“Il governo non ha dato alcuna garanzia sulle conseguenze degli accordi che si appresta a firmare con la Cina e che riguardano settori strategici per la nostra sicurezza nazionale e la nostra sovranità economica e tecnologica. Parliamo di logistica, infrastruttura, energia, spazio e telecomunicazione: il fronte del conflitto in atto per il predominio mondiale. Il governo sta consegnando le chiavi di casa alla potenza mondiale che punta al dominio economico e militare globale.”
Inizia così l’”Operazione verità” sul vero contenuto degli accordi Italia – Cina che il governo (Conte) si apprestava a sottoscrivere, del meeting promosso a maggio del 2020 dalla Fondazione Farefuturo e da New Direction, dal titolo “Il Dragone in Europa. Opportunità e rischi per l’Italia”. Un evento organizzato per lanciare il report a cura dell’ambasciatore Giulio Terzi di Sant’Agata “Conoscere per deliberare – la sfida cinese e la posizione della Repubblica”, che ha visto gli interventi di Adolfo Urso, Giovanbattista Fazzolari, Corrado Ocone, Giulio Terzi, Andrea Margelletti, Giorgio Cuscito, Alessia Amighini, Helena Legarda, Federico Mollicone.
Nell’introduzione di quel report si legge: “l’adesione entusiastica del governo italiano – unico nel G7 – alla Via della Seta e alla BRI è stata decisa e attuata senza alcun approfondito dibattito sull’assertività spregiudicata, spesso in violazione del diritto e delle regole internazionali, della nuova politica estera e di sicurezza di Pechino. Ciò che è ad esempio avvenuto con l’occupazione illegale di parte rilevante del Mare della Cina; con la repressione voluta dal PCC delle dimostrazioni a Hong Kong; con le minacce a Taiwan; e infine con la grave mancanza di trasparenza e le omissioni di notifica – al primo manifestarsi nel Novembre 2019 del CoronaVirus – a tutti i Paesi aderenti al Trattato International Health Regulation ratificato anche dalla Cina.”
E ancora: “Negli ultimi anni l’Italia si è contraddistinta se non come l’unica, per lo meno come la principale voce fuori dal coro ogni qualvolta l’Unione Europea è riuscita ad affrontare più seriamente questioni di rilievo nei rapporti con la Cina. È un gioco pericoloso che rischia di mettere l’Italia ai margini nei rapporti con gli alleati euro- atlantici. Sono loro a rappresentare di gran lunga la principale forza per la nostra crescita economica, scientifica, tecnologica, e in particolare modo per la sicurezza e la Difesa dell’Italia.”
Un rapporto molto interessante della Fondazione presieduta dal Senatore Adolfo Urso che l’anno successivo veniva eletto presidente del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (Copasir). Oggi il Senatore Urso è Ministro delle Imprese e del Made in Italy, nonché principale sponsor dello sbarco dell’industria automobilistica cinese in Italia e promotore degli accordi sottoscritti a Pechino dal presidente del Consiglio Giorgia Meloni con il Primo Ministro Repubblica Popolare Cinese Li Qiang, durante la sua visita ufficiale lo scorso 28 luglio 2024.
Nel “Piano d’azione per il rafforzamento del Partenariato Strategico Globale Cina-Italia (2024-2027)” sottoscritto si legge: “le parti convengono di dare priorità alla cooperazione nei seguenti settori: 1) commercio e investimenti; 2) finanziario; 3) innovazione scientifica e tecnologica, istruzione; 4) sviluppo verde e sostenibile; 5) medico-sanitario; 6) rapporti culturali e scambi people-to-people.”
Ma che cosa è cambiato da quel rapporto del 2020 che ha portato il presidente del Consiglio Meloni prima a disdire il memorandum tra Italia e Cina sulla Belt and Road Initiative (o Nuova Via della Seta), firmato dal governo Conte – che lo stesso presidente Meloni ancora in questi giorni ha ribadito stava danneggiando l’Italia – e poi stipulare un nuovo “Partenariato strategico globale” con quella stessa Cina governata dal Partito Comunista Cinese, che oggi esprime una politica estera ancora più assertiva e sostiene la guerra di aggressione russa contro l’Ucraina?
