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Saper prevenire e gestire eventi estremi come l’inondazione di Venezia

L’intervento di Enrico Zio, docente al dipartimento Energia al Politecnico di Milano e a MINES ParisTech   Per la prima volta in Italia, a Venezia (1-5 novembre) la conferenza internazionale ESREL 2020 PSAM 15 unisce la 30°edizione della conferenza annuale European Safety and Reliability (ESREL) e la 15°edizione della conferenza biennale Probabilistic Safety Assessment & Management (PSAM).…

 

Per la prima volta in Italia, a Venezia (1-5 novembre) la conferenza internazionale ESREL 2020 PSAM 15 unisce la 30°edizione della conferenza annuale European Safety and Reliability (ESREL) e la 15°edizione della conferenza biennale Probabilistic Safety Assessment & Management (PSAM). Si tratta quindi della manifestazione tecnico-scientifica di settore più importante a livello mondiale. Una cinque-giorni ricca di tavole rotonde, con più di 800 contributi scientifici e tecnici selezionati dal Comitato Scientifico. (Redazione Start Magazine)

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L’esigenza di valutare i rischi da eventi estremi e disastri non è nuova. L’obbiettivo di un governo, infatti, è di assicurare che la nazione sia preparata a fronteggiare situazioni inattese, nel senso di saper limitare le potenziali conseguenze e i danni provocati da un disastro e sapere rapidamente ristabilire condizioni di vita ammissibili. Tuttavia, al di là delle buone intenzioni, un governo non è in grado di garantire il controllo di tutto il suo territorio (per lo specifico caso delle inondazioni, l’unica eccezione è forse quella dell’Olanda con il suo sistema integrato di controllo di e protezione da inondazione, costituito da 3,800 km di argini, barriere e dighe periodicamente rinnovati con fondi provenienti da tasse nazionali e regionali).

D’altra parte, in tutto il mondo negli ultimi anni si sono registrati molti eventi naturali (inondazioni, tempeste di vento e ghiaccio, incendi, tsunami, terremoti) che hanno generato veri e propri disastri con conseguenze drammatiche sulle popolazioni. Restando lontani da casa nostra, negli Usa, tra il 1980 e il 2017 si sono verificati 219 grandi disastri naturali legati a eventi meteorologici, per un costo di oltre 1500 miliardi di dollari (e 700 morti nel solo decennio 2004-2014…). Nello specifico delle inondazioni, usando sofisticati modelli geo-idrografici e socio-economici, è stato stimato che negli Usa circa 40 milioni di persone sono esposte al rischio di gravi conseguenze (fatalità) causate da eventi d inondazione e che i potenziali futuri costi associati a tale rischio si aggirino intorno ai 1000 miliardi di dollari. In Inghilterra, ci sono circa 5 milioni di proprietà e 1000 siti infrastrutturali, esposti a rischio di inondazione.

Inoltre si è osservato un aumento della frequenza di accadimento di tali eventi, particolarmente significativo negli anni 2000, che porta a una giustificata forte preoccupazione che il numero di questi eventi e la loro intensità possano crescere in maniera importante nel prossimo futuro, a causa del cambiamento climatico che sta avvenendo (indipendentemente da quale ne sia la causa). I Presidenti delle Accademie Scientifiche Americane hanno sottoscritto all’unisono quello che tutti sappiamo, che “L’atmosfera e gli oceani si stanno riscaldando, la dimensione e la frequenza di alcuni tipi di eventi naturali estremi stanno crescendo, e il livello del mare sta salendo”. Il numero di morti e il costo dei danni causati da disastri di origine naturale continua a crescere. Studi relativamente recenti hanno mostrato che la numerosità e l’intensità delle inondazioni sono aumentate sensibilmente in Europa nel periodo 1985-2009. Non a caso, l’Olanda (ancora una volta…), ha modificato i suoi criteri di “prevenzione di inondazione” passando da richiedere a livello progettuale specifici limiti sui tassi di cedimento delle barriere protettive, a introdurre un livello di rischio locale e individuale del cittadino, con l’obbiettivo di coprire in questo modo anche gli eventuali effetti da cambiamenti climatici futuri (in particolare, in considerazione dell’atteso aumento del livello del mare e degli scarichi dei fiumi).

A fronte della situazione che stiamo vivendo, e pensando a quella che ragionevolmente possiamo aspettarci di vivere, è necessaria una responsabile, forte presa di posizione razionale, mirata a rafforzare e ulteriormente sviluppare le competenze su metodologie e strumenti che ci consentano di valutare il rischio generato da eventi naturali estremi al fine di poter fornire informazioni utili ai decisori per consentire loro di formulare scelte di investimento adeguate a proteggere e rendere resilienti, territori, popolazioni, infrastrutture.

