Le celebrazioni per il 4 luglio, festa americana dell’indipendenza dalla Corona britannica, sono state sapientemente sfruttare dal presidente Donald Trump per festeggiare anzitutto se stesso sciorinando ai media quanto fatto finora ed elencando ciò che resta da fare nell’immediato. Tra i tanti temi toccati dal tycoon, anche il dossier TikTok (il social cinese amato dai giovanissimi in tutto il mondo) che, in base a una legge emanata sotto la precedente amministrazione, non può più restare negli Usa se non sarà venduto a una controllante che gli americani giudichino ‘meno opaca’ di ByteDance.
COSA HA DETTO TRUMP SU TIKTOK
Il presidente degli Stati Uniti ha dichiarato che i colloqui con la Cina potrebbero riprendere già quest’oggi o al più tardi martedì e si è nuovamente detto molto fiducioso sulla possibilità di trovare assieme un possibile accordo che permetta a TikTok di restare negli Usa. “Penso – ha dichiarato ai giornalisti presenti sull’Air Force One – che i dialoghi riprenderanno con il presidente Xi o con uno dei suoi rappresentanti, ma alla fine raggiungeremo un accordo”.
TRUMP IN CERCA DI SOCIAL
Trump, del resto, ha usato massicciamente quel canale in campagna elettorale e in qualche occasione l’aveva persino definito più affidabile dei social del gruppo Meta, ricordando i ban subiti da Menlo Park sul finire del suo primo mandato (ban che Meta ha dovuto risarcire accettando di pagare circa 25 milioni di dollari).
Adesso Mark Zuckerberg sembra rientrato nei ranghi, anzi, non è mai stato tanto allineato con l’ideologia trumpiana, ma è chiaro che il presidente americano non ha affatto dimenticato il trattamento che gli era stato riservato dopo l’assalto del Campidoglio da parte dei suoi sostenitori.
IL PESO DEGLI SCREZI TRA TRUMP E MUSK
Se a ciò si aggiunge che l’altro social preferito da Trump, X, sulle cui fattezze ha modellato la propria piattaforma Truth, è nelle mani di Elon Musk già al lavoro per fondare un nuovo partito che peschi preferenze proprio dal bacino elettorale “Maga” (make America great again) si comprende come mai la Casa Bianca sia così interessata ad addivenire a un accordo che permetta all’attuale inquilino di disporre di un megafono propagandistico realmente ‘amico’.
ANCHE TIKTOK SI MUOVE: IN SVILUPPO LA VERSIONE A STELLE E STRISCE?
Accordo che questa volta sarebbe dietro l’angolo se fossero confermate le indiscrezioni di The Information secondo cui gli sviluppatori cinesi sarebbero al lavoro su di una piattaforma gemella di TikTok, pensata per il mercato Usa e oggetto della ventura alienazione a una software house gradita alla Casa Bianca.
Con ogni probabilità gli utenti statunitensi dovranno scaricare la nuova app ma per non mandare all’aria gli affari da miliardi di dollari dei creator, sulla nuova piattaforma ciascuno ritroverà il proprio account “così com’era”, con lo stesso numero di follower (resta da capire se verranno defalcati gli account di coloro che non si trasferiranno sulla nuova). L’indiscrezione giornalistica è così dettagliata da suggerire che l’app attuale continuerà a funzionare fino a marzo del prossimo anno, dopodiché avverrà gradualmente lo spegnimento a favore della nuova.
Il mese scorso, Trump aveva prorogato per la terza volta il congelamento della legge varata sotto Joe Biden che avrebbe dovuto oscurare TikTok in assenza di un editore statunitense, rimandando la scadenza al 17 settembre: 90 giorni contro i 70 dei precedenti interventi che avevano lasciato supporre sia che la soluzione non fosse ancora dietro l’angolo, sia che non ci sarebbero stati ulteriori rinvii, lasciando dunque il cerino della crisi nelle mani di Pechino, dato che Washington si era formalmente dimostrata oltremodo paziente e disponibile ad addivenire a un accordo.
QUALE SARA’ IL NUOVO ASSETTO?
Il prezzo di mercato di TikTok sarebbe tra i 20 e i 40 miliardi di dollari. Fonti di stampa puntano sull’ipotesi che vengano messi sul tavolo non da un compratore unico, bensì da una cordata di aziende. L’ipotesi più credibile resta quella del consorzio guidato da Oracle e Blackstone cui potrebbe partecipare anche SoftBank.
Si tratterebbe insomma di compratori vicini a Donald Trump, già presenti in altri dossier gestiti direttamente dal presidente americano. Non è da escludere nemmeno l’ipotesi della jv o comunque della partecipazione minoritaria di aziende cinesi per permettere a Pechino di non cedere su tutta la linea al diktat statunitense.
IL RISCHIO DI UNA CAUSA CHE CANCELLI TUTTO
Quel che è certo è che l’intera operazione, se mai dovesse realmente giungere a una conclusione che soddisfi entrambe le parti, potrebbe finire sulla cattedra di qualche corte statunitense dato che i democratici sostengono che Trump non abbia mai avuto l’autorità legale per prorogare la scadenza prevista nella normativa per il 19 gennaio scorso, 24 ore prima del suo insediamento.
Qualsiasi atto costruito su di un simile vizio, dunque, secondo questa tesi sarebbe a sua volta invalido. Ci sarebbero già schiere di politici, associazioni, Big Tech che non amano la piattaforma cinese come pure imprenditori esclusi dalle trattative sull’acquisto perché sgraditi al tycoon pronte perciò a impugnare ciò che potrebbe nascere dall’accordo tra Usa e Cina. Il balletto su TikTok potrebbe insomma durare ancora a lungo e avere parecchi strascichi.