In poche parole possiamo dire che è cambiato il contesto geostrategico mondiale e siamo, nostro malgrado, coinvolti in una guerra ibrida globale con schieramenti ben definiti dopo l’invasione russa dello Stato ucraino: da una parte ci sono le democrazie occidentali e gli Stati aderenti alla Nato, insieme ad Ucraina, Israele e Taiwan; dall’altra il cosiddetto nuovo “Asse del male” Russia, Iran, Cina ed i loro alleati.
Uno scenario geopolitico che è diventato così preoccupante che lo scorso 11 luglio 2024, al Summit Nato di Washington al quale ha partecipato il nostro presidente del Consiglio, i Capi di Stato e di Governo che hanno preso parte al Consiglio Nato-Ucraina hanno condiviso e pubblicato la seguente dichiarazione: …“L’Ucraina è su una “traiettoria irreversibile” per l’ingresso nella Nato e i suoi alleati occidentali “le forniranno assistenza a lungo termine per la sicurezza”. Lo hanno dichiarato, nero su bianco, nel comunicato finale del vertice NATO conclusosi a Washington. Un testo in 38 punti approvato all’unanimità in cui i leader dell’Alleanza affermano di “essere uniti e solidali di fronte a una brutale guerra di aggressione nel continente europeo e in un momento critico per la nostra sicurezza”…
Ma non è tutto: se i membri dell’Alleanza hanno confermato che “la Russia rimane la minaccia più significativa e diretta alla loro sicurezza”, per la prima volta hanno accusato apertamente Pechino di essere un “facilitatore decisivo” e di sostenere l’aggressione russa con l’invio di materiale bellico.
La firma all’accordo tra Italia e Cina è stata posta dopo il comunicato congiunto dei “Leaders of the Group of Seven (G7) di Apulia presieduto dall’Italia: We will continue taking measures against actors in China and third countries that materially support Russia’s war machine, including financial institutions, consistent with our legal systems, and other entities in China that facilitate Russia’s acquisition of items for its defense industrial base.”
Un accordo strategico Italia-Cina che viene sottoscritto mentre gli Stati Uniti si muovono per rafforzare in modo significativo le alleanze nell’Indo-Pacifico, in presenza di una percepita minaccia alla sicurezza da parte della Cina, anche attraverso un importante potenziamento del comando militare statunitense in Giappone. E nonostante i ministri degli Esteri dell’Alleanza “QUAD”: Australia, India, Giappone e Stati Uniti, lunedì 29 luglio, dichiaravano di essere seriamente preoccupati per le manovre intimidatorie e pericolose nel Mar Cinese Meridionale e si sono impegnati a rafforzare la sicurezza marittima nella regione.
Scenari che evidentemente non sono stati ritenuti sufficientemente preoccupanti dal governo italiano nel suo riavvicinamento al Dragone cinese, malgrado i pericoli segnalati dal Congresso degli Stati Uniti, che ha recentemente approvato, con consenso unitario di entrambe le Camere, la legge “Biosecure Act”, che si aggiunge a tutti gli altri provvedimenti precedentemente adottati per limitare gli scambi tecnologici e le attività di molteplici aziende cinesi, che portano lo scontro con Pechino a livelli senza precedenti. In base alle nuove disposizioni del Congresso Usa, i fornitori di servizi medici finanziati dal governo degli Stati Uniti non potranno stipulare contratti con “avversari stranieri” e le aziende del settore delle biotecnologie e delle “Multiomics” (genomics, epigenomics, transcriptomics, proteomics, and metabolomics) dovranno separarsi dalle aziende cinesi.