Vulnerabilità e rischio sono concetti fondativi di solide metodologie di analisi e gestione razionale, basate su approcci strutturati, sistemici e sistematici che devono essere profondamente radicati nelle pratiche di protezione e resilienza dei territori, delle popolazioni e delle infrastrutture: questo è l’unico modo per poter cercare di identificare e comprendere le loro fragilità e i pericoli ai quali sono esposti, così da poter sviluppare proattivamente le soluzioni tecniche, tecnologiche e sociali per la loro protezione e resilienza.

Con le conoscenze sviluppate, le (dolorose) esperienze vissute, le tecnologie, le informazioni e i dati a disposizione oggi, dobbiamo investire per sviluppare criteri e standard per il progetto e la gestione di sistemi di protezione ed interventi di emergenza a supporto dell’operazione e della vita resiliente delle nostre comunità esposte a potenziali disastri causati da eventi naturali estremi, per ridurne le conseguenze e ottimizzarne il pronto recupero.

Non si può attendere. Quello dei disastri naturali è ben lontano da essere un “nuovo problema” e, tuttavia, continuiamo a sottostimare i pericoli, rimanendo ogni volta increduli, impreparati e, successivamente, scandalizzati. Tutto questo, indipendentemente dagli “allarmi” delle tante agenzie nazionali ed internazionali che continuano a sviluppare studi su questi temi e a emanare linee guida, direttive, etc.

Il nostro territorio, le infrastrutture critiche che lo attraversano per il trasporto di persone, beni e servizi (reti ferroviarie, reti autostradali, reti elettriche, reti gas, reti acqua, reti di telecomunicazione) e di conseguenza le nostre comunità sono molto vulnerabili ed esposti a potenziali grandi disastri naturali. E’ doveroso agire, con la consapevolezza di poter fare.

Proprio per sensibilizzare in questa direzione va l’aver organizzato per la prima volta in Italia, a Venezia appunto, la conferenza della European Safety and Reliability Association (ESRA) e della International Association  for the Probabilistic Safety Assessment and Management (IAPSAM), dal 21 al 26 Giugno 2020, per discutere e condividere le sfide che le istituzioni e le aziende di diversi ambiti industriali devono affrontare per progettare e assicurare la sostenibilità̀ delle proprie produzioni, operazioni e servizi, la sicurezza dei propri asset, delle infrastrutture, delle persone, e degli ecosistemi, in cui viviamo.

In questa direzione, va anche l’iniziativa di costituire l’Istituto Italiano del Rischio, la cui idea programmatica è stata lanciata nella conferenza stampa del 2 Aprile di quest’anno presso Regione Lombardia, per fornire all’Italia una piattaforma collaborativa di studio e ricerca multidisciplinare sul tema della valutazione e gestione dei rischi, dei metodi per la previsione, anticipazione e gestione dei rischi e delle emergenze in condizioni di incidente, a supporto dei principali attori, operatori e responsabili delle decisioni in merito alle politiche e strategie associate. Il perimetro di competenza comprende i rischi naturali e tecnologici, comprensivi dei rischi industriali e infrastrutturali trattati in modo sistemico, olistico e completo negli aspetti di sicurezza, security (incluso cyber) e resilienza. L’obiettivo è quello di fornire al Paese Italia (al pari di altri Paesi) un centro di competenza multidisciplinare altamente qualificato, in grado di sviluppare soluzioni credibili di alta qualità per far fronte ai rischi a cui gli impianti, i sistemi complessi e le infrastrutture critiche sono esposti, per coadiuvare i responsabili politici e tecnici nello sviluppo sostenibile, sicuro e resiliente del Paese.

Viviamo in un mondo 4.0, fatto da sistemi e infrastrutture sempre più interdipendenti, “sistemi di sistemi” sempre più complessi. Industria 4.0: robotica, droni, automobili a guida autonoma, realtà aumentata e virtuale, dati e intelligenza artificiale, connettività e 5G, città e sistemi intelligenti…lo sviluppo sostenibile e il funzionamento sicuro di questo mondo che stiamo costruendo nel presente e che lasceremo in eredità alle future generazioni, dipende dalla affidabilità e sicurezza dei sistemi e delle infrastrutture che lo sosterranno: se li progettiamo e li gestiamo in modo che siano affidabili e sicuri, allora sarà un mondo davvero intelligente e sostenibile.

 

Enrico Zio, docente al dipartimento Energia al Politecnico di Milano e a MINES ParisTech
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