Con quel velo di seta bianca calatogli sul volto, la bara chiusa per sempre, i funerali a San Pietro e la tumulazione a Santa Maria Maggiore, da lui preferita al Vaticano, dove già all’appartamento pontificio aveva preferito in vita il rifugio da passeggero a Santa Marta, si può considerare davvero conclusa in questo venerdì dopo Pasqua l’avventura, missione e quant’altro di Jorge Bergoglio in terra. Dalla “fine del mondo” da cui dichiarò, appena eletto al Soglio pontificio, di sentire di essere arrivato, alla Roma della centralità cristiana. Addio davvero, Papa Francesco. O, per chi ha la fortuna della sua fede, arrivederci nelle misteriose dimensioni e luci dell’aldilà.
Per quanto ci sia abituato da tempo per mestiere, diciamo così, e pur nell’attesa sempre avvincente dell’arrivo del nuovo Papa, e di come deciderà di chiamarsi dopo l’elezione, avverto un disagio maggiore del solito in una giornata come questa a registrare, scrutare, interpretare e quant’altro la quotidiana cronaca politica. Che sarei tentato di definire “di bassa intensità”, come il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha appena detto della democrazia, minacciata a tal punto evidentemente ch’egli ha proposto la formula della Resistenza continua, celebrando a Genova quella conclusasi 80 anni fa con la liberazione dell’Italia dalla dittatura fascista e dall’occupazione nazista.
Una Resistenza, quella conclusasi nel 1945, ben 32 anni prima che lei nascesse, alla quale la premier Giorgia Meloni ha riconosciuto il merito di avere ristabilito “valori negati dal fascismo”. Finalmente, ha osato commentare da sinistra l’ex presidente della Camera Fausto Bertinotti. Che, per quanto “parolaio rosso”, come lo definiva l’impietoso Gianpaolo Pansa, ha sottovalutato la sua stessa parte politica. Dove si è continuato e si continua a rimproverare alla Meloni la mancanza del coraggio di definirsi “antifascista”. Come si chiede ormai in Italia di proclamarsi a chiunque aspiri a qualcosa di superiore, per esempio, al bidello o al giardiniere di una scuola provvista appunto di un giardino, o solo di qualche aiuola. Pure all’ultima edizione del festival canoro di Sanremo è stato chiesto al conduttore e altro ancora di chiarire preliminarmente la sua posizione di fronte al fascismo e all’antifascismo.
Persino il compianto Papa Francesco fu sospettato dai ricercatori antifascisti di essere un po’ troppo fascista quando si lamentò con i vescovi italiani della “troppa frociaggine” da lui avvertita nei seminari.
Addio, ripeto, Francesco. O arrivederci.