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Perché è quasi sguarnita e inerme la frontiera dei medici di famiglia. Parola di medici

Tamponi dai medici di famiglia? Manca il personale ed è arduo prevedere corsie differenti negli studi medi per separare i sospetti Covid dagli altri pazienti. Fatti, numeri e approfondimenti 

 

Tamponi nasali dai medici di famiglia. Questo è quello che auspica il governo e Domenico Arcuri, commissario straordinario per l’emergenza Covid-19. Diversa, però, la posizione dei medici, che lamentano di essere pochi, di aver bisogno di un supporto e che negli studi è impossibile dividere chi è un sospetto Covid da chi si reca per altri disturbi.

Tutti i dettagli.

LE PAROLE DI ARCURI

Partiamo dagli auspici o, meglio, dai piani del governo. Nel corso dello scorso weekend si è conclusa la gara per l’acquisto di 5 milioni di test antigenici rapidi da fornire ai medici di base. Si tratta di test che devono essere somministrati a livello nasale, semplici da effettuare e che darebbero il risultato nel giro di pochi minuti.

“Ci servirà qualche giorno per valutare le offerte ma entro una settimana, dieci giorni li acquisiremo. Molto velocemente metteremo in campo questi strumenti e lo faremo non solo per porti e aeroporti ma ci sarà anche un certo numero a disposizione dei medici di medicina generale”, ha promesso il commissario Arcuri, in base a quanto riporta Il Messaggero.

MEDICI DI BASE: NE MANCANO 5.000 ALL’APPELLO

Tutto ok? No. “In molte Regioni ne sono rimasti in servizio davvero pochi, a partire proprio dalla Lombardia — dice Silvestro Scotti, segretario del sindacato di categoria Fimmg, a Repubblica – secondo i nostri calcoli 3 mila medici sono andati in pensione quest’anno, e altri 2 mila ci andranno all’inizio del prossimo”. Conti alla mano, su 40 mila medici di famiglia ne mancano all’appello 5 mila.

SERVE UN SUPPORTO INFERMIERISTICO

Il numero dei medici a lavoro non è il solo problema da risolvere. Per fare i tamponi negli studi, infatti, i medici hanno bisogno di un supporto infermieristico.

Il governo a questo ci ha già pensato, a dire il vero, ma solo su carta: nel ddl agosto il governo ha stanziato 10 milioni di euro per assumere infermieri a sostegno dei medici di famiglia, ma le somme non sono state nemmeno ripartite.

“Adesso ci chiedono di fare i tamponi, ma attendiamo ancora che vengano assunti gli infermieri che dovrebbero affiancarci”, lamenta Scotti.

SNAMI: IMPOSSIBILE FARE TAMPONI NEGLI STUDI MEDICI

A sollevare perplessità sul piano di “tamponamento” del governo è anche lo Snami, il secondo sindacato di settore, prevalente in Lombardia.

“È pura follia. I nostri studi non sono adatti a separare i casi sospetti che arrivano per il test dagli altri”, dice Roberto Rossi, responsabile regionale della sigla.

E LE USCA?

Mancano all’appello, nella maggior parte delle regioni anche le Usca, le Unità create durante la prima ondata dell’emergenza per andare a casa dei pazienti a fare tamponi e prestare loro assistenza.

Come ha detto Italo Angiolillo, presidente della Società italiana di Igiene preventiva, a Repubblica: le regioni virtuose sono “Emilia-Romagna e Toscana, nelle altre il sistema non funziona”.

I numeri, anche in questo caso, parlano chiaro: in Italia si dovrebbe istituire una Usca ogni 50 mila abitanti, e dunque “dovrebbero essere 1.200, in realtà ne sono attive meno della metà”, spiega Angiolillo. Il governo, spiega il Quotidiano diretto da Maurizio Molinari, ha stanziato un miliardo per assumere 9.600 infermieri da destinare proprio a distretti sanitari e Usca, ma in pochi sono stati chiamati.

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