skip to Main Content

In Italia ancora poche le startup innovative a vocazione sociale

L’educazione e la formazione, l’assistenza sociale e sanitaria, la tutela dell’ambiente e del patrimonio culturale, il turismo e l’erogazione di servizi culturali, la ricerca e l’istruzione. Sono davvero molti i settori in cui, piano piano e alle volte lontano dai riflettori, stanno crescendo tanti progetti di innovazione sociale.

Per loro, due anni fa, il Decreto Sviluppo ha coniato un termine preciso: startup a vocazione sociale. Da allora, tanto è stato fatto per agevolare la nascita e lo sviluppo di questi sogni e avventure d’impresa che, sempre più spesso, sono un vero e proprio sostegno per una società in continuo sviluppo e un welfare alle volte non sempre presente.

Per chi si vuole mettere in gioco unendo nel proprio progetto d’impresa innovazione, imprenditorialità e finalità sociali, le attuali politiche danno la possibilità di attirare investimenti grazie alla detrazioni Irpef del 25% e deduzioni sull’imponibile Ires del 27% a favore di chi investe nel capitale delle startup innovative a vocazione sociale.

Un grande passo. Ma nuove azioni e una diversa sensibilità sono necessarie per dare un ulteriore impulso a questo fenomeno.

Nasce proprio per questo il workshop di Italia Startup e Make a Cube del 12 Maggio: perchè di 1978 startup  innovative, solo 63 sono a vocazione sociale, perché nonostante tanto sia stato già fatto, può essere realizzato ancora molto a livello di riforme e proposte per il governo.

Perché l’innovazione che può scaturire da questi progetti può avere un impatto importante e di valore per il nostro ecosistema e per l’intera società. Perché l’innovazione e l’impresa non conoscono confini di settore o di prodotto. 

Back To Top