A partire dal 26 giugno Meta avrebbe iniziato a usare i dati personali degli utenti delle sue piattaforme per addestrare i suoi modelli di intelligenza artificiale (IA) nell’Unione europea. Certo, sarebbe stato possibile negare il consenso, ma con una procedura abbastanza complicata che probabilmente avrebbe fatto desistere la maggior parte delle persone. Tuttavia, l’intervento del Centro europeo per i diritti digitali ha scongiurato – almeno per il momento – questa eventualità.
LE INTENZIONI DI META
Meta di Mark Zuckerberg, proprietaria di Facebook, Instagram e WhatsApp, stando al Centro europeo per i diritti digitali (noto anche come None of your business, Noyb), aveva intenzione di utilizzare circa 17 anni anni di post personali, immagini private e dati di tracciamento online per la sua tecnologia di IA.
Tutto questo sarebbe dovuto accadere a partire dal 26 giugno, quando sulle piattaforme social sarebbero cambiate le politiche sulla privacy. “Siamo certi che il nostro approccio sia conforme alle leggi sulla privacy e che sia coerente con il modo in cui altre aziende tecnologiche stanno sviluppando e migliorando le loro esperienze di IA in Europa (tra cui Google e Open AI)”, aveva dichiarato un portavoce.
L’INTERVENTO DI NOYB
Noyb, però, è intervenuto per esortare gli organi di vigilanza nazionali sulla privacy ad agire immediatamente per bloccare Meta dall’usare in modo “illegale” dei dati personali per addestrare un tipo “indefinito” di tecnologia IA attuale e futura. Il 6 giugno, quindi, il gruppo di difesa ha lanciato 11 reclami contro l’azienda tech e ha chiesto alle autorità per la protezione dei dati in Austria, Belgio, Francia, Germania, Grecia, Italia, Irlanda, Paesi Bassi, Norvegia, Polonia e Spagna di avviare una procedura d’urgenza a causa degli imminenti cambiamenti.
Come ha ricordato Reuters, in passato, Noyb ha già presentato diverse denunce contro Meta e altre società di Big Tech per presunte violazioni del Regolamento generale sulla protezione dei dati (Gdpr) dell’Ue, che minaccia multe fino al 4% del fatturato globale totale di un’azienda in caso di violazione.
POLITICHE NON TROPPO TRASPARENTI
Meta, pur dando la possibilità all’utente di opporsi alle modifiche politiche sulla privacy, non lo avrebbe permesso in un modo semplice. “Sembra che Meta stia ancora una volta ignorando palesemente le sentenze della Corte di giustizia europea”, ha detto il fondatore di Noyb, Max Schrems, aggiungendo che l’opt-out – ovvero un particolare tipo di comunicazione per la quale non viene richiesto direttamente il consenso del soggetto – è estremamente complicato.
“Spostare la responsabilità sull’utente è completamente assurdo. La legge impone a Meta di ottenere il consenso, non di fornire un modulo di opt-out nascosto e fuorviante. Se Meta vuole usare i vostri dati, deve chiedere il vostro permesso. Invece, hanno fatto in modo che gli utenti supplicassero di essere esclusi”, ha concluso.
META METTE IN PAUSA, CON AMAREZZA, IL SUO PIANO
Tuttavia, venerdì scorso è arrivato un breve comunicato da parte della Commissione per la protezione dei dati irlandese (Dpc), la quale ha riferito che, dopo un intenso scambio tra con Meta, l’azienda “mette in pausa i suoi piani per addestrare la sua tecnologia utilizzando contenuti pubblici condivisi da adulti su Facebook e Instagram in tutta l’Unione europea”. La Commissione, in collaborazione con le altre autorità europee per la protezione dei dati, continuerà a confrontarsi con Meta su questo tema.
L’azienda di Zuckerberg si è però detta “delusa” dalla richiesta della Dpc e si è definita “più trasparente di molti altri operatori del settore”. Inoltre, come se si trattasse di una ripicchina, ha aggiunto che senza includere le informazioni locali sarà “in grado di offrire alle persone solo un’esperienza di secondo piano”.
Sebbene Noyb sia soddisfatta dell’esito della vicenda, Schrems ha commentato che “il comunicato stampa di Meta suona un po’ come una ‘punizione collettiva’. Se un europeo insiste sui propri diritti, l’intero continente non riceverà i nostri nuovi prodotti. Tuttavia, Meta ha tutte le possibilità di lanciare l’IA sulla base di un consenso valido, solo che sceglie di non farlo”.