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Automazione Fondo Intelligenza Artificiale

Quando i robot salvano il lavoro

L’arrivo dei robot sul posto di lavoro non è sempre una tragedia: l’automazione salva il Giappone I robot ci ruberanno il lavoro. Lo abbiamo sentito dire tantissime volte. Troppe, forse. I report in materia si moltiplicano, mentre dalle personalità del mondo della tecnologia e dalle istituzioni arriva qualche soluzione per evitare il peggio. Bill Gates,…

L’arrivo dei robot sul posto di lavoro non è sempre una tragedia: l’automazione salva il Giappone

I robot ci ruberanno il lavoro. Lo abbiamo sentito dire tantissime volte. Troppe, forse. I report in materia si moltiplicano, mentre dalle personalità del mondo della tecnologia e dalle istituzioni arriva qualche soluzione per evitare il peggio. Bill Gates, tra gli altri, ha proposto una tassa sugli automi.

Ma c’è anche chi dopo esser dato all’automazione ha aumentato il numero dei propri dipendenti e, soprattutto, c’è il Giappone che non trovando impiegati ha deciso di salvare il lavoro proprio grazie ai robot. Partiamo proprio da questo.

Giappone: assume robot per salvare il lavoro

Il Giappone è un Paese sempre più vecchio e ad immigrazione zero. Trovare un dipendente diventa davvero difficile e complicato, una vera impresa che spesso, però, non porta ad alcun risultato positivo. Cosa fare dunque? Non resta che assumere robot.

Secondo un report della Bank of Japan, le aziende del Sol Levante sono pronte a sostituire i propri dipendenti con automi. In particolare, le società tra i 100 milioni di yen e un miliardo di fatturato, come scrive la Banca, hanno deciso di incrementare del 17,5% i loro investimenti in robotica nel 2017.

“La percentuale di spesa dedicata a diventare più efficienti sta aumentando a causa della mancanza di lavoratori”, ha dichiarato Seiichiro Inoue, direttore dell’ufficio per la politica industriale del ministero giapponese dell’Economia.

Perchè il Giappone si affida ai robot?

I motivi sono diversi: se da una parte ci sono i giovani che non intendono prendere il posto dei padri o dei nonni in azienda, dall’altra c’è il fatto che il Giappone è un paese sempre più vecchio. Secondo i dati di un report a firma McKinsey, infatti, il 25% degli abitanti ha più di 65. A breve (entro il 2040) la popolazione sarà composta per il suo 36% da nonni. Poche nascite e immigrazione zero.

Numeri questi che si riflettono, ovviamente, anche sul mondo del lavoro. Entro il 2040, infatti, come sostiene McKinsey, Tokyo farà i conti con il 21% in meno di lavoratori dei 69 milioni di cui avrebbe bisogno per mantenere una crescita economica all’1%.

robotDobbiamo anche aggiungere, però, la pessima condizione lavorativa in cui versa il Giappone. Gli impiegati sono costretti a turni disumani: numerose le morti per troppo lavoro. Il governo ha tentato di introdurre limiti alle ore di lavoro, ma non è stato fatto nulla di concreto.

Ed ecco che l’arrivo dei robot, più che una tragedia, potrebbe rappresentare una salvezza. Anche le aziende poco digitalizzate devono fare i conti con questa realtà. Per ora i robot hanno preso il posto dell’uomo nelle catene di montaggio e negli alberghi, ma la loro diffusione è una realtà in divenire.Basti pensare che, secondo i dati del ministero del lavoro, alla fine di marzo 2016 le medie aziende (100-499 lavoratori) erano alla ricerca di ben 1,1 milioni di lavoratori, il numero più alto negli ultimi cinque anni. 

Robot: non possono far tutto

Saranno di certo diffusissimi, eppure i robot non possono e non potranno fare tutto. Soprattutto in Giappone. Se negli altri Paesi l’automazione è vista come un problema, il Sol Levante può star tranquillo. Uno studio di PricewaterhouseCoopers (Pwc), sostiene infatti che nel 2032 (circa), il 38% dei posti di lavoro disponibili oggi negli Stati Uniti potrebbero essere presi dai robot. In Germania, invece, l’automazione eliminerà il 35% dei posti e in Gran Bretagna il 30%. In Giappone “solo” il 21%.

