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Space Economy

Tutti i piani dell’Italia nello spazio. Parla Urso

La space economy è una priorità per il governo e può divenire un pilastro per lo sviluppo del Paese. È il mercato che cresce di più e nel quale siamo in campo con grandi player e centinaia di piccole e medie imprese. Intervista di Chiara Rossi ad Adolfo Urso, ministro delle Imprese del made in Italy.

L’anno spaziale italiano è iniziato con il ritorno in orbita del nostro paese con la missione Ax-3 dell’Aeronautica Militare e Axiom Space. Quali saranno le prossime tappe?

Nell’ambito del grande sforzo in atto di esplorazione della Luna e di Marte realizzeremo un’infrastruttura di collegamento per scopi scientifici, che ci permetta anche di dar vita a un osservatorio polifunzionale sulla Luna. Il 2024 è l’anno dell’Italia nello spazio. Siamo impegnati anche nel progetto Earth Moon Mars, che punta a realizzare una nuova rete di collegamenti tra la Terra, usando in particolare il Sardinia Radio Telescope, con la Luna e infine Marte. Prosegue anche Oracle, lo studio dell’Asi e dei ricercatori del Politecnico di Milano per estrarre ossigeno dalla regolite, un passo fondamentale per realizzare avamposti sulla Luna in cui far permanere gli esseri umani per alcuni giorni. Con i ministri francese e tedesco, Bruno Le Maire e Robert Habeck, infine, ho firmato nei mesi scorsi un’intesa decisiva per sbloccare i lanci di Ariane 6 e Vega-C, definendo la programmazione fino al 2030, anno in cui l’Europa ambisce a raggiungere il primo sbarco di un suo astronauta sulla Luna.

Ministro, come ha indicato lei stesso in precedenza, l’Italia è ai primi posti per quanto riguarda le ricerche spaziali, inoltre è il terzo paese contributore Esa, quasi alla pari con la Francia. Quali sono i passi necessari per ricoprire un ruolo di leadership nello spazio?

Assistiamo oggi ad un moltiplicarsi di attività spaziali non tradizionali. I servizi in orbita, la rimozione dei detriti orbitali pericolosi, le attività manifatturiere e l’estrazione di risorse naturali nello spazio e nei corpi celesti: saper innovare è essenziale per affrontare le sfide del futuro, come la sicurezza, la difesa e la sostenibilità.

L’Italia è protagonista della nuova era, con i suoi astronauti e con le imprese e ha un peso sempre maggiore nell’Esa, con il sesto posto al mondo per investimenti nel settore in proporzione al Pil con 4,6 miliardi allocati solo nel 2023, potendo contare su un comparto industriale che vede attive 250 imprese, 15 distretti e 6 mila addetti.

Ma ambiamo a un ruolo ancora più rilevante. La space economy rappresenta, infatti, una priorità del governo Meloni, e siamo consapevoli che possa divenire un pilastro per lo sviluppo del Paese. È infatti il mercato che cresce di più, dove si realizzano significative sperimentazioni e dove l’Italia è in campo con grandi player e centinaia di piccole e medie imprese, capaci di realizzare gran parte di quella tecnologia che vediamo nei sistemi satellitari. Una vera e propria eccellenza che si estende sull’intera catena del valore, nel settore dei lanciatori (Avio con VEGA), nel segmento in orbita (Leonardo, Thales/Alenia) e nel segmento terrestre (Telespazio), con imprese specializzate in tecnologie strategiche per l’osservazione della Terra e telerilevamento, applicazioni divenute fondamentali anche nella quotidianità dei cittadini.

Al vertice Esa di Siviglia, come lei ha accennato, ha firmato con i ministri Le Maire e Habeck una dichiarazione per l’accesso autonomo dell’Europa allo spazio che prevede, tra l’altro, la commercializzazione autonoma per il lanciatore italiano Vega. Ma, oltre a promuovere la cooperazione industriale, non si può tralasciare l’aspetto della concorrenza. Come rileva un recente studio Iai “il quadro europeo è diventato infatti molto competitivo, con la Germania che punta sui micro-lanciatori come anche la Spagna, impegnata a promuovere le proprie startup in questo sottosettore, mentre la Francia si sta posizionando attraverso Maia Space, e in nord Europa la Svezia e la Norvegia stanno agganciando le startup più dinamiche e promettenti”. In che modo, secondo lei, l’Italia può affrontare questa sfida?

