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Fragili

Lo smart working è imbrigliato dalla burocrazia fiscale

Che cosa succede allo smart working. L'intervento di Marco Pepe, consigliere nazionale di Unimpresa

 

Esiste uno stretto rapporto tra la contrattazione collettiva di secondo livello, lo strumento dello smart working e la burocrazia fiscale di questo Paese. Dal 1° Aprile il lavoro da remoto uscirà dalla fase emergenziale per diventare uno strumento diffuso e strutturale nella vita di tutti i giorni e nella contrattazione nazionale e aziendale. L’uso di tale strumento sta cambiando l’organizzazione del lavoro obbligando le parti in campo a rimodulare l’intera vita aziendale o parte di essa per disegnare nuovi servizi rivolti alle esigenze dei worker modificando inevitabilmente anche il concetto di azienda al centro. Le aziende che per loro natura eseguono processi di lavorazioni realizzabili da remoto, hanno a disposizione, oggi, diversi scenari su cui poter agire al meglio per mantenere e/o aumentare la produttività: ridurre i costi di gestione degli uffici, ridurre la mobilità a tutto vantaggio dell’ambiente, processare percorsi formativi e/o di aggiornamento in modo più semplice ed efficace utilizzando maggiormente la modalità e-learning, gestire al meglio i rapporti sociali e professionali tra i dipendenti, aumentare le potenzialità per acquisire ulteriori commesse.

Ma tutto questo è possibile solo se l’atteggiamento mentale di chi è deputato a gestire tali cambiamenti è rivolto al concetto dell’esigenza del worker e non vedere lo smart working come semplice posto di lavoro in luogo diverso dall’ufficio e tenere il tele lavoratore in controllo continuo. Parliamo di ben altro. Certo, fatte le dovute distinzioni legislative del ruolo del tele lavoratore diversamente dallo smart working. Rimanere fermi al concetto, ad esempio, che i servizi (bar, alberghi, ristoranti, ecc.) esistenti intorno agli uffici rischierebbero di fallire, depotenzierebbe questo potente strumento relegandolo a semplice opzione aziendale a disposizione del datore di lavoro e del lavoratore. Il coraggio, in epoca di grandi cambiamenti, è proprio il ripensare l’organizzazione della città. Pensare di redistribuire capillarmente i trasporti locali, facilitare fortemente il “trasloco” dei servizi nelle aree più densamente popolate al fine di permettere al worker di avere attorno a se tutti i servizi nel raggio di pochi chilometri permetterebbe non solo di restituire intere aree oggi abbandonate al degrado sociale ad una sufficiente qualità della vita ma porrebbe le condizioni per utilizzare al meglio stabili che oggi vivono solo dal lunedì al venerdì e per il resto del tempo restano dei deserti urbani.

Alla luce di tali cambiamenti, diventa evidente che anche la contrattazione nazionale e, in particolare quella aziendale, assume un ruolo principe nel porre le basi facilitando i processi di cambiamento ma soprattutto pone sotto la lente d’ingrandimento quanto previsto all’articolo 51 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi – TUIR- dove sono elencati i benefit nel caso di premio di produttività trasformato in welfare cosiddetto “puro” per godere della piena deducibilità fiscale. A titolo di esempio ricordiamo i rimborsi di tasse e testi scolastici, servizi di nursey e baby-sitting, campi estivi, buoni spesa, gift card, voucher, abbonamenti palestra, viaggi, rimborsi per visite specialistiche, ed altro ancora.

Purtroppo la burocrazia fiscale rischia di impantanare queste spinte di rinnovamento se non si interviene in tempo conciliando le nuove esigenze alle inevitabili necessità che nasceranno con le attuali normative fiscali. Le voci di deducibilità sopra accennate dovranno, ad avviso di Unimpresa, essere ampliate prevedendo, ad esempio benefit per servizi a domicilio in caso di riparazioni all’interno della propria abitazione o servizi fruibili da remoto di vario genere, insomma un vestito di servizi su misura per il worker.

Non ultimo l’aspetto della sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro: Unimpresa da tempo ha proposto, nelle opportune sedi istituzionali, alcune modifiche all’articolo 51 come ad esempio quella riguardante un aspetto particolare alla lotta contro gli infortuni nei luoghi di lavoro ossia l’aspetto culturale della protezione individuale. Secondo chi scrive, è importante istituire dei sistemi premiali che diano un forte messaggio di volontà da parte dello Stato di superare l’ostacolo “culturale” della sicurezza. Nessun incidente nell’anno vuol dire totale defiscalizzazione sugli acquisti, formazione e manutenzione dei sistemi di sicurezza aziendali. I costi per le imprese si ridurrebbero lasciando spazio ad investimenti o nuove macchine di produzione.

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