Perchè percentuale di penetrazione dei robot varia?  Il motivo è semplice: si basa sul livello di istruzione medio nei vari territori: più alto è il livello, più sarà difficile la sostituzione con gli automi. I lavori più a rischio automazione, infatti, sono quelli che richiedono un livello inferiore di studio per essere svolti.

I settori più a rischio

Detto questo, è facile capire quali saranno i settori più a rischio. Secondo lo studio di Pwc, ad essere completamente automatizzati saranno i settori dell’ospitalità, dei servizi alimentari, dei trasporti e dello stoccaggio.

L’avvento della guida autonoma, per esempio, manderà in pensione gli autisti di camion e poi dei pullman e degli autobus. Alle aziende converrà impegnarsi solo nella manutenzione ordinaria e straordinaria di una vettura senza conducente, che farsi carico anche dei costi di un contratto per un dipendente alla guida della vettura.

I robot hanno già preso il posto dell’uomo

Gli automi sono già entrati nelle fabbriche e negli uffici di tutto il mondo. Almeno secondo un rapporto dell’International Federation of Robotics, secondo cui sono già operativi in tutto il mondo oltre 1,5 milioni di robot industriali. E il numero è destinato almeno a raddoppiare entro il 2025.

Facendo riferimento agli Stati Uniti, a sfruttare le potenzialità dei robot è soprattutto il settore dell’auto, che sfrutta il 39% dei robot industriali utilizzati negli Stati Uniti. I dati del 2014 danno un rapporto di 117,7 robot ogni mille lavoratori. Segue a distanza il settore dell’elettronica da consumo (13,1 robot ogni mille lavoratori) e le industrie chimica e metallurgica (rispettivamente 9,9 e 8,3 robot per lavoratore). L’automazione è invece pressoché inesistente nei comparti cartiero e tessile.

BlackRock un automa al posto di trader umani

Aria di rivoluzione tecnologica in casa BlackRock, la più grande società di investimento al mondo con in portafoglio 5100 miliardi di dollari di averi. Il fondo finanziario americano ha sostituito i trader umani con un cervellone elettronico per lo stock picking, ovvero per la selezione di azioni e titoli. Saranno le macchine a prendere in considerazione una serie sterminata di variabili, cercando di comprendere quali siano i titoli più redditizi sui quali puntare e quale sarà l’evoluzione del loro prezzo.

La decisione del fondo viene dalla necessità di velocizzare e migliorare la scelta dei titoli: i computer potranno svolgere meglio dell’uomo questo lavoro. Alle macchine riesce meglio sia l’analisi sistematica di una grande quantità di dati, sia la minimizzazione del relativo margine di errore.

Insomma, sui ‘big data’ il cervello umano non potrà mai competere con l’intelligenza artificiale. “La democratizzazione dell’informazione ha fatto diventare sempre più arduo il compito dell’active management.

Dobbiamo cambiare l’ecosistema, il che vuol dire far conto di più su big data, intelligenza artificiale, fattori e modelli nell’ambito di strategie di investimento sia tradizionali che quantitative”, spiega il ceo di BlackRock Larry Fink al New York Times.

C’è di più. L’assunzione degli automi abbasserà i costi delle commissioni a carico degli investitori.

La proposta di Bill Gates

Quello che propone Bill Gates è semplice: visto che i robot ruberanno il lavoro dell’uomo, è giusto che questi vengano tassati.

Bill Gates

Bill Gates

“Al momento se un lavoratore umano guadagna 50.000 dollari lavorando in una fabbrica, il suo reddito è tassato. Se un robot svolge lo stesso lavoro dovrebbe essere tassato allo stesso livello”, suggerisce Bill Gates. “Non ritengo che le aziende che producono robot si arrabbierebbero se fosse imposta una tassa” aggiunge Gates.

In effetti, se i robot prenderanno progressivamente il posto degli esseri umani all’interno delle mansioni lavorative, sempre meno persone lavoreranno e dunque sempre meno individui pagheranno le tasse. Si avrebbe sempre meno denaro per finanziare opere pubbliche e lavori e questo sarebbe un male per le tasche dello Stato.

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