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Lockdown

Vi spiego perché Twitter e Facebook rottamano Trump

Fino a ieri, Twitter e Facebook hanno tollerato ogni sparata di Trump, temendo che i sovranisti gli si rivoltassero contro. Oggi, siccome rischiano di essere accusati di aver facilitato l'assalto al tempio della democrazia, fanno i censori per evitare interventi punitivi degli Stati (come spezzatini aziendali ecc...). Il post di Peter Kruger

 

1. Le piattaforme social hanno un unico interesse: il business.

2. Come fanno business? Cercando di acchiappare ogni coglionazzo del pianeta (sottoscritto incluso) e farci giocare quanto più possibile (si chiama “engagement”), rivendendo agli inserzionisti il nostro tempo, speso attaccati alla piattaforma. Se potessero portare a bordo marziani, venusiani e cittadini di Alpha Centauri (e le loro aziende, soprattutto), lo farebbero senza alcuna esitazione.

3. Prima di aprire bocca e parlare qui di social media (che è la cosa più splendidamente meta che ci offra il caos della nostra vita moderna), ricordatevi a mente i punti 1 e 2 di cui sopra. Ora…

4. Ora, per quale insensata ragione queste piattaforme, andando contro il loro preciso interesse, si metterebbero a filtrare e modificare gli algoritmi di engagement, financo bannare gli utenti, specie quelli che generano i più alti livelli di engagement (e non c’è nulla al confronto di un Presidente Usa che spara boiate dalla mattina alla sera)? No, non lo fanno perché sono servi di un complotto di pedofili giudo-pluto-masson-globalisti. Né lo fanno perché mossi da chissà quale spirito di giustizia universale. No, lo fanno perché….

5. …proprio perché voi, manica di coglionazzi (sottoscritto incluso), non amate nulla più che dibattere di loro sulle loro stesse piattaforme (lo dicevo: il sublime meta della nostra epoca). Un giorno vi svegliate tutti esperti di fake news e il giorno dopo vi mettete a sbraitare di libertà di parola (cose in evidente conflitto – ma non è una novità – è dai tempi di Gutenberg che ci scorniamo sul tema…).

6. Ora, fin qui tutto meraviglioso per loro. Ci hanno fatto una fortuna sulle vostre chiacchiere, specie quelle di natura politica. Il problema è che i social non sono una bolla virtuale avulsa dalla realtà (ragione principale che permette a questi colossi di fatturare centinaia di miliardi di dollari l’anno). E, alla fine, succede che il discorso “meta” percola anche nelle stanze del potere. Qui iniziano i veri guai (per loro), perché nulla temono di più che un intervento dello Stato in materia (hanno ragione da vendere. Gli Stati, in questa epoca complessa, spesso intervengono male e a sproposito).

7. E questo spiega l’estrema confusione delle loro policies. Fino a ieri, hanno tollerato ogni sparata complottista di Trump senza praticamente battere ciglio, temendo che l’intera internazionale sovranista (sono centinaia di milioni di utenti) gli si rivoltasse contro. Oggi, si accorgono che rischiano di essere accusati di aver facilitato l’assalto al tempio universale della democrazia, e si riscoprono irreprensibili censori.

8. Come se ne esce? Non se ne esce. Punto. La discussione su come bilanciare verità, libertà di parola e interessi dei media (che sono interessi economici a tutto tondo), è una discussione che va avanti, come già detto prima, fin dai tempi di Gutenberg. E’ uno dei temi essenziali del vivere in società moderne, aperte che si basano, in modo crescente, sullo scambio di informazioni. Come nel passato, troveremo nuovi equilibri precari, per poi rimettere in discussione tutto nuovamente.

9. Cosa aspettarsi per il futuro? Nell’ultimo decennio abbiamo vissuto un contesto di sostanziale laissez faire nel campo dei social media. Per i prossimi quattro anni, vedremo implementare controlli sempre più stringenti (senza però mai arrivare ai livelli di censura che abbiamo conosciuto, anche nelle società occidentali, nella regolamentazione dei media tradizionali). Poi, forse, troveremo un nuovo equilibrio (precario), finché un novello Bergzuck farà saltare tutto il tavolo.

10. E io mi auguro che vada così avanti ancora per un bel po’. Perché l’alternativa è peggio.

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