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Politica Barbiere

A tu per tu col barbiere parlando di politica

L'intervento di Marco Mayer, docente al Master in Cybersecurity LUISS, già consigliere del ministro dell’Interno per la Cybersicurezza (2017-2018)

 

Le lunghe chiacchierate con il barbiere costituiscono per me – da sempre – una preziosa fonte di ispirazione. Per due ragioni:

a) per la sua intelligenza politica;

b) per la sua incredibile capacità di intercettare gli “umori del popolo” di cui parla Nicolò Machiavelli nel IX capitolo del Principe.

Il modo di pensare del mio barbiere rappresenta un esempio dell’“antica cultura civica” della Toscana di cui ha scritto uno dei maggiori studiosi statunitensi di scienza politica. Mi riferisco a Robert Putnam e alla sua tesi: l’eredità storica della cultura civica è il fattore che spiega – al di là dei partiti di sinistra – le virtù amministrative della toscana rossa.

Nel lontano 1981 – ero capogruppo del PCI nel Consiglio Regionale della Toscana – Putnam, nella sua veste di presidente del Center for European Studies di Harvard, mi invitò a tenere un seminario sulle buona institutional performance nelle regioni rosse a dieci anni dalla loro istituzione.

La discussione fu molto vivace perché per me la sua intuizione sul peso della eredità storica era giusta, ma formulata in modo decisamente troppo deterministico.

Numerosi amministratori locali del PCI erano bravi davvero e in una ricerca politologica questo fattore soggettivo non poteva essere considerato un dato trascurabile. Per quanto il contesto storico potesse favorire la lungimiranza (e/o la fortuna) del PCI nel selezionare una classe politica-amministrativo di buon livello non si può ricondurre esclusivamente al lascito di Vittorio Fossombroni – solo per citare il governante più illuminato del Granducato di Toscana  – che guidò l’amministrazione all’epoca di Pietro Leopoldo e di Ferdinando III.

Ricordo quell’episodio perché all’inizio degli anni ottanta negli Stati Uniti crebbe l’interesse non solo accademico, ma anche politico per le regioni rosse e ovviamente per l’identità del PCI. Nel settembre 1987 – da governatore dell’Arkansas – Bill Clinton venne a Firenze e stabilì una relazione di stima e di fiducia con l’allora Presidente della Regione – Gian Franco Bartolini, già operaio della Galileo (per inciso, uno dei miei maestri).

Ma tornando al mio barbiere, perché ne parlo oggi? Perché stamani abbiamo discusso degli anni ottanta dopo che gli ho posto la seguente domanda: “Secondo te perché l’85% degli italiani si vaccina e meno del 50% degli aventi diritto va a votare?

Condivido volentieri con i lettori la conversazione con il mio barbiere che ne é seguita perché essa tocca, almeno a mio avviso, due punti cardine:

a) cosa significa buona politica?

b) quanto  può sopravvivere la democrazia in presenza di partiti inefficientI?

Alle mia prima domanda sul perché dell’astensionismo elettorale il barbiere ha risposto così: “Non sono mai stato berlusconiano, ma questa volta Berlusconi ha proprio ragione, Draghi deve restare al governo! e come minimo altri 3 o 4 anni se davvero si vuole migliorare qualcosa in questo paese”.

“Scusa – replico – ma Draghi è un tecnico e la politica non deve abdicare al suo ruolo”.

Il mio barbiere risponde: “Ma quale tecnico!! Draghi ha pregi e difetti, ma a Palazzo Chigi è un esempio di buona politica. Almeno sinora ha lavorato molto e parlato poco. Si fa intendere e odia il politichese: parla come dovrebbero fare tutti i politici, con un linguaggio semplice e schietto che tutti capiscono. Ha compiuto qualche errore, ma in questi primi dieci mesi ha mantenuto le promesse, non ha mediato troppo, non ha promesso cose che non era in grado di mantenere, ha difeso gli interessi e il prestigio dell’Italia in Europa e nel mondo”.

Conclude così: “Se le forze politiche prendessero spunto da queste poche e semplici regole di comportamento sarebbe facile ridare ai cittadini fiducia nella politica e nei partiti. E sono sicuro che tornerebbero a votare”.

Replico: “Scusa, ma per la gente Draghi non è un politico è un tecnico, anzi per la stragrande maggioranza dei cittadini è un banchiere”.

