in sciopero della fame contro la carcerazione dura ergendosi a difesa anche dei mafiosi e dei terroristi. Che vi sono finiti avendo compiuto reati più gravi dei suoi, che non sono comunque le bazzecole che appaiono dai resoconti, commenti e quant’altro di chi ha ne sta sostenendo la causa con accoppiamenti di parole, di slogan, di concetti, di accuse e quant’altro che mi fanno drizzare i capelli, visto che ancora ne ho.
COSA SCRIVONO I GIORNALI SU COSPITO E MELONI
Il Cospito passato dalla gambizzazione dello sgradito o nemico di turno, dagli attentati dinamitardi e dalle sfide nelle aule dei tribunali alle condizioni, lamentate dal medico e dall’avvocato, di un uomo “pallido e in carrozzina” con “pochi giorni di vita” ancora a disposizione, come ha raccontato Luigi Manconi sulla prima pagina della Stampa, è riuscito a mettere d’accordo e a fare uscire all’unisono due giornali opposti come quelli del mio amico Piero Sansonetti e dell’ingegnere Carlo De Benedetti: rispettivamente, Il Riformista e Domani.
“Meloni è pronta a lasciar morire in carcere l’anarchico Cospito”, ha titolato Domani pur dopo che il ministro della Giustizia ha fatto trasferire il detenuto da Sassari ad Opera per farlo assistere meglio nel percorso della protesta e scongiurarne quindi l’epilogo mortale. “L’anarchico deve morire! Il governo condanna Cospito”, ha gridato il Riformista, quasi augurandoselo – mi perdonerà Piero – e alternando il nero e il rosso in un titolo di cui spero naturalmente che il direttore potrà o dovrà pentirsi quando questa vicenda parossistica finirà.
IL GOVERNO È PRIGIONIERO DI UN DETENUTO?
Non il più o meno odiato governo Meloni, arrivato a superare i suoi primi 100 giorni di vita con la concreta, realistica speranza di arrivare anche a 200, a 300 e più, sino alla fine ordinaria della corrente, diciannovesima legislatura, ma lo Stato – di cui anche le opposizioni, per quanto malmesse, dovrebbero sentirsi parte – si trova prigioniero di un detenuto, per parafrasare il titolo del commento di Francesco Bei su Repubblica.
Sorpresa per sorpresa, mi consolo di quella riservatami dall’inedita coppia Sansonetti-De Benedetti col davvero imprevisto titolo sopra la testata del Fatto Quotidiano di ieri , in cui si dava “una volta tanto” ragione alla Meloni nel rifiuto di fare “patti con chi minaccia” insieme il governo – per quanto sgradito, ripeto – e lo Stato.