Come dicevo prima, nel settore dei lanciatori abbiamo raggiunto un accordo di condivisione e non competizione con la Francia sui lanciatori europei Vega-C (costruito dalla nostra Avio) e Ariane-6 (costruito da Arianespace ma con significativa tecnologia italiana). In altri ambiti, abbiamo già altissime competenze e ora abbiamo ottenuto l’assegnazione al Centro spaziale del Fucino di Telespazio, del centro di controllo di Iris2, che rappresenta la risposta europea per le costellazioni in bassa orbita e il futuro delle telecomunicazioni. Questo ci consentirà di proseguire il posizionamento strategico delle competenze italiane. A tal fine si rende necessario favorire l’accesso delle nostre imprese con investimenti e finanziamenti pubblici mirati. Compito del governo è quello di promuovere la sostenibilità degli investimenti, ancorandoli alla domanda di servizi e, non da ultimo, supportando lo sviluppo delle competenze e professionalità necessarie a mantenere la leadership. Lo spazio è anche parte integrante del Piano Mattei e l’asset strategico, costituito dal Centro Spaziale dell’Asi Luigi Broglio a Malindi in Kenya, potrà contribuire in maniera importante a consolidare una rinnovata e più ampia cooperazione con i Paesi africani, sulle attività e tecnologie spaziali, oltre che sugli utilizzi dei dati che da esse derivano, a vantaggio anche di quei territori e delle rispettive iniziative imprenditoriali locali.

Ma sono convinto che, pur sostenendo gli interessi nazionali, i Paesi Ue debbano creare un mercato unico per la space economy per rafforzare la posizione dell’Europa come potenza spaziale globale rispetto agli Stati Uniti e alla Cina.

La filiera industriale italiana del comparto è considerata strategica. In che modo il Mimit intende sostenere queste imprese?

L’economia dello spazio oggi abilita le nostre imprese a operare sulla frontiera dell’innovazione con rilevanti ricadute per i nostri cittadini. Le risorse finanziarie messe a disposizione dal governo per i prossimi anni raggiungeranno entro il 2026 circa 7,3 miliardi di euro, inclusi contributi a ESA, ASI, fondi Pnrr e fondi europei. La space economy è il futuro della nostra industria e anche per questo ho voluto convocare una riunione al ministero con tutti i distretti tecnologici spaziali del nostro Paese per avviare un dialogo strutturato sulle prossime strategie.

C’è grande attesa proprio sulla legge italiana sullo spazio, prima legge quadro sulla space economy, considerata necessaria alla luce dell’evoluzione globale del comparto, caratterizzato dal crescente ruolo di operatori privati impegnati in attività commerciali. Quali sono i principali obiettivi?

Stiamo costruendo un quadro legislativo solido entro il quale le imprese devono muoversi. Se in passato, infatti, lo spazio era una dimensione prevalentemente pubblica, oggi è sempre più una dimensione privata. Questa normativa, perciò, dovrà regolamentare una serie di punti importanti, come la responsabilità da danni causati da detriti spaziali, piuttosto che da caduta di elementi, di razzi di vettori spaziali o da incidenti, che dovessero accadere in orbita nel momento in cui un macchinario spaziale rientra sulla terra. Verrà anche regolamentato il sistema di autorizzazione delle attività spaziali condotte dagli operatori privati, prevedendo requisiti di capacità tecnica e professionale e una valutazione preventiva del rischio connesso all’attività autorizzata, che si affiancherà ad un sistema di vigilanza continua delle attività spaziali nazionali. Ulteriori aspetti riguardano le misure da mettere in atto per consentire uno sviluppo del comparto industriale, delle attività di ricerca scientifica e dell’innovazione tecnologica. Con questa legge l’Italia si pone all’avanguardia in vista del varo europeo di un regolamento in materia.

(Articolo pubblicato sull’ultimo numero del quadrimestrale di Startmag)

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