Nell’anno in cui quattro miliardi di persone sono chiamate al voto, con elezioni che potrebbero plasmare nuovi equilibri e accentuare esistenti divisioni, la politica da Occidente a Oriente abbraccia con maggiore insistenza i nuovi media, come i social e i videogiochi sempre più sfruttati non solo da Pechino (e presto dalla Russia, che vuole mettersi in pari) ma anche dalle democrazie per veicolare messaggi propagandistici e come strumento anti censura e dittatura.
VIDEOGIOCHI ANTI CENSURA?
Secondo un approfondimento di Aftermath ripreso dalla testata specializzata Multiplayer, il Dipartimento della difesa degli Stati Uniti d’America lo scorso aprile avrebbe iniziato ad accettare candidature per la sovvenzione da un milione di dollari a favore di un’organizzazione non profit che intenda sviluppare “un gioco sempreverde in una piattaforma sandbox, con una fanbase già esistente, in cui i partecipanti prendono parte a una esperienza ludica che costruisca la resilienza cognitiva all’autoritarismo e promuove norme e valori democratici”.
LA CRISI CON LA RUSSIA PASSA ANCHE DAI VIDEOGAME
Inoltre, nello stesso periodo l’ente americano avrebbe offerto altri 250.000 dollari per un programma esport (le competizioni sportive in ambito videoludico) non profit da attuare in Ucraina nel quale “gli atleti riceveranno una formazione in materia di contro disinformazione/risoluzione dei conflitti per affrontare la propaganda e la disinformazione straniera in spazi di gioco online competitivi”.
Iniziative simili si sprecano soprattutto da quando la Russia ha iniziato la guerra con Kiev: sempre gli Usa mettono sul piatto 800.000 dollari per lo sviluppo di uno o più videogame che aumentino “lo scetticismo dei giocatori nei confronti della propaganda e della disinformazione straniera”.
IL RUOLO DEL GLOBAL ENGAGEMENT CENTER
Al centro di tutto si trova il Global Engagement Center, un’agenzia del Dipartimento di Stato che ha l’obiettivo di “riconoscere, comprendere, smascherare e contrastare gli sforzi di propaganda e disinformazione di Stati stranieri volti a minare o influenzare le politiche, la sicurezza o la stabilità degli Stati Uniti, dei suoi alleati e delle nazioni partner”.
Finora l’agenzia aveva promosso in modo acclarato iniziative di altro tipo e, in ambito videoludico, missioni di alfabetizzazione dei nuovi media che veicolassero al più messaggi sulla sostenibilità o sull’importanza dell’agricoltura. Ma è evidente che adesso l’ente statunitense ha deciso di cambiare il passo.
QUEI VIDEOGIOCHI CHE DICONO GAME OVER ALLA DITTATURA
Non è la prima volta che i videogiochi provano a combattere la dittatura e la censura bucandone i muri virtuali imposti anche sul web. Da questo punto di vista, i sandbox finora si sono rivelati parecchio insidiosi per gli autocrati.
È ormai storica l’immensa biblioteca aperta su Minecraft, fortunato videogame da oltre 300 milioni di copie vendute in tutto il mondo ideato da Markus Notch Persson. La mappa Uncensored Library, sviluppata, promossa e curata dalla Ong Reporters Without Borders, anziché offrire un livello tradizionale, contiene tutto – o quasi – lo scibile umano. Inclusi scritti che alcuni Paesi hanno vietato, come gli articoli scritti da Jamal Khashoggi prima di essere assassinato. Allo stesso modo, nella sezione dedicata alla Russia vengono ospitati i testi di Yulia Berezovskaia, messa all’indice in patria. E così via.
O, ancora, non si contano le iniziative fiorite negli ultimi anni a sostegno dell’Ucraina, con tanto di raccolte fondi tra le community di gamer e le recenti proteste a favore della Palestina su Roblox. Il metaverso o ciò che ne resta in alcuni momenti è stato anche la piazza virtuale usata dai giovani di Hong Kong per chiedere maggiore libertà, poi però la Cina ha stretto le proprie catene attorno alla floridissima penisola e anche i videogame si sono fatti più silenziosi.
Queste iniziative finora erano parse lodevoli e meritorie perché partivano dal basso o venivano al più orchestrate da Ong. Il finanziamento da parte degli Usa di progetti analoghi sembrano però destinati a renderli più simili a mera attività di propaganda innestata nei videogame, tecnica peraltro già abusata proprio da quelle dittature o democrature (in Cina per esempio per legge i videogame devono veicolare i valori cardine del socialismo) che le democrazie occidentali vogliono contrastare.