Skip to content

meta copyright

Copyright e intelligenza artificiale, perché Meta festeggia

Un giudice federale si è pronunciato a favore di Meta contro un gruppo di autori che avevano sostenuto che l'uso dei loro libri, senza autorizzazione, per addestrare il sistema di intelligenza artificiale dell'azienda violasse i loro diritti d'autore. Tutti i dettagli

Nella battaglia appena iniziata tra Big Tech e autori in materia di diritto d’autore e intelligenza artificiale, Meta di Mark Zuckerberg ha appena incassato una vittoria. Un giudice federale ha respinto una causa per violazione del copyright intentata da un gruppo di autori, che accusavano il gigante tecnologico di aver utilizzato i loro libri senza permesso per addestrare il suo sistema di IA, Llama.

La decisione, emessa dal giudice distrettuale Vince Chhabria di San Francisco, rappresenta un momento chiave nel crescente contenzioso legale che vede contrapposte le aziende di IA e i titolari dei diritti d’autore.

TESI BUONA, “ARGOMENTI SBAGLIATI”

Secondo il giudice Chhabria, gli autori non sono riusciti a presentare prove sufficienti a dimostrare che l’uso dei loro testi da parte dell’IA di Meta abbia causato un “danno al mercato” delle loro opere, un elemento cruciale secondo la legge statunitense sul copyright.

“Questa sentenza non significa che l’uso di materiali protetti da copyright da parte di Meta per addestrare i suoi modelli linguistici sia lecito – ha precisato Chhabria -. Significa solo che questi querelanti hanno presentato gli argomenti sbagliati e non sono riusciti a produrre prove a sostegno di quello giusto”.

Il giudice infatti, pur avendo respinto la causa degli autori, ha avvertito che l’IA generativa ha il potenziale di “inondare il mercato con infinite immagini, canzoni, articoli e libri” utilizzando una frazione minima del tempo e della creatività che sarebbero altrimenti necessari. “Addestrando modelli di IA generativa con opere protette da copyright”, ha concluso Chhabria, “le aziende stanno creando qualcosa che spesso minerà drasticamente il mercato per quelle opere e quindi anche l’incentivo per gli esseri umani a creare cose alla vecchia maniera”.

UN PANORAMA LEGALE COMPLESSO E CONTRADDITTORIO

La decisione di Chhabria si inserisce in un quadro giuridico ancora in evoluzione e, a tratti, contraddittorio. Appena due giorni prima, un altro giudice federale di San Francisco, William Alsup, aveva stabilito in una causa separata che l’addestramento dell’IA di Anthropic rientrava nell’ambito del fair use dei materiali protetti da copyright.

Il giudice infatti ha sentenziato a favore di Meta, affermando che l’azienda “ha diritto a un giudizio sommario sulla sua difesa di fair use in merito all’accusa che la copia dei libri di questi querelanti per l’utilizzo come dati di addestramento LLM fosse una violazione”. Ciononostante ha sottolineato che l’uso di opere protette senza permesso per addestrare l’IA sarebbe comunque “illegale in molte circostanze”.

LE REAZIONI ALLA SENTENZA

Un portavoce dello studio legale degli autori ha espresso forte disaccordo con la decisione, lamentando che la corte abbia dato ragione a Meta nonostante il “record indiscusso di pirateria storicamente senza precedenti di opere protette da copyright” da parte dell’azienda.

Meta, dal canto suo, ha accolto con favore la sentenza. Un portavoce ha dichiarato che il fair use è “un quadro legale vitale” per la costruzione di una tecnologia AI “trasformativa”, ribadendo l’importanza di tale dottrina per l’innovazione nel settore.

FAIR USE: SCUDO LEGALE E CAMPO DI BATTAGLIA

Il fair use, come ha scritto anche l’avvocato Laura Turini, è la principale linea di difesa per le aziende tecnologiche coinvolte in queste cause. Questa dottrina legale permette l’uso di opere protette da copyright senza il permesso del titolare in determinate circostanze, in particolare se l’uso è “trasformativo”, ovvero crea qualcosa di nuovo e diverso dall’originale.

Le aziende di IA sostengono che i loro sistemi, studiando vasti dataset di opere protette, imparano a creare contenuti nuovi e originali, e che essere costrette a pagare i titolari dei diritti d’autore potrebbe paralizzare un’industria in rapida crescita.

I titolari dei diritti d’autore, invece, lamentano che le aziende di IA copino illegalmente il loro lavoro per generare contenuti concorrenziali che minacciano la loro sopravvivenza economica.

Torna su