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Perché Spotify, Deezer e altri chiedono a Bruxelles di guerreggiare contro Expedia & Co.

Spotify, Deezer e altri servizi online chiedono all’Unione europea norme più severe contro le piattaforme straniere per garantire maggiore trasparenza ed equità nell’economia digitale

Norme più severe contro la concorrenza sleale a stelle e strisce. E’ questo quello che Spotify, Deezer e altri servizi online chiedono all’Unione europea: è tempo di alzare la voce sostengono le compagnie, che nelle prossime settimane stabiliranno una posizione comune su una proposta di legge platform-to-business (P2B), per garantire maggiore trasparenza ed equità nell’economia digitale.

Se è vero che qualche azione per frenare le pratiche di concorrenza sleali è stata già intrapresa da parte di Bruxelles (anche con l’obiettivo di tutelare la privacy), è anche vero, almeno secondo gli addetti ai lavori che seguono il dossier, che queste non bastano e sono poco incisive.

COSA CHIEDONO SPOTIFY, DEEZER E GLI ALTRI

“Sono necessarie misure mirate per prevenire pratiche sleali da parte delle piattaforme se la legislazione vuole promuovere una crescita digitale sostenuta”, scrivono in una lettera congiunta datata 24 settembre Spotify, Deezer e altre imprese e organismi collegiali come il Consiglio degli Editori Europei o l’Associazione Europea per l’Artigianato.

Nella lettera, non vengono citate esplicitamente le piattaforme incriminate, ma si legge che “sfruttano la loro posizione privilegiata per diventare unici guardiani dell’economia digitale”. Tra le pratiche scorrette, nella lettera si parla di sistema di fatturazione o cambiamenti unilaterali dei contratti.

LA LEGGE P2B

La Commissione Europea ha provato a fare la sua parte: come si legge su Reuters, con la legge P2B la Ue intende costringere app store, motori di ricerca, siti di ecommerce e siti web di prenotazioni alberghiere (come Expedia) a essere più trasparenti su come vengono classificati e archiviati i risultati delle ricerche e sulle cause della cancellazione di alcuni servizi.

Questa legge, poi, darebbe alle aziende anche il diritto di unire le proprie forze per fare causa alle piattaforme online.

Il 27 settembre ci sarà un incontro tra i ministri della competitività dell’Ue per discutere sulla legge. Una volta che i governi del Vecchio Continente avranno deciso una posizione comune, dovranno negoziare con la Commissione e il Parlamento europeo la legislazione finale.

GLI AMERICANI SI DIFENDONO

Intanto, c’è chi prova a calmare le acque. Il gruppo CCIA, che rappresenta Google, Amazon e eBay, crede che non esistano prove di un problema tale da richiedere nuovi regolamenti.

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