Seguire l’agenda internazionale è diventato davvero complicato, confesso che mi sto perdendo. In Sudafrica si è tenuto un G20, dove però la prima volta mancavano contemporaneamente Stati Uniti, Cina e Russia, cosicché si è concluso senza neppure poter fissare la sede del prossimo anno. E Javier Milei non ha firmato la dichiarazione finale perché approvata senza l’accordo unanime, “parziale e incompleta” sul Medio Oriente, ritenendo che il vertice dei grandi debba affrontare i conflitti geopolitici in modo più approfondito. Difficile dargli torto.
Nel frattempo in Sudamerica si chiudeva la COP di Belém, nel cuore dell’Amazzonia. Per quanto fossero formalmente registrati 198 membri, anche questa conferenza è stata parecchio snobbata: dai big USA e Cina, come già le precedenti, ma anche dall’Unione Europea. Ormai pare interessi soprattutto Paesi come il Brasile di Lula, che nel frattempo ha trasferito in cella Bolsonaro per aver tentato, pare, di manomettere la sua cavigliera. Come un femminicida qualsiasi.
Nel frattempo, l’Ucraina strappa temporaneamente al Medio Oriente il testimonial dell’attenzione geopolitica, ma il derby è sempre in corso. Della pace con la Russia, sempre in questi giorni, stanno infatti parlando a Ginevra gli sherpa europei, che valutano la bozza americana troppo favorevole a Mosca. A parte che viene l’orticaria solo a sentir ripetere l’appello alla “pace giusta e duratura”, la cosa fa sorridere perché nel frattempo Trump ha già lanciato e ridimensionato il suo ultimatum a Zelensky, con cui si ipotizza l’ennesimo bilaterale a Washington, e soprattutto prosegue le trattative dirette e segrete con Mosca.
Gli europei appaiono come in una vignetta di Giannelli dei giorni scorsi, fuori della finestra della stanza dei bottoni. È ridicolo che le opposizioni insistano nell’accusare Meloni di essere snobbata dai Volenterosi, arma di distrazione di massa inventata da Macron: è il contrario, è meglio non impelagarsi in questi impercettibili movimenti diplomatici con cui l’Europa conferma la sua perifericità e ammettere che solo quel pazzariello di Trump, forse, riuscirà a combinare qualcosa mettendosi d’accordo con gli altri non meno impresentabili big, dagli arabi ai cinesi. Ma niente, la sinistra italiana non capisce o non vuol capire.
I leader europei, comunque, ieri si sono trasferiti da Johannesburg in Angola per un incontro tra i 27 membri UE e 55 Paesi dell’Unione Africana. Tanta roba, in apparenza, eppure non si riesce a capire chi e dove stia occupandosi davvero dell’Africa. In particolare della Nigeria, dove oltre 300 studenti e insegnanti cristiani sono stati rapiti, una cinquantina sono riusciti a fuggire, e nei primi sette mesi del 2025 i jihadisti hanno ucciso o rapito circa 15 mila cristiani. Eppure, tutti tengono a dire che non si è una persecuzione religiosa. Persino Avvenire, il quotidiano dei vescovi italiani, l’unico a dare queste notizie per dovere aziendale, le relega in strilletti microscopici. Sempre in Africa ci sarebbe poi il Sudan, di cui abbiamo già evidenziato il silenziamento.
Su TikTok, Federico Sbandi (uno dei non pochi influencer che sui social fanno informazione seria) propone una ragionevole considerazione su come l’agenda setting permetta di selezionare ciò di cui ci occupiamo, ma i limiti di concentrazione del nostro cervello non sono una spiegazione sufficiente. Nell’assordante indifferenza verso le persecuzioni anticristiane, come nell’irrilevanza europea, gioca anche la nostra crisi identitaria (ne parla un altro bravo tiktoker, il Profeta Incerto).






