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Alessia Piperno

Alessia Piperno raccontata da Alessia Piperno

La 30enne Alessia Piperno, arrestata a Teheran per motivi ancora poco chiari e in viaggio da 6 anni, un paio di anni dopo la sua partenza dall’Italia si è raccontata così al blog Mangia, Vivi, Viaggia   Alessia Piperno, la 30enne italiana arrestata in Iran nelle scorse ore, era a Teheran da due mesi e…

 

Alessia Piperno, la 30enne italiana arrestata in Iran nelle scorse ore, era a Teheran da due mesi e mezzo. Originaria di Roma, ha iniziato a viaggiare quando aveva 24 anni: prima l’Australia, poi Samoa, l’Islanda, l’India, il Pakistan e infine l’Iran. “Mi sembra ieri quando caricai il mio primo zaino sulle spalle, per raggiungere la terra dei miei sogni, l’Australia. Mi ero ripromessa che a 30 anni mi sarei fermata, ed ora eccomi arrivata a questo giorno e mi chiedo “sono pronta a fermarmi?”. No, affatto”, scriveva la donna in un post sul suo profilo Instagram ‘travel.adventure.freedom’ appena 5 giorni fa, annunciando che presto sarebbe tornata in Pakistan per portare a termine “un sogno pronto nella testa e nel cuore. Ricostruire un villaggio”. Nel profilo Alessia racconta gli ultimi anni dedicati alla scoperta del mondo. “Questi anni sono stati i più belli della mia vita, i più vissuti, dove ho imparato e disimparato così tanto, dove ho incontrato popoli e amici meravigliosi, e dove ho scoperto le vera bellezza del nostro pianeta. Il mondo e la sua gente mi ha regalato più di quanto potessi desiderare, giorno dopo giorno, anno dopo anno”. E proprio all’Iran, dove da giorni vanno avanti manifestazioni di protesta e le violente repressioni, Alessia il 27 settembre scriveva che “qui la gente è stufa di essere un burattino, ecco perché migliaia di persone stanno scendendo nelle piazze a protestare. Stanno manifestando per la loro libertà. Donne, uomini, adolescenti e anziani. E ognuno di loro, ogni singola persona, rischia la propria vita quando va per le strade”. (Adnkronos)

Alessia Piperno un paio di anni dopo la sua partenza dall’Italia si è raccontata così al blog Mangia, Vivi, Viaggia:

“Ho sempre amato viaggiare. Ma onestamente non è stato quello il motivo che mi ha spinto a partire. Vivevo la classica vita monotona fatta di lavoro, ragazzo, qualche uscita con gli amici e poi di nuovo lavoro, lavoro, lavoro… ho deciso di partire innanzitutto perché volevo provare qualcosa di diverso“.

“Ho deciso di viaggiare anche perché volevo affrontare quella paura che un po’ tutti noi abbiamo: la solitudine. Volevo non aver paura di essere da sola, volevo far crescere la mia autostima e volevo dimostrare a me stessa che ce l’avrei fatta in qualunque situazione. Alla fine, l’ho fatto davvero: a settembre del 2016 sono partita da sola con un biglietto solo andata per Melbourne“.

“Ho vissuto per i primi sei mesi in un ostello. Ovviamente il mio obiettivo era di mantenermi in viaggio, quindi ho cercato lavoro e l’ho trovato in un hotel. Vivendo in ostello spendevo poco e sono riuscita a mettere da parte un po’ di soldi. Dopo sei mesi sono partita per le famose farm, le fattorie. Se vuoi rinnovare il visto, infatti, devi trascorrere circa tre mesi in una farm. È stato proprio lì, lontana dalle grandi città e immersa nella natura, che è iniziata davvero la grande sfida con me stessa“.

“Mi bastavano tre mesi per rinnovare il visto ma alla fine ho lavorato nelle farm per 6 mesi. Ho raccolto patate, mele, zenzero, angurie, fragole e pesche, ma ho anche fatto la cowgirl in una cattle station, una grande fattoria. Per quanto sia stato a tratti parecchio difficile, la ricorderò per sempre come una delle esperienze che più mi hanno arricchito nella vita“.

“Dopo le farm ho comprato un’automobile, una Honda del 1998, che mi ha permesso di viaggiare per tutta la costa dell’Australia e nelle zone più remote. Mi sono perdutamente innamorata di quei luoghi, nonostante non siano mancati i momenti impegnativi. Durante il mio viaggio nell’outback, ho rotto la frizione della macchina, e sono rimasta bloccata in mezzo al deserto. Sono stata salvata da una famiglia di cowboy che mi ha ospitato nella loro casa per una settimana”.

“Ho dovuto spendere molti soldi per aggiustare la macchina, quindi ho cominciato a tagliare tutte le spese. Da quel giorno ho cominciato a dormire ogni notte nella tenda per evitare di spendere soldi per ostelli, mangiavo scatolette di tonno per colazione pranzo e cena. Non a caso ora il solo odore del tonno mi fa sentire male! Ma è stato un viaggio pazzesco”.

