(Quanto costerebbe un iPhone “Made in Usa”? Un salasso da 3.500 dollari. Estratto del Settimanale “Tech e Privacy”, la newsletter di Claudia Giulia Ferrauto)
Secondo le stime riportate dalla Cnn e fornite da Dan Ives, responsabile globale della ricerca tecnologica presso Wedbush Securities – basandosi sulla politica dei dazi e rilocalizzazione – prezzo di un iPhone potrebbe salire vertiginosamente fino a toccare quota 3.500 dollari, se Apple decidesse davvero di trasferire la produzione negli Stati Uniti.
Questa previsione si inserisce nel contesto delle politiche commerciali proposte da Donald Trump, che spingerebbero per una rilocalizzazione della produzione sul suolo americano. Tuttavia, gli analisti avvertono che il costo per Apple sarebbe altissimo: circa 30 miliardi di dollari solo per trasferire il 10% della catena di approvvigionamento, un’operazione che tra l’altro richiederebbe almeno tre anni, per una prima parte del processo.
Secondo Ives, realizzare l’intera produzione dell’iPhone negli Stati Uniti rappresenterebbe una “storia di fantasia”, soprattutto per l’enorme complessità e i costi necessari per ricreare negli Usa l’attuale ecosistema produttivo asiatico. La cifra di 3.500 dollari rappresenterebbe quindi il risultato diretto di manodopera più costosa, infrastrutture da costruire e forniture tecnologiche da rilocalizzare in aree come il West Virginia o il New Jersey.
A mio parere, l’analisi è essenzialmente un esercizio di stile, visto che Apple non sta comunicando niente in tal senso, ma è interessante perché rappresenta il potenziale impatto delle politiche protezionistiche di Trump sull’economia tech.
Il buono è che questa stima – che temo non sia affatto lontana dal veto – sta alimentando un acceso dibattito sulla sostenibilità economica del “Made in Usa” in ambito tech, mettendo in dubbio la linea politica di Trump nel dibattito pubblico degli Stati Uniti.
A margine. Un’altra caratteristica interessante, principalmente a livello sociale e giornalistico, è che questa stima, assolutamente realistica, viene sempre una sola – seppur autorevole- fonte riportata da tutti i media ha generato una sorta di certezza tautologica. Quel prezzo è ormai dato per certo, sebbene sia sempre e solo la stessa stima. Una valutazione auto validata grazie all’eco mediatico. La cosa più buffa è che lo stesso Dan Ives a sottolineare come l’idea sia una “storia di fantasia”perché sarebbe necessario replicare negli Stati Uniti l’intero ecosistema produttivo – peraltro altamente complesso – attualmente esiste in Asia.