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Intelligenza Artificiale

Siamo sicuri che sia un bene correre dietro al treno dell’innovazione senza nemmeno conoscere la destinazione?

Prima ci sono stati la blockchain e il metaverso, ora l’intelligenza artificiale. L'approccio è sempre lo stesso: corrergli ciecamente dietro per arrivare primi senza risolvere prima le questioni etiche e sociali rimaste in sospeso. L'intervento di Isabella Corradini, Presidente Themis, Centro Ricerche Socio-psicologiche e Criminologico-forensi

 

L’innovazione tecnologica, con tutto quello che ne consegue, ci ha abituati ad altri ritmi e ad altri modi di relazionarci. Ma anche ad altri modi di vedere le cose. Forse non ne siamo consapevoli, la viviamo e basta.

A volte, però, è necessario fermarsi per capire se quello che stiamo facendo – e soprattutto come lo stiamo facendo – sia in grado di raggiungere gli obiettivi prefissati.

È vero che l’evoluzione tecnologia incalza, ma è altrettanto vero che non dobbiamo correre dietro a tutte le innovazioni senza aver dato risposte a questioni rimaste in sospeso. Si tratta di argomenti rilevanti per il presente e il futuro della nostra società, e non possono essere trattati al pari delle mode, come i cappellini da sfoggiare alla prima occasione.

L’ultima in ordine di arrivo è l’Intelligenza artificiale generativa, sotto forma di ChatGPT e simili: come ci ha fatto notare in un post su Linkedin Andrea Lisi, ormai non c’è giorno che non se ne parli sui media e sui social. Certo, l’argomento è ghiotto e gli interessi sono enormi, ma che fine hanno fatto la blockchain, il metaverso e tutto il resto?

Sembra perfino ridimensionata la cybersecurity (per fortuna non ancora passata di moda) che, in realtà, proprio a causa dei progressi dell’intelligenza artificiale dovrebbe godere di una certa attenzione, dal momento che i cybercriminali non stanno certo a guardare, ma sono sempre pronti a sfruttare tutte le innovazioni possibili e le vulnerabilità umane che ad esse si associano. Tuttavia, sembra che anche gli attacchi non facciano più notizia come un tempo. Il bollettino di guerra è comunque ben documentato da Red Hot Cyber che, quotidianamente, pubblica di attacchi rivendicati da qualche gruppo di cyber criminali.

Sembra esserci una certa assuefazione a notizie di attacchi cyber, una sorta di “desensibilizzazione”: è un qualcosa che ormai ti aspetti, dunque è bene mettersi l’anima in pace, perché come amano ripetere gli esperti è solo una questione di tempo.

Il problema, a mio avviso, non è nemmeno più la cybersecurity. È il modo con cui si affrontano le questioni del digitale (e altro) che richiede un’adeguata riflessione.

Io credo che più che di mode, abbiamo bisogno di chiarire strategie e metodi con cui si intende agire, perché il digitale continuerà ad avere un impatto significativo sulla vita delle persone. Le mode passano, i problemi restano e, se mal affrontati, crescono.

Il tema dell’intelligenza artificiale (più che di un’eccessiva presenza mediatica – che rischia di produrre l’effetto desensibilizzazione) merita un’approfondita riflessione sui contenuti, dal momento che pone rilevanti quesiti sugli aspetti umani della questione, sia in senso etico che sociale. Questioni che – pur lasciando aperta la porta all’ottimismo – dubito saranno affrontate con la dovuta accortezza, perché quando comincia a diffondersi il mantra secondo cui “l’Italia non può permettersi di perdere questo treno di opportunità”, sono tutti presi dalla frenesia di arrivare per primi al traguardo, senza aver opportunamente soppesato i pro e i contro delle scelte.

Invece di correre appresso a treni di cui non si conosce ancora l’esatta direzione, sarebbe il caso di agire con prudenza: sicuramente andare verso l’innovazione, ma farlo con piena consapevolezza, stimolando prima di tutto confronti interdisciplinari, per evitare che ci sia un appiattimento su posizioni meramente tecnologiche, come già avvenuto per altre questioni, come la cybersecurity. Tutti, infatti, continuano in questo settore a ribadire l’importanza della “consapevolezza” per far fronte alle criticità del fattore umano, ma poi è sempre la tecnologia a tenere banco (vedasi gli ormai quotidiani convegni sul tema).

È chiaro che sull’intelligenza artificiale al momento ci sono più domande che risposte. In proposito, invito a leggere il volume pubblicato dalla fondazione Pensiero Solido “Intelligenza Artificiale. E noi?”, che riporta gli atti di un convegno tenutosi a maggio a Milano (dove ha partecipato anche la scrivente): un’occasione di confronto dal quale è emerso che non c’è una reazione univoca rispetto all’argomento. Come ha scritto su Twitter Antonio Palmieri, che ha curato il volume con Giovanni Iozzia.

“C’è chi la esalta e chi ne ha paura. Noi ti proponiamo un approccio né catastrofista, né iperottimista, ma ancorato alla realtà. “Intelligenza artificiale. E noi?” Una sfida alla nostra umanità.”

Una sfida che dobbiamo avviare in modo responsabile. Ma prima di tutto dovremmo però avere chiaro che tipo di società (non solo digitale) vogliamo creare per il prossimo futuro.

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