“Avevo appena finito il mio primo Working Holiday Visa in Australia, vivevo a Brisbane e lavoravo in un ristorante. Ma la mattina, quando mi alzavo, mi chiedevo ‘sono venuta davvero dall’altra parte del mondo per fare la stessa vita che potevo fare in Italia?’ Non era un periodo in cui mi sentivo particolarmente felice, anzi tutto il contrario.
Ma c’era una cosa che mi metteva sempre il buon umore: lo chef“.

“Era un uomo di 40 anni, paffutello, con i capelli lunghi e neri, e ogni volta che cucinava… ballava a ritmo della musica che suonava solo nelle sue orecchie. Era sempre felice e sorridente, era radioso e mi trasmetteva la gioia anche nelle giornate più buie. Lo chef era di Samoa e un giorno mi disse: ‘A Samoa siamo sempre tutti felici’. Dopo pochi giorni mi licenziai e comprai un biglietto per Samoa. Fu una scelta molto istintiva, ma sapevo che volevo circondarmi per un po’ di tempo di gente positiva come lui”.

“Samoa mi ha rapito il cuore non appena sono atterrata, una serie di avvenimenti hanno reso intenso il mio viaggio sin da subito. È una terra incontaminata, dove i locali sono super interessati a conoscere i viaggiatori di passaggio. Ancora non è arrivato il turismo di massa, la gente è super ospitale. Io ho viaggiato intorno le due isole principali per il primo mese del mio soggiorno, c’è una natura da toglierti il fiato”.

“Un pescatore mi lasciò sul piccolo atollo e mi cominciai ad avventurarmi all’interno. Non c’erano strade, dovevo spostare le grandi foglie di piante di banane per farmi spazio per camminare. C’erano 217 abitanti sull’isola e scoprii che non esistevano macchine, soldi, negozi, cellulari, televisioni e via dicendo. C’è ancora il baratto. Per occupare il tempo, la mattina insegnavo nella scuola dell’isola. Mi sono affezionata ai bambini, che non parlavano in inglese ma in qualche modo riuscivamo sempre a comunicare. E nel pomeriggio venivano sempre a trovarmi a casa, a volte era impossibile stare da sola. Non avevano giochi ma li ricorderò per sempre come i bambini più felici al mondo“.

“Sono tornata in Australia per un altro anno. Ho lavorato. Tanto. Ero ancora affamata del mondo e volevo conoscere ed esplorare altri posti. Quando mi è scaduto il visto in Australia mi sono spostata in Indonesia per un mese, dove ho fatto le immersioni più belle della mia vita. Poi sono andata in India, dove sono rimasta per due mesi”.

“L’India è stata un’altra terra che mi ha rapito il cuore. Vivevo con un budget di 5 euro al giorno. Sapevo che meno avrei speso più lungo sarebbe stato il mio viaggio. Ho dormito a casa della gente che incontravo, mangiavo solamente lo street food e viaggiavo sui pullman notturni pur di godermi tutte le giornate. Ho incontrato il Dalai Lama e ho partecipato alle sue lezioni mentre dormivo in una comunità di monaci tibetani in un paesino circondato dall’Himalaya. Ho sentito storie e mi sono persa nei racconti di chi incontravo per la strada. Poi, con i miei ultimi 400 euro, me ne sono andata un mese in Sri Lanka. Ho affittato un motorino e ho fatto il giro di tutta l’isola, dormendo ogni notte in tenda“.

Alessia è poi tornata in Italia – si legge sul blog – ma questo non ha significato certamente fermarsi. E infatti dopo un mese è già ripartita, verso una destinazione completamente diversa da quelle visitate finora: l’Islanda.

“Inizialmente qui in Islanda ho lavorato in un museo di squali in una zona molto remota, nella cittadina vivevano solo sei persone (e io ero una di quelle!), ma circa due mesi fa mi sono trasferita a Reykjavik, dove mi trovo attualmente. Ho due lavori full time: lavoro come cameriera in un ristorante Michelin per circa 40 ore a settimana e per altre 40 ore lavoro in cucina in un piccolo bistrot. La vita qui in Islanda non mi entusiasma così tanto come l’Australia. Qui è diverso, non mi ci sento molto parte. Ma è una terra bellissima e io non mollo, continuo a guardare dritto il mio obiettivo“.

“Dopo l’Islanda mi vedo in Sud America o in Africa. Ancora non lo so, ma sto già sognando!”.

“Se ripenso a questi due anni e mezzo mi rendo conto di quanto mi hanno cambiato. Ho imparato lezioni che non sono scritte sui libri. Ho imparato a guardare il mondo da una prospettiva diversa. Ho imparato a conoscerlo e ho scoperto che la parte più bella sono proprio i viaggi che si fanno attraverso le persone. Loro mi hanno lasciato la lezione più bella, dall’intoccabile seduto per terra in una sporca strada di Delhi al capo di un villaggio di una piccola isola dispersa a Samoa. Ho imparato che la felicità sta nelle piccole cose. E che quando si viaggia non si è mai da soli“.

“Ho capito che il mondo ti è amico e se hai bisogno di aiuto ci sarà sempre qualcuno ad aiutarti. La parola paura, oggi, non fa più parte del mio vocabolario. Ho imparato a fidarmi di me stessa, perché ho capito che, se voglio, posso fare qualsiasi cosa“.

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