“Ma quale banchiere?” – risponde. “Draghi è stato esattamente il contrario! Prima è stato il poliziotto dei banchieri italiani e poi di tutti i banchieri europei. Non so se l’ha fatto bene o male, certo ha salvato l’euro!”. E continua: “La sinistra dovrebbe spiegare al popolo italiano che Draghi non è un banchiere, ma che il suo mestiere è stato esattamente il contrario. Se non va bene la parola poliziotto, diciamo che è stato quello che vigila sulle banche e le ispeziona. Hai presente il panico nelle agenzie quando arrivano gli ispettori della vigilanza?”  .

Rispondo: “Non ci avevo pensato, ma hai ragione, il racconto di Draghi banchiere è una leggenda metropolitana a cui tutti o quasi hanno creduto.” Poi lo incalzo e proseguo: “Ma in questa situazione il PD cosa dovrebbe fare?”

Risposta secca: “Ti dico cosa non dovrebbe fare. Non deve ripetere l’errore del PDS di Achille Occhetto nel 1994. Se avesse candidato Carlo Azeglio Ciampi come Presidente del Consiglio non so se Silvio Berlusconi avrebbe vinto” .

“Ho capito – rispondo – secondo te il PD dovrebbe puntare su Mario Draghi come Presidente del Consiglio, candidato del “campo largo” anche alle prossime elezioni politiche”. E lui risponde: “Sì”.

Non voglio lasciargli l’ultima parola e chiedo: “Ed Enrico Letta?”.

Risponde sicuro: “Enrico Letta ha lavorato bene in questi sei mesi ed è riuscito a fare una bella campagna elettorale a Siena nonostante i disastri combinati dalla politica nel Monte dei Paschi, da tutti i partiti, ma con i DS prima e il PD poi in prima fila. L’unica cosa che gli rimprovero è questa storia delle ‘agorà’. Tra i miei clienti nessuno ne ha mai parlato e neppure io ho capito cosa sono. Se vuole che il Partito ritrovi una base popolare dovrebbe cambiare nome e creare un progetto capace di ascoltare e coinvolgere la gente sia dal vivo che con i trabiccoli digitali”.

Replico: “D’accordo, ma scusa, Enrico Letta non potrebbe essere lui il candidato del nuovo “campo largo” o centrosinistra come Presidente del Consiglio?”.

“Certo che potrebbe andare bene”, mi risponde, “ma Draghi non mi sembra adatto a fare il segretario del PD! Se vogliamo sconfiggere il virus dell’astensionismo e salvare la democrazia due cose sono indispensabili: il Buon Governo e partiti politici capaci di ascoltare (ma anche di orientare) i cittadini senza ipocrisie e scorciatoie demagogiche. Dopo la girandola dei sette segretari, il PD ha bisogno di una guida salda e sicura per qualche anno” .

“Forse non hai tutti i torti”, gli rispondo. “Enrico Letta si sta dimostrando un buon ricostruttore del PD e dobbiamo dargli il tempo necessario di concludere l’opera di ricostruzione. E la ricostruzione non riguarda solo l’Italia. PSE e S&D hanno bisogno del massimo contributo della sinistra italiana; per la sua statura politica e intellettuale Enrico Letta è un leader indispensabile in tutta Europa”.

La mia seduta dal barbiere si conclude con un breve e divertente discorso sul Quirinale. Ecco le battute. La mia preoccupazione: “L’importante è non fare il bis dell’epoca Bersani con la guerra tra candidati del PD. Ti inoltro il mio articolo Machiavelli, il PD e il Quirinale che ebbe un discreto successo (La sconfitta di Bersani sottoposta al test di Machiavelli)”.

E poi butto lì: “Anni fa ho aderito a un gruppo Facebook, “Bonino Presidente”. Non l’ho mai incontrata di persona, solo qualche raro scambio di email, però mi sembra una personalità di notevole respiro a livello europeo e forse all’Italia una bella iniezione di laicità non farebbe affatto male. È anche interessante osservare come nella cultura liberal post pandemia – a cui la Bonino si ispira – Michael Ignatieff, Aryeh Neier e tanti altri pensatori stanno finalmente coniugando libertà civili e diritti sociali. Questo li avvicina al pensiero di Amartya Sen e per certi aspetti ad alcuni valori espressi dalla Dottrina Sociale della Chiesa. Che ne pensi?”.

Il barbiere si ferma un attimo e mi dice: “Fammici pensare”. Ma subito dopo aggiunge: “Io non lo so, ma se fossi nei panni dei due galli nel pollaio ci farei un pensierino”.

Due galli nel pollaio? “Ma di chi stai parlando?”.

“Dai… hai capito benissimo di chi parlo” .

“No non ho capito??”.

“Se fossi Matteo Renzi e Carlo Calenda un pensierino sulla Bonino lo farei”.

Arrivederci alla prossima puntata, tra una settimana torno dal barbiere.

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