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Italia 5g Cina

Che cosa ha detto Tofalo (M5S) su 5G e Huawei a Milena Gabanelli del Corriere della Sera?

Ecco alcuni dei concetti espressi dal sottosegretario alla Difesa, Angelo Tofalo (M5S), intervistato da Milena Gabanelli, autrice di un'inchiesta per il Corriere della Sera su 5G e Huawei.

 

Five eyes hanno dato questa indicazione su Huawei ma non hanno il potere di escluderla dal mercato. La vera partita è sul modello di società digitale e di democrazia e io sono preoccupato. Le regole non ci consentono di escludere Huawei.

Sono alcuni dei concetti espressi dal sottosegretario alla Difesa, Angelo Tofalo (M5S), in un’intervista il 12 febbraio con Milena Gabanelli, autrice di un’inchiesta per il Corriere della Sera su 5G e Huawei.

Ecco alcuni brani delle parole di Tofalo, che nella scorsa legislatura era vicepresidente del Copasir, il comitato parlamentare di controllo dei Servizi segreti:

L’Italia è fuori dal mercato del 5G. Sono mancati gli investimenti venti anni fa. Oggi la partita è tutta degli altri.

Il potere vero da sempre è l’informazione. La nostra è la società digitale. Miliardi di devices connessi.

Sono preoccupato perché questa tecnologia non è nelle mani del nostro paese.

Regole per la cybersicurezza globale.

Normale che la Cina si infili in regolari gare.

Datagate, gli Usa spiano. Sono sovranista e quindi dobbiamo difenderci da tutti.

Decidiamo attraverso quali governi devono passare le nostre informazioni.

Forte penetrazione nel mercato del colosso cinese favorito da assenza di regole.

Huawei oggi è dieci anni avanti.

Five eyes hanno dato questa indicazione su Huawei ma non hanno il potere di escluderla dal mercato.

La vera partita è sul modello di società digitale e di democrazia e io sono preoccupato.

Le regole non ci consentono di escludere Huawei.

Se emergessero criticità interverremmo.

Dovremmo creare una Silicon valley italiana.

Questi temi vanno portati all’attenzione del parlamento sovrano. Decide lui o l’ingegnere di Google col suo algoritmo?

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ESTRATTI DELL’INCHIESTA DI MILENA GABANELLI SU 5G E HUAWEI TRATTA DAL CORRIERE DELLA SERA; QUI L’ARTICOLO INTEGRALE

In Italia Huawei è attiva dal 2004, detiene un terzo del mercato degli smartphone e fattura 1,5 miliardi di euro. Il gruppo considera il nostro un Paese strategico in cui investire: 162 milioni di euro solo nel 2016. Oggi sta sviluppando la rete 5G a Milano e nell’area Bari-Matera, dove l’investimento è di 60 milioni; sta lavorando con 38 partner industriali e istituzionali per realizzare 41 progetti che vanno dalla sanità alla sicurezza, dalla sorveglianza all’energia, dai trasporti alle smart city; vanta accordi con Terna, Enel, Fastweb, Ferrovie dello Stato, Telecom e fornisce tecnologia a tutti i 16 mila uffici postali italiani. Finanzia anche due grandi centri di ricerca: uno a Segrate, specializzato sulle microonde alla base della tecnologia 5G, l’altro, inaugurato nel 2016, a Pula, in Sardegna, dove ha investito 20 milioni per lo sviluppo delle smart city. Nel centro è operativo il primo super computer europeo per la gestione e il controllo di tutti i servizi del Comune di Cagliari: l’obiettivo è quello di trasformare la Sardegna nella prima «smart region». Fonti di intelligence, però, riferiscono che la Sardegna è anche un osservatorio prezioso, ospitando basi militari ed essendo il luogo in cui si esercitano tutti i reparti Nato europei

In Italia Huawei è attiva dal 2004, detiene un terzo del mercato degli smartphone e fattura 1,5 miliardi di euro. Il gruppo considera il nostro un Paese strategico in cui investire: 162 milioni di euro solo nel 2016. Oggi sta sviluppando la rete 5G a Milano e nell’area Bari-Matera, dove l’investimento è di 60 milioni; sta lavorando con 38 partner industriali e istituzionali per realizzare 41 progetti che vanno dalla sanità alla sicurezza, dalla sorveglianza all’energia, dai trasporti alle smart city; vanta accordi con Terna, Enel, Fastweb, Ferrovie dello Stato, Telecom e fornisce tecnologia a tutti i 16 mila uffici postali italiani. Finanzia anche due grandi centri di ricerca: uno a Segrate, specializzato sulle microonde alla base della tecnologia 5G, l’altro, inaugurato nel 2016, a Pula, in Sardegna, dove ha investito 20 milioni per lo sviluppo delle smart city. Nel centro è operativo il primo super computer europeo per la gestione e il controllo di tutti i servizi del Comune di Cagliari: l’obiettivo è quello di trasformare la Sardegna nella prima «smart region». Fonti di intelligence, però, riferiscono che la Sardegna è anche un osservatorio prezioso, ospitando basi militari ed essendo il luogo in cui si esercitano tutti i reparti Nato europei.

L’Italia quindi lascia le porte aperte al colosso cinese, mentre molti Paesi occidentali si stanno ponendo un problema: possiamo permetterci di lasciare tutti i nostri dati in gestione a un Paese non democratico? Per ottenerli, infatti, al governo di Pechino non serve passare dai vertici di un’azienda come Huawei, ma basta chiedere a un ingegnere tre livelli sotto la catena di comando di aprire una porta nel sistema. È esattamente quello che hanno sempre fatto gli americani, ed è per questo che hanno lanciato l’allarme. La differenza è che «spiano» all’interno di un’alleanza, mentre la Cina è fuori. «I cinesi sono la massima espressione della visione di lungo periodo, mentre l’Italia è la rappresentazione della politica del domani e deve capire quali sono gli asset chiave che il Paese deve gestire in nome di una convenienza di lunghissimo periodo», ci spiega il professor Giuliano Noci, ordinario di strategia e marketing al Politecnico di Milano e prorettore del Polo territoriale cinese.

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