Gli Stati Uniti stanno contrastando l’assertività della Cina ed il sostegno che il PCC offre alla Russia in tutti i settori delle nuove tecnologie oltre che nella sfera delle biotecnologie, e contemporaneamente stanno ampliando le restrizioni sulle vendite di semiconduttori e prossimamente, indipendentemente da chi vincerà le elezioni prossime presidenziali, saranno imposte nuove restrizioni unilaterali all’accesso della Cina ai chip di memoria IA.
Con l’intensificarsi di questa guerra tecnologica con gli Stati Uniti, non c’è da stupirsi che Pechino punti a sfruttare le divisioni dell’Unione Europea. Ed ecco perché gli accordi del governo italiano assumono caratteristiche discordanti con le politiche europee, permettendo a Pechino di inserirsi in una faglia apertasi nell’UE dopo le recenti elezioni, offrendo legami bilaterali dai dubbi vantaggi economici ai governi di destra ed a quelli populisti in Italia e in Ungheria, alimentando tensioni nel blocco dei 27 Paesi e perplessità in ambito Nato.
La discordia potrebbe aiutare la Cina ad aumentare la sua ingerenza nelle scelte strategiche di questi Paesi ed impedire dazi UE sui veicoli elettrici cinesi, e che le sanzioni si estendano ad altri settori. Di certo Pechino non ha perso di vista il fatto che il divario nella politica commerciale transatlantica tra Europa e Stati Uniti sembra destinato ad allargarsi ulteriormente, soprattutto se alla Casa Bianca dovesse arrivare Donald Trump.
L’Europa è ancora aperta ai veicoli elettrici cinesi, a differenza degli Stati Uniti che hanno imposto dazi doganali del 100%, ed il governo italiano in prima linea, che spinge per una “soluzione negoziale” tra Unione europea e Cina sull’applicazione dei dazi all’import di auto elettriche, può rappresentare il perfetto “cavallo di Troia” per contrastare la visione occidentale del progresso tecnologico basata su principi democratici e sui diritti, e non solo sugli interessi economici.
La Cina continua ad influenzare i politici nazionali ed europei affinché approvino politiche/leggi o accettino accordi che, insieme o separatamente, favoriscano gli interessi del PCC a spese dei cittadini di quel Paese e dell’Unione Europea.
Pertanto rimangono di estrema attualità, valide ed assolutamente condivisibili le considerazioni del report della Fondazione FareFuturo, di seguito riportate: “È evidente che l’Italia è particolarmente esposta a tattiche cinesi che sono riuscite negli anni ad acquisire alla narrativa del Partito Comunista Cinese consensi di personalità politiche, di ambienti imprenditoriali, scientifici e culturali. I veri obiettivi di Xi Jinping sono costantemente ignorati da gran parte dell’informazione del nostro Paese, così come gli attacchi che la Cina attuale porta all’ordine mondiale, agli stessi valori della Costituzione italiana e dei Trattati Europei. Non è certo così per gli Stati Uniti e altri partner che si stanno preparando senza autolesionismi e timidezze ad un confronto con la Cina di natura politica ed economica. In questo quadro una posizione equivoca da parte dell’Italia non è assolutamente più sostenibile verso nessuno. Essa danneggia gravemente nostri fondamentali interessi nazionali. Per tale ragione a conclusione del rapporto indichiamo alcune raccomandazioni basate anche sulle esperienze positive acquisite dai Paesi alleati.”
“Si rende inoltre necessario un ben diverso paradigma nei rapporti bilaterali tra la Repubblica italiana e la Repubblica popolare cinese: a tutela dei diritti dei cittadini italiani, della democrazia costituzionale italiana, della sicurezza nazionale, dell’economia, e del ruolo dell’Italia a livello globale. Si tratta di un’esigenza non rinviabile.”
La stipula di questi accordi con la Cina crea seri dubbi sulla politica atlantista e pro-europea del governo italiano, disvelando ambiguità e contraddizioni che certamente non erano auspicabili e che lo privano di quella legittimazione che si era guadagnata, non senza ostacoli interni, in